T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 874 Procedimento e provvedimento disciplinari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

– che L.R., appuntato scelto della Guardia di Finanza in forza presso la Compagnia di Brescia, è stato prosciolto per intervenuta prescrizione con sentenza T. Bergamo 14 dicembre 2009 irr. il 19 marzo 2010 da un’originaria accusa di concussione. In ispecie, R. era stato rinviato a giudizio per rispondere del reato p. e p. dall’art. 317 c.p., perché "abusando della qualità di appuntato della G.d.F. e compiendo atti contrari ai doveri di ufficio, dapprima minacciando Capoferri Gabriella che, qualora non avesse versato la somma di lire tre milioni, non avrebbe ottenuto la licenza per trasferire la licenza dal bar tabaccheria di Adrara San Rocco di cui era titolare la madre Carminati Angelina dalla p.za Giovanni XXII alla via Dumengoni del citato Comune, costringeva la Capoferri a consegnargli due cesti natalizi del valore di lire cinquecentomila ciascuno nel dicembre 2000 e lire due milioni tra il settembre e il novembre 2001, nonché in seguito minacciando la Capoferri che, se non avesse versato l’ulteriore somma di lire un milione avrebbe perso la licenza…, costringeva la donna a versargli l’ulteriore somma richiesta fra il dicembre 2001 e il marzo 2002, in Adrara San Rocco, tra il dicembre 2000 e il marzo 2002". Il giudice, ritenuto accertato il fatto storico, lo aveva riqualificato come truffa aggravata ai sensi degli artt. 640 e 62 n°4 c.p. e appunto dichiarato prescritto (doc. 2 p.a., copia sentenza, ove la data di irrevocabilità);

– che la sentenza è stata acquisita dall’amministrazione almeno il 29 marzo 2010, data della nota di trasmissione di copia di essa (doc. 4 ricorrente), ovvero dieci giorni dopo l’irrevocabilità;

– che il 9 settembre 2010, ovvero centosessantaquattro giorni dopo la conoscenza, l’amministrazione ha contestato a R. il suddetto fatto storico come illecito disciplinare (doc. 2 ricorrente, copia contestazione);

– che il 15 novembre 2010, ovvero sessantasette giorni dopo la contestazione, è stata formata la Commissione disciplinare (doc. 3 ricorrente, copia nomina);

– che il 15 dicembre 2010, ovvero trenta giorni dopo la nomina, la Commissione si è pronunciata (v. doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato, nono capoverso a p. 1);

– che il 23 febbraio 2010, ovvero settanta giorni dopo la pronuncia della Commissione, è intervenuto il provvedimento di cui in epigrafe (doc. 1 ricorrente, copia di esso);

– che L.R. impugna tale provvedimento con ricorso articolato in due motivi. Con il primo di essi, deduce violazione dell’art. 9 della l. 7 febbraio 1990 n°19, in quanto a suo dire nella fattispecie si applicherebbero le norme del procedimento disciplinare a seguito di sentenza di condanna penale, che impongono di darvi inizio nel termine di centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza della sentenza stessa e di concluderlo nei successivi novanta giorni, e quindi di concludere il procedimento stesso nel termine -perentorio e a pena di decadenza- di duecentosettanta giorni sempre dalla conoscenza della sentenza, termine nella specie ampiamente superato, dato che di giorni, come spiegato, ne sono decorsi trecentoquarantuno. Con il secondo motivo, deduce poi violazione dell’art. 40 della l. 3 agosto 1961 n°833, nel senso che i fatti contestati non sarebbero comunque tali da giustificare la sanzione inflitta, anche avuto riguardo alla complessiva personalità dell’incolpato, che ha riportato giudizi favorevoli quanto a rendimento ed è impegnato nel sociale (doc. ti 9 e 10 ricorrente, copia attestati relativi);

