T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 867 SINDACO Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente M. Srl è proprietaria del compendio immobiliare meglio indicato in epigrafe, costituito da una cascina abbandonata e da un circostante terreno a prato e bosco, il tutto classificato dal vigente strumento urbanistico del Comune di Desenzano come zona Eb1, agricola e boschiva di tutela paesistico ambientale, e incluso nel PLIS del Corridoio morenico del basso Garda bresciano (fatti pacifici in causa).

Sul terreno e nella cascina in questione risultano abbandonati rifiuti, anche speciali ovvero pericolosi, sì che il Comune, previo avviso di inizio del procedimento (doc. 2 ricorrente, copia di esso), ne ha richiesto la rimozione e l’avvio allo smaltimento (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento relativo).

Avverso il provvedimento col quale tale richiesta è formulata e avverso gli altri atti meglio indicati in epigrafe la M. propone in questa sede impugnazione con ricorso affidato a quattro motivi:

– col primo di essi (p. 16 dell’atto), deduce incompetenza del Dirigente ad emanare il provvedimento citato, che ai sensi dell’art. 192 d. lgs. 3 aprile 2006 n°152 sarebbe di competenza del Sindaco;

– col secondo motivo (p. 21 dell’atto), deduce ulteriore violazione della norma citata, in quanto il provvedimento impugnato ingiunge la rimozione dei rifiuti in questione alla M., il che è possibile solo ove dell’abbandono il soggetto ingiunto sia in qualche modo responsabile, ma ad un tempo dà atto in modo esplicito che l’abbandono stesso non le può essere attribuito "né per dolo né per colpa" (doc. 1 ricorrente, cit.);

– col terzo motivo (p. 27 dell’atto), deduce eccesso di potere, in quanto il Comune ha ordinato la rimozione dei rifiuti suddetta senza consentire contestualmente alla M., che ne ha fatto offerta (doc. ti ricorrente 7 e 8, copia istanze relative), di realizzare idonea recinzione dell’area, sì che l’illecito abbandono di rifiuti è mantenuto possibile;

– col quarto motivo (p. 30 dell’atto), deduce infine violazione dell’art. 841 c.c. in quanto gli atti in epigrafe, e più in generale gli strumenti urbanistici, non potrebbero precludere al proprietario di chiudere il proprio fondo onde evitare vandalismi;

Resiste al ricorso il Comune con atto 7 gennaio 2011, nel quale:

– in via preliminare, ne eccepisce l’inammissibilità per difetto di interesse, perché l’atto del Dirigente impugnato costituirebbe "richiesta di collaborazione" e "mero invito" (p. 4 memoria, undecimo e dodicesimo rigo);

– sempre in via preliminare, ne eccepisce poi l’ulteriore inammissibilità per omessa tempestiva impugnazione delle norme tecniche, articoli 36 e 60 già ricordato, le quali, includendo il terreno nel PLIS, proibiscono di realizzarvi recinzioni;

– nel merito ne sostiene l’infondatezza.

Con ordinanza 13 gennaio 2011 n°27, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare.

In seguito, la ricorrente, dichiarando di aver potuto prendere contezza dell’esatto contenuto delle citate deliberazioni della Giunta comunale di Desenzano nella seduta del 31 agosto 2010 -propriamente costituenti un parere (cfr. doc. 16 Comune, copia di esso)- e del Comitato di gestione del Parco locale di interesse sovra comunale- PLIS di data 26 luglio 2010 (doc. 15 Comune, copia atto relativo) solo a seguito della costituzione del Comune nella presente causa, ha ritenuto, con atto depositato il 22 marzo 2011, di proporre, dichiaratamente in via specifica contro gli stessi, due motivi aggiunti, il primo per presunta illogicità del diniego opposto alla chiusura del fondo, il secondo per violazione dell’art. 841 c.c. in termini identici ai motivi terzo e quarto di cui al ricorso principale, fedelmente ritrascritti (cfr. pp. 7 e ss. atto di motivi aggiunti).

Con memorie 22 aprile e 4 maggio 2011 per la ricorrente e 22 aprile 2011 per il Comune, le parti ribadivano le rispettive asserite ragioni.

All’udienza del giorno 25 maggio 2011, da ultimo, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è solo in parte fondato, ai sensi di quanto appresso.

1. E’anzitutto infondata la prima eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso principale, e secondo logica anche del ricorso per motivi aggiunti, che come si vedrà si riferisce ai medesimi atti, ricorsi che a dire del Comune si rivolgerebbero contro un atto non provvedimentale, privo di attitudine lesiva, perché tale, sempre secondo la prospettazione dell’intimata, sarebbe la nota 1 ottobre 2010 prot. n°32592/06/09 di cui in epigrafe. Tale affermazione, peraltro, è infondata in fatto.

