Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 26-05-2011) 09-06-2011, n. 23116 Misure di prevenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

oria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

1. C.A. ricorre avverso il decreto emesso dalla Corte di Appello di Reggio Calabria, con cui è stata confermata la applicazione della misura della sorveglianza speciale di PS con obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di anni 4, di cui al decreto del 23.1.2009 di quel Tribunale.

2. Con il primo motivo, il C. denuncia violazione di legge, in quanto non sentito dal Magistrato di Sorveglianza, nonostante ne avesse fatto richiesta, mediante modello IP1, presso l’ufficio matricola del carcere ove era ristretto. I giudici nell’affermare che, al contrario, non vi era in atti la prova di una domanda, non avevano tenuto conto che egli, per la omissione della registrazione della stessa, aveva avanzato formale protesta presso l’istituto penitenziario.

3. Con il secondo motivo, il C. pone l’accento sulla erroneità della pronuncia, che ha individuato i presupposti della misura su elementi datati, riguardanti fatti avvenuti tra il (OMISSIS), su procedimenti ancora non definiti giudizialmente, su una supposta appartenenza ad un clan mafioso, per la parentela con uno dei capi, non tenendo conto che egli ha, peraltro, sempre svolto attività lavorativa e non ha quindi tratto sostentamento da attività delittuosa.

4. Con il terzo motivo si lamenta della eccessività della misura inflitta.

5. Il PG presso questa Corte ha depositato requisitoria scritta con cui rileva la inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Le censure relative alla assetta violazione del contraddittorio ed alla mancanza dei presupposti per la applicazione della misura sono meramente ripetitive di quelle svolte innanzi al giudice distrettuale, che le ha compiutamente esaminate ed ha dato, con adeguata motivazione, risposta ai rilievi sottoposti alla sua attenzione.

3. Tanto basta per rilevare una patente inammissibilità del ricorso;

è stato affermato da questa sezione che il ricorso fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Sez. 6, Sentenza n. 20377 del 11/03/2009).

4. Peraltro, per quanto riguarda la prima eccezione, come appunto rilevato dalla corte, manca del tutto la prova che il C. abbia avanzato la richiesta ex art. 666 c.p.p. e pertanto, il ricorso non soddisfa il principio della autosufficienza ed è quindi affetto da ulteriore rilievo di inammissbilità. 5. Anche per quanto riguarda il merito del provvedimento, non sono ravvisabili vizi che ne impongano il chiesto annullamento.

6. E’ da rammentare che il sindacato di legittimità sui provvedimenti in materia di prevenzione è limitato, a norma della L. n. 1423 del 1956, art. 4, comma 11, alla sola violazione di legge e quindi non può estendersi al controllo sulla adeguatezza e coerenza logica della motivazione, come peraltro ritenuto non irragionevole anche dalla Corte Costituzionale (v. sentenza n. 321 del 2004), stante la peculiarità del procedimento di prevenzione sia sul piano sostanziale che su quella processuale.

7. Nel caso in esame, il provvedimento impugnato è, comunque, sorretto da una motivazione ineccepibile anche alla stregua del sindacato sulla motivazione previsto in via generale per le sentenze penali dall’art. 606 c.p.p., lett. e). Anche in tal caso, infatti, il vizio di motivazione può essere denunciato nel giudizio di legittimità o nel caso di inesistenza (cui correttamente si equipara la mera apparenza) di un apparato argomentativo a sostegno della decisione impugnata, ovvero nel caso di manifesta illogicità emergente dal testo dalla decisione stessa (e quindi non riconducibile ad atti extratestuali o ad una diversa interpretazione del quadro probatorio, in chiave di logica alternativa) di quello esistente.

8. Nessuna di tale due ipotesi ricorre nel caso in esame. La Corte ha puntualizzato che il C. aveva riportato in successione pesanti condanne, una delle quali pari a 30 anni di reclusione, per gravi violazioni della L.S. e che certamente ricorrevano gli elementi di pericolosità sociale indicati dalla L. n. 575 del 1965, art. 1 con riferimento alla associazione dedita al narco traffico e che lo stesso, a prescindere dalla data di commissione dei reati, non si era mai allontanato dal circuito criminale di appartenenza, sì che la misura manteneva carattere di attualità. 9. Tali considerazioni, conformi in diritto ai principi in materia di prevenzione, che non richiedono affatto la sussistenza di elementi probatori, essendo bastevole la ragionevole concordanza di indizi, nella specie evidente, non sono affatto scalfite, nè lo potrebbero essere, dalle argomentazioni del C., ripetitive di quelle di appello e centrate sulla rivalutazione di dati di merito.

10. Consegue alla inammissibilità, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille a favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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