T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 09-06-2011, n. 5156 Atti amministrativi diritto di accesso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 28 febbraio 2011 e depositato il successivo 1 marzo il sig. A.C., giornalista del quotidiano La Repubblica, ha impugnato il diniego di accesso oppostogli dalla A.S.L. RM E il 24 febbraio 2011 all’istanza del 25 gennaio 2011, con la quale chiedeva l’elenco dei nominativi e delle relative residenze di tutti le pazienti ricoverate nel periodo 1 luglio 2009 – 30 settembre 2009 presso il reparto di ostetricia e ginecologia dell’Aurelia Hospital Aurelia 80. Aveva motivato detta istanza con la necessità di difendersi dinanzi al giudice ordinario a seguito dell’azione risarcitoria per diffamazione intentata nei suoi confronti dall’Aurelia Hospital Aurelia 80 dopo gli articoli da lui pubblicati sul suddetto quotidiano, nei quali denunciava le gravi deficienze igienicosanitarie da lui personalmente riscontrate nel reparto ostetricia e ginecologia della struttura ospedaliera. Di qui il suo interesse a chiamare dette pazienti a testimoniare, innanzi al giudice civile competente, la veridicità di quanto da lui constatato.

2. Avverso il diniego di accesso, oppostogli dalla struttura sanitaria pubblica e motivato con il mancato possesso dei dati richiesti in quanto detenuti da altro soggetto e comunque sulla loro non ostensibilità in ragione del carattere sensibile degli stessi, il ricorrente è insorto deducendo:

a) Violazione e falsa applicazione art. 3, comma 1, L. n. 241 del 1990 – Motivazione assente e/o insufficiente e/o contraddittoria, illogica e irrazionale – Violazione e falsa applicazione art. 8 octies D.L.vo n. 229 del 1999.

La motivazione addotta dall’Azienda sanitaria a supporto del diniego è solo apparente. Inoltre non è vero che i dati richiesti sono tenuti solo da altra Amministrazione, essendo necessariamente in possesso del SIO (Servizio Informativo Ospedaliero) della stessa Azienda.

b) Violazione e falsa applicazione art. 97 Cost. – Artt. 22 ss. l. n. 241 del 1990 – art. 59 e 60 D.L.vo n. 196 del 2003 – Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto – Sviamento dell’interesse pubblico – Carenza di istruttoria, laddove ha ritenuto di non dover consentire l’accesso in quanto i documenti richiesti conterrebbero dati sensibili.

Il diritto di difesa del ricorrente è indubbiamente prevalente sul diritto alla riservatezza delle pazienti ricoverate all’Aurelia Hospital Aurelia 80 nel periodo 1 luglio 2009 – 30 settembre 2009.

c) Violazione e falsa applicazione art. 25, comma 2, l. n. 241 del 1990 e degli artt. 4 e 5 del regolamento dell’A.S.L. RM E in materia di accesso agli atti dell’Azienda. Non corrisponde al vero quanto affermato nel diniego impugnato, e cioè che i dati richiesti non sono in possesso dell’Azienda sanitaria, atteso che essa è obbligata a conservare anche la documentazione relativa alle pazienti ricoverate nelle strutture sanitarie private accreditate, e a tale incombente provvede avvalendosi del SIO.

d) Violazione e falsa applicazione artt. 3 D.P.R. n. 184 del 2006 e 24 l. n. 241 del 1990.

Illegittimamente ed in modo apodittico l’Azienda sanitaria ha ritenuto prevalente il diritto alla riservatezza delle pazienti sul diritto di difesa del ricorrente.

3. Si è costituita in giudizio l’A.S.L. RM E, che ha sostenuto l’infondatezza, nel merito, del ricorso.

4. Alla camera di consiglio dell’8 giugno 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Come esposto in narrativa, il ricorrente chiede l’elenco dei nominativi e le relative residenze di tutti le pazienti ricoverate nel periodo 1 luglio 2009 – 30 settembre 2009 presso il reparto di ostetricia e ginecologia dell’Aurelia Hospital Aurelia 80. Dichiara che tale documentazione gli è necessaria per difendersi in giudizio a seguito dell’azione risarcitoria intentata nei suoi confronti, per diffamazione, dall’Aurelia Hospital Aurelia 80 dopo gli articoli da lui pubblicati sul quotidiano La Repubblica, nei quali denunciava le gravi deficienze igienicosanitarie personalmente riscontrate nel reparto ostetricia e ginecologia della struttura ospedaliera. Di qui il suo interesse a chiamare dette pazienti a testimoniare in sede giudiziaria sulla veridicità dei dati da lui pubblicati.

Il ricorso è fondato, seppure nei limiti che verranno di seguito individuati.

Deve preliminarmente essere chiarito che oggetto dell’istanza proposta dal ricorrente non è un’"informazione", come afferma la A.S.L. resistente, quanto piuttosto la "documentazione" contenente l’indicazione dei nominativi e delle residenze delle pazienti dell’Aurelia Hospital.