2. Come si ricava a semplice lettura dei documenti di causa, la nota 1 ottobre 2010 di cui si è detto fa riferimento, nel corpo del testo, ad una precedente "nota di avvio del procedimento prot. n°19846/06/09 del 10 giugno" precedente e alle "successive comunicazioni" della destinataria di essa, ovvero della M. (doc. 1 ricorrente, cit.). A sua volta, la comunicazione di avvio del procedimento citata fa riferimento espresso agli artt. 7 e 10 della l. 7 agosto 1990 n°241, invitando la M. a rappresentare il proprio punto di vista. Si tratta di elementi che rinviano in modo evidente e inequivoco ad un procedimento amministrativo e al provvedimento conclusivo di esso, che si concreta in particolare, così come correttamente ritenuto dalla ricorrente, in una ordinanza di rimozione rifiuti ai sensi dell’art. 192 del d. lgs. 3 aprile 2006 n°152, e non certo, come pretenderebbe il Comune intimato, in un "mero invito" (controricorso, p. 4 dodicesimo rigo) bonario o comunque non vincolante.

3. E’ parimenti infondata la seconda eccezione preliminare, per cui il ricorso sarebbe ulteriormente inammissibile per omessa impugnazione nei termini delle N.T.A. di piano che proibiscono di realizzare recinzioni nell’area di proprietà della M., precisamente dell’art. 60 comma 5 delle N.T.A. in parola, secondo il quale "sono ammesse recinzioni solo di tipo vegetazionale con essenze autoctone; ove le recinzioni fossero indispensabili per gli animali, dovranno essere poste in modo tale da non creare ostacolo al passaggio della fauna selvatica e non potranno comunque essere in muratura e superare l’altezza di 1,20 metri. In ogni caso le recinzioni non dovranno costituire ostacolo alla libera fruizione dei percorsi pedonali" (doc. 3 ricorrente, estratto di esse).

4. Ancora una volta a semplice lettura, la norma riveste carattere generale ed astratto, e pertanto natura di atto regolamentare, non autonomamente lesivo, ma impugnabile, secondo i principi e salvo beninteso il merito della questione, unitamente all’atto puntuale che ne fa applicazione, identificato nella specie dalla ricorrente nella più volte citata nota del Dirigente 1 ottobre 2010: sul principio, si veda per tutte C.d.S.

5. Venendo al merito, il primo motivo del ricorso principale è fondato e va accolto. Come va premesso per chiarezza, l’art. 192 del citato d. lgs. 152/2006, dopo aver posto in via generale il divieto di abbandono incontrollato di rifiuti, prevede che il trasgressore sia "tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo", e in caso di mancata spontanea attivazione di tali soggetti prevede che "Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate".

6. La norma in questione è stata interpretata da parte della giurisprudenza nel senso sostenuto dal Comune intimato, ovvero che la competenza in materia, malgrado la lettera del testo citato, spetterebbe al Dirigente di settore "alla luce del nuovo principio per il quale spetta ai dirigenti tutta l’attività di gestione", ai sensi dell’art. 107 del TUEL 18 agosto 2000 n°267, così come ritenuto da TAR Sardegna sez. II, 4 novembre 2009 n°1598. Tale indirizzo però è non condiviso dalla giurisprudenza prevalente, la quale ha fatto esattamente rilevare come la norma dell’art. 192 citato prevalga sull’art. 107 TUEL sia in ragione del criterio della specialità, sia in ragione del criterio cronologico: così C.d.S. sez. V 25 agosto 2008 n°4061 e TAR Veneto sez. III, 20 ottobre 2009, n. 2623, nonché la coeva TAR Calabria Catanzaro sez. I 20 ottobre 2009 n°1118, le quali assegnano, con soluzione che il Collegio ritiene di condividere, la competenza al Sindaco.

7. Ciò premesso, l’accoglimento del predetto motivo non preclude l’esame dei restanti. In proposito, il Collegio non ignora l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale "la fondatezza della censura di incompetenza dell’autorità che ha emanato l’atto, da esaminarsi prioritariamente rispetto ad ogni altro motivo di ricorso, determina unicamente la rimessione dell’affare all’autorità indicata come competente…. ed impedisce l’esame delle altre doglianze, che finirebbe, altrimenti, per risolversi in un giudizio anticipato sui futuri provvedimenti dell’organo riconosciuto come competente ed in un vincolo anomalo sulla riedizione del potere" (così in motivazione C.d.S. sez. IV 14 maggio 2007 n°2427; conformi anche C.d.S. sez. IV 12 dicembre 2006 n°7271 e 12 marzo 1996 n°310, nonché sez. VI 7 aprile 1981 n°140)

