Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-05-2011) 09-06-2011, n. 23155 motivi di ricorso Mezzi di prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 20.1.2010, il Tribunale di Torre Annunziata dichiarò F.M. responsabile dei reati di furto aggravato e tentata estorsione, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche – lo condannò alla pena di anni 6 mesi 8 di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 17.11.2010, in parziale riforma della decisione di primo grado, rideterminò la pena in anni 6 mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 1.300,00 di multa, revoca di precedente sospensione condizionale della pena.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il furto in quanto la Corte d’appello ha da un lato sostenuto di condividere la motivazione del giudice di primo grado che affermava che la persona offesa A.F. aveva riconosciuto nel F. il materiale autore della sottrazione dell’auto e dall’altro ritenuto che autore della sottrazione fosse stato altro ignoto concorrente, mentre F. attirava l’attenzione della vittima;

2. violazione della legge processuale e vizio di motivazione in relazione al mancato rispetto delle formalità di cui all’art. 213 c.p.p. nella individuazione;

3. vizio di motivazione in relazione alla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni di Fu.Gi., nipote di F.M. sulla scorta del travisamento della prova, in quanto il pagamento delle rate è avvenuto fino al marzo 2008 e non fino al marzo 2009;

4. vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità per il reato di tentata estorsione, trascurando le doglianze difensive ed in particolare l’esito negativo della perizia fonica, sminuita con il richiamo alla presenza di concorrenti nel reato, dando per certo il riconoscimento operato dall’appuntato CC C., trascurando che il sinistro stradale è di 4 ore successivo all’incontro con l’uomo che chiese la sigaretta;

5. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 629 c.p., comma 2;

6. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della recidiva (senza indicare le date di irrevocabilità delle sentenze) ed al diniego delle attenuanti generiche.

Con motivi nuovi il difensore dell’imputato deduce vizio di motivazione sotto il profilo del travisamento della prova relativamente al diverso ruolo attribuito a F. nella sentenza di primo grado ed in quella di appello.
Motivi della decisione

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, infatti, l’individuazione di un soggetto – sia personale sia fotografica – è una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e rappresenta, perciò, una specie del più generale concetto di dichiarazione; di modo che la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento, bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale. (Cass. Sez. 2^ sent. 47871 del 28.10.2003 dep. 15.12.2003 rv 227079).

Il primo, terzo e quarto motivo di ricorso svolgono censure di merito e sono manifestamente infondati e generici.

Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati.

E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia.

Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.

Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.

Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.

Nel caso in esame il giudice di appello hanno ricostruito, con motivazione non manifestamente illogica, la condotta attribuita a F. di aver condotto l’auto dalla quale scese un complice che rubò l’auto di A.F. e che richiamò l’attenzione della persona offesa. La Corte territoriale ha poi rilevato che poche ore dopo il furto dell’auto pervenne ad A.A., figlio della persona offesa, ricevette una telefonata estorsiva per la riconsegna dell’auto dietro pagamento di una somma, che sul luogo dell’incontro i Carabinieri vennero avvicinati da F. (a costoro già noto).

In tale motivazione non vi è alcuna manifesta illogicità e gli elementi di prova che si assumono travisati non hanno carattere di decisività.

Inoltre questa Corte ha affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11910 del 22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).

Quanto alle doglianze contenute nei motivi di appello che si assumono trascurate, è giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, (in questo senso v. Cass. Sez. 4 sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187).

Del resto questa Corte ha chiarito che in sede di legittimità non è censurabile una sentenza per il suo silenzio su una specifica deduzione prospettata col gravame quando la stessa è disattesa dalla motivazione della sentenza complessivamente considerata. Pertanto, per la validità della decisione non è necessario che il giudice di merito sviluppi nella motivazione la specifica ed esplicita confutazione della tesi difensiva disattesa, essendo sufficiente per escludere la ricorrenza del vizio che la sentenza evidenzi una ricostruzione dei fatti che conduca alla reiezione della deduzione difensiva implicitamente e senza lasciare spazio ad una valida alternativa. Sicchè, ove il provvedimento indichi con adeguatezza e logicità quali circostanze ed emergenze processuali si sono rese determinanti per la formazione del convincimento del giudice, sì da consentire l’individuazione dell’iter logico-giuridico seguito per addivenire alla statuizione adottata, non vi è luogo per la prospettabilità del denunciato vizio di preterizione. (Cass. Sez. 2 sent. n. 29434 del 19.5.2004 dep. 6.7.2004 rv 229220).

Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato e svolge censure di merito.

La Corte territoriale ha ritenuto che più persone abbiano effettuato le telefonate estorsive (p. 9 sentenza impugnata) con valutazione di fatto non censurabile in questa sede.

Il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte ha confermato la recidiva già ritenuta dal primo giudice (tra l’altro facendo riferimento alle "plurime precedenti condanne", p. 10 sentenza impugnata) e concretamente esistente. Le attenuanti generiche sono state escluse in ragione della sua pericolosità e dei precedenti penali dell’imputato.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

La inammissibilità del ricorso principale comporta la inammissibilità dei motivi nuovi ai sensi dell’art. 585 c.p.p., comma 4.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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