Passando al merito del ricorso, va richiamato un consolidato principio giurisprudenziale (Cons. St., sez. V, 28 settembre 2010, n. 7166; id.14 novembre 2006, n. 6681) per quale l’accesso a dati sensibili, cioè idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale di un determinato soggetto, è consentito solo se la situazione giuridicamente rilevante, che s" intende tutelare con la richiesta, è di rango almeno pari ai diritti dell’interessato ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile.

Le disposizioni in materia di diritto di accesso, infatti, mirano a coniugare la ratio dell’istituto, quale fattore di trasparenza e garanzia di imparzialità dell’Amministrazione – come enunciato dall’art. 22 l. 7 agosto 1990 n. 241 – con il bilanciamento da effettuare rispetto ad interessi contrapposti, fra cui anche quello alla riservatezza di dati sensibili o sensibilissimi; in base al comma 7 dello stesso art. 24, inoltre, "deve…essere garantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici"; nel caso di "documenti contenenti dati sensibili e giudiziari", però, la medesima norma precisa che l’accesso è consentito solo "nei limiti in cui sia strettamente indispensabile" in esito ad un sostanziale bilanciamento di interessi, operato già dalla legge come regola di massima, ma da integrare caso per caso in considerazione delle specifiche esigenze dell’interessato (Cons. Stato, sez. VI, 12 gennaio 2011, n. 116; id. 6 luglio 2010, n. 4297; sez. V, 17 maggio 2007, n. 2513).

Nella situazione in esame, indubbiamente si scontrano due interessi obiettivamente confliggenti: da una parte, l’interesse del ricorrente a potersi difendere in giudizio da una istanza risarcitoria di non trascurabile importo; dall’altra, il diritto delle pazienti della struttura sanitaria a non rendere di pubblico dominio il loro ricovero nel reparto di ostetricia e ginecologia e le diverse ragioni che possono averlo determinato (ad es. interruzioni di gravidanze indesiderate).

In particolare, il diritto di difesa è garantito "comunque" dall’art. 24, settimo comma, l. n. 241 del 1990 ed è in ogni caso riconducibile al principi di tutela fissati dall’art. 24 Cost., ed è prevalente rispetto alle esigenze di riservatezza, purché non si tratti di esigenze di difesa genericamente enunciate per ottenere l’accesso, dovendo quest’ultimo corrispondere ad una effettiva necessità di tutela di interessi che si assumano lesi; tutela ammessa solo nei limiti in cui sia la conoscenza di documenti, contenenti "dati sensibili e giudiziari", sia strettamente indispensabile (T.A.R. Lazio, sez. III, 14 aprile 2010, n. 6915). Non è dubbio che nel caso in esame le testimonianze rese dalle pazienti, ove confermative dello stato di degrado denunciato dal ricorrente nei suoi articoli, potrebbero avere un notevole rilievo, in sede giudiziaria, sull’esito dell’istanza risarcitoria avanzata dall’Aurelia Hospital.

Peraltro il Collegio, ben consapevole anche della delicata posizione delle pazienti del reparto di ostetricia e ginecologia, ritiene di poter contemperare i due contrapposti interessi, entrambi meritevoli di tutela, ponendo a carico della direzione sanitaria della A.S.L. RM E l’onere di trasmettere a tutte le pazienti ricoverate nel periodo 1 luglio 2009 – 30 settembre 2009 presso il reparto di ostetricia e ginecologia dell’Aurelia Hospital Aurelia 80 l’istanza di accesso inviata dal ricorrente il 25 gennaio 2011 chiedendo loro se autorizzano la comunicazione, allo stesso ricorrente giornalista, dei nominativi e delle rispettive residenze.

Tale modus procedendi sembra al Collegio essere il più corretto per tutelare da un lato il diritto alla riservatezza delle pazienti della struttura sanitaria e, dall’altro, il diritto del ricorrente a difendersi in giudizio (sul punto v. Cons. Stato, sez. V 17 settembre 2010 n. 6960).

Né rilevano, al contrario, le difficoltà che l’Azienda sanitaria ha affermato di incontrare nella ricerca dei dati in questione, in quanto non direttamente elaborati, potendo a tal fine richiederli alla struttura ospedaliera accreditata, che certamente li possiede e che è obbligata a renderli noti alla A.S.L.

E’ appena il caso di precisare che quest’ultima è tenuta a comunicare al ricorrente generalità e domicilio solo delle pazienti che, da essa specificamente informate dell’uso che quest’ultimo intende fare delle loro eventuali testimonianze, dichiarino l’ incondizionata disponibilità ad essere da lui contattate. E’ quindi esclusa la comunicazione al ricorrente dei nominativi delle pazienti che si sono dichiarate indisponibili o che comunque non hanno rilasciato la richiesta autorizzazione nel termine congruo e ragionevole ad esse assegnato dall’Azienda sanitaria.

Nei sensi sopra disposti il ricorso deve essere accolto, con l’obbligo della direzione sanitaria di ottemperare a quanto ordinato nel termine di trenta giorni dalla notificazione o, se anteriore, dalla comunicazione in via amministrativa della presente sentenza.

Quanto alle spese di giudizio, può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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