8. Sempre il Collegio ritiene però che tale orientamento vada inteso in modo corretto. Come risulta dalla stessa decisione 310/1996 citata, infatti, esso si fonda sulla circostanza per cui nel processo amministrativo "non è prevista alcuna forma di integrazione del contraddittorio nei confronti dell’organo amministrativo effettivamente competente", e quindi si spiega con l’esigenza di non vincolare al giudicato un soggetto che al processo non è stato in condizione di partecipare. Non sfugge allora che tale esigenza non sussiste nel caso di specie, in cui si fa questione della competenza di due organi, il dirigente e il Sindaco, pur sempre appartenenti ad un medesimo soggetto giuridico, ovvero al Comune, che nel processo è stato ritualmente evocato ed ha potuto esercitare appieno il proprio diritto di difesa con riguardo a tutte le censure dedotte: così nella giurisprudenza della Sezione anche sez. II 8 luglio 2010 n°2479.

9. Va allora scrutinato e accolto anche il secondo motivo di ricorso, incentrato su una violazione ulteriore dell’art. 192 d. lgs. 152/2006 citato. La norma, come sopra riportata, pone infatti l’onere di smaltimento di rifiuti abbandonati su un qualunque fondo a carico del proprietario dello stesso, quale è la M., soltanto qualora la violazione sia a lui imputabile "a titolo di dolo o colpa". La lettera della legge è di per sé chiara, ed è stata ribadita anche in giurisprudenza, per tutte nella recente C.d.S. sez. V 25 giugno 2010 n°4073, la quale ricorda come il principio fosse già contenuto nei previgenti art. 9 del D.P.R. 10 settembre 1982 n°915 e art. 14 del D.P.R. 5 febbraio 1997 n°22.

10. Ciò posto, la violazione della norma citata emerge già dal testo della nota 1 ottobre 2010 per cui è causa, la quale afferma che "la responsabilità dell’abbandono dei rifiuti attualmente presenti nell’area in oggetto non può essere attribuita né per dolo né per colpa alla società M." (doc. 1 ricorrente, cit., terzo capoverso dopo l’oggetto). E’ quindi evidentemente illegittimo l’ordine di smaltimento rivolto ad un soggetto cui l’abbandono dei rifiuti non è imputabile.

11. I restanti motivi, terzo e quarto del ricorso principale nonché primo e secondo aggiunto, sono all’evidenza connessi, vanno esaminati congiuntamente e risultano invece tutti infondati. Essi vertono su una medesima questione, la presunta illegittimità del rifiuto manifestato dal Comune alla posa da parte della M. di una recinzione a difesa del proprio compendio immobiliare. Il rifiuto in questione è contenuto nei primi due capoversi dopo l’oggetto della nota 1 ottobre 2010, ed è impugnato esplicitamente con i motivi terzo e quarto del ricorso principale.

12. A tale provvedimento, però, si riferiscono secondo logica anche i motivi aggiunti nella loro interezza, se pure formalmente rivolti avverso due pareri contrari all’installazione del recinto stesso, ovvero quello manifestato dalla Giunta di Desenzano il 31 agosto 2010 e quello manifestato dal Comitato gestore dell’area protetta il 26 luglio 2010. Tali pareri sono richiamati nel testo della nota 1 luglio 2010 e sono stati prodotti nella loro interezza dal Comune il 7 gennaio 2011 come documenti in causa 16 e 15: la ricorrente, avendoli così conosciuti appieno, ha potuto meglio articolare con i citati motivi aggiunti le proprie censure in proposito, censure che si riferiscono ad atti endoprocedimentali, ma valgono all’evidenza a contestare il provvedimento finale che ne recepisce il contenuto.

13. Tanto premesso, è necessario per ricostruire in modo corretto la fattispecie evidenziare a quale titolo la M. abbia chiesto al Comune di installare la recinzione. La società in questione infatti non ha scelto, come avrebbe potuto, di presentare in proposito una idonea domanda di titolo edilizio, una d.i.a. o s.c.i.a. ovvero, come in astratto possibile, una domanda di rilascio del corrispondente permesso di costruire. Ha invece chiesto, all’interno della propria memoria 20 luglio 2010 presentata come apporto collaborativo al procedimento, che il Comune le prescrivesse di realizzare l’opera in questione come complementare all’intervento di smaltimento dei rifiuti, richiamando in proposito quanto si ritiene consentito nell’ambito delle ordinanze di necessità e urgenza di cui all’art. 54 TUEL (doc. 7 ricorrente, copia memoria, p. 5 ultime tre righe).