– che l’amministrazione resiste con atto 19 maggio e memoria 4 giugno 2011. In ordine al primo motivo, deduce in via preliminare e per chiarezza che, trattandosi di procedimento iniziato prima dell’entrata in vigore del d. lgs. 15 marzo 2010 n°66, codice dell’ordinamento militare, non si applicherebbero le norme ivi contenute, ai sensi degli artt. 2272 e 2187 di esso. Deduce poi che, trattandosi di procedimento iniziatosi a seguito di sentenza non di condanna, si applicherebbero, così come stabilito dalla sentenza C. cost. 11 marzo 1991 n°104, non già le norme dell’art. 9 l. 19/1990, ma quelle di cui agli artt. 97 comma 3 e 120 del T.U. 10 gennaio 1957 n°3, che non prevedono un termine massimo complessivo di durata del procedimento, ma si limitano a imporre che la contestazione avvenga nei centottanta giorni dall’irrevocabilità della sentenza e che fra atto ed atto non decorrano più di novanta giorni. In ordine al secondo motivo, deduce infine che la gravità del fatto giustificherebbe la sanzione;

– che il ricorso è infondato e va respinto. In ordine al primo motivo, valgono le considerazioni esposte nella motivazione di C. cost. 11 marzo 1991 n°104, correttamente richiamata dalla difesa erariale, la quale prende in esplicito esame le norme dell’art. 9 l. 19/1990, e ne limita l’applicazione alle sole sentenze di condanna, fra le quali non rientra all’evidenza quella di proscioglimento per intervenuta prescrizione di cui si ragiona nella specie. A tale fattispecie si applicano per contro i termini, pure correttamente richiamati dalla parte intimata, del T.U. 3/1957, nella specie rispettati sia quanto alla contestazione, intervenuta nei centosessantaquattro giorni sui centottanta disponibili, sia quanto agli atti successivi di cui si è detto, mentre nessun termine di durata complessiva è previsto. In ordine al secondo motivo, va premesso che il ricorrente ha in sostanza ammesso il fatto storico (v. ricorso p. 14 dall’ottavo rigo: egli ammette di aver tenuto "un comportamento sicuramente ingenuo, se pur biasimevole"); ciò posto, lo stesso denota un forte disvalore assoluto, dato che il suo autore ha approfittato del rapporto di fiducia che lo legava alla p.o. Capoferri per strumentalizzarlo a fini di lucro privato, incurante della situazione economica non florida in cui ella versava, e ciò per un periodo di tempo considerevole, misurabile in molti mesi, quindi senza alcuna resipiscenza o ripensamento. Il fatto stesso denota poi strumentalizzazione dell’ufficio ricoperto, dato che la Capoferri, ragionevolmente persona non esperta di diritto e di pratiche amministrative, aveva riposto fiducia nel ricorrente proprio in quanto finanziere, e quindi soggetto che avrebbe potuto aiutarla in modo efficace in ragione delle sue specifiche cognizioni. E’ quindi integrata quella violazione del giuramento che ai sensi dell’art. 40 n°6 della l. 833/1961 giustifica la rimozione. Solo per completezza si rileva come i casi decisi in passato dalla Sezione nel senso di un carattere sproporzionato della sanzione siano non riconducibili alla vicenda per cui è processo, e in sostanza assai più lievi: essi attengono ad un furto di due magliette commesso fuori servizio in un supermercato, senza alcun rapporto con l’ufficio ricoperto (sentenza 13 novembre 2002 n°1842) e a rapporti imprudenti con soggetti implicati nell’illecito commercio di stupefacenti intrattenuti senza alcun profitto personale e al solo scopo di mantenere il rapporto fiduciario con cd. confidenti nel quadro di indagini antidroga (sentenze 9 gennaio 2004 n°10 e 26 gennaio 2005 n°529). A fronte del descritto disvalore, non assumono rilievo le circostanze richiamate dal ricorrente, ovvero l’attività in una associazione di volontariato e lo svolgimento sostanzialmente senza mende delle mansioni di istituto, che non hanno attinenza con l’episodio per cui si è proceduto. Va oltretutto ricordato che, per altra non precisata vicenda, il ricorrente era stato (cfr. ricorso p. 13) già dall’epoca dei fatti distolto dalle mansioni operative e assegnato ai servizi di caserma, sì che la sua non censurata condotta in tale ambito assume un rilievo ancora minore, dato che esso non presenta opportunità di strumentalizzare le tipiche funzioni del Corpo;

– che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna L.R. a rifondere all’amministrazione intimata le spese del giudizio, spese che liquida in Euro 1.500 oltre accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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