14. A prescindere dalla più ampia questione della generale spettanza in capo al Comune di un potere in tal senso, c’è però da osservare che il diniego dallo stesso opposto nel caso concreto appare tutt’altro che illogico. Va chiarito subito infatti che la norma dell’art. 60 delle N.T.A. di cui si è detto, la quale vieta nella zona di interesse la realizzazione di recinzioni, è di per sé non illegittima. Questo Tribunale, nella propria sentenza sez. I 16 giugno 2008 n°670, citata dalla ricorrente solo in parte, ha sì avuto modo di affermare che il Comune nell’esercizio della propria potestà pianificatoria "se può certamente dettare prescrizioni circa le modalità tecniche da osservare nella realizzazione di cancelli e recinzioni non può certo precluderne in toto l’edificazione, che costituisce esplicazione del diritto di cui all’art. 841 del c.c."; ha però contestualmente aggiunto che tale facoltà si potrebbe sacrificare "quando ricorrono le condizioni previste dall’ordinamento in funzione di superiori interessi pubblici", da rendere espliciti in modo idoneo.

15. In tal senso, è certo espressione di un interesse pubblico superiore a quello del privato l’esigenza di non stravolgere e mantenere fruibile dai cittadini un’area di pregio paesistico ed ambientale, quale, come non contestato, è quella di proprietà della ricorrente, tenendo conto altresì dal punto di vista dell’interesse privato che la cascina che nell’area sorge è disabitata e diruta, quindi non si pongono problemi di sicurezza di eventuali residenti, e che non sempre una recinzione è in grado, se non particolarmente munita e quindi invasiva del paesaggio, di arrestare l’intrusione di vandali in un compendio appunto disabitato, in cui manca chi vigili.

16. Tali esigenze, oltre ad essere evidentemente a base dell’articolo delle N.T.A. contestato, sono prese in adeguata considerazione nei pareri della Giunta e del Comitato citati, i quali (v. doc. ti 15 e 16 Comune cit.) si diffondono sulla inidoneità delle cancellate proposte dalla M. ed evidenziano altre soluzioni più idonee a salvaguardare il luogo mantenendolo accessibile, prima fra tutte quella del controllo ad opera della Polizia locale (v. doc. 15 cit.).

17. Si tratta di evidente esercizio dell’ampia discrezionalità di cui il Comune dispone nell’esercizio dei suoi poteri di controllo del territorio, non sindacabile nella presente sede di legittimità al di fuori dei casi, qui non ricorrenti, di illogicità manifesta: sul principio, per tutte v. da ultimo C.d.S. sez. IV 18 gennaio 2011 n°352. E’ però chiaro, in base a criteri logici prima che giuridici, che delle proprie scelte il Comune dovrà sopportare anche le conseguenze negative, in particolare la impossibilità di ascrivere, a meno di specifiche circostanze da dimostrare caso per caso in modo congruo, al privato proprietario dei fondi impossibilitato a chiuderli la responsabilità per fatti di terzi che vi si introducano.

18. In conclusione, dalla fondatezza del primo e secondo motivo del ricorso principale segue l’annullamento della nota 1 ottobre 2010 prot. n°32592/06/09 del Dirigente dell’area servizi, nonché della deliberazione 29 dicembre 2010 n°109, con la quale il Consiglio comunale di Desenzano ha approvato il regolamento di gestione dei rifiuti urbani, nella parte in cui attribuisce al Dirigente di settore la competenza ad emanare le ordinanze di cui all’art. 192 del d. lgs. 3 aprile 2006 n°152. La domanda di annullamento va invece dichiarata inammissibile per difetto di interesse in quanto rivolta avverso la nota 10 giugno 2010 prot. n°19846/06/09 del medesimo Dirigente nonché le determinazioni 31 agosto 2010 della Giunta comunale di Desenzano e le determinazioni 26 luglio 2010 del Comitato di gestione del Parco locale di interesse sovra comunale- PLIS. Si tratta infatti di atti endoprocedimentali – una comunicazione di avvio e due pareri- non autonomamente impugnabili in quanto privi di autonomo carattere lesivo. Da ultimo, la domanda di annullamento va respinta con riguardo all’art. 60 delle N.T.A. che come si è visto ha un contenuto legittimo.

19. Va invece respinta la domanda risarcitoria, dato che la ricorrente non ha allegato, né per conseguenza provato, alcuno specifico pregiudizio dipendente dagli atti impugnati.

20. La parziale soccombenza è giusto motivo per compensare le spese, mentre il Comune, in quanto nei suoi confronti sono state accolte domande della ricorrente, va condannato come per legge a rifonderle l’importo del contributo unificato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, così provvede:

a) accoglie in parte la domanda di annullamento e per l’effetto annulla la nota 1 ottobre 2010 prot. n°32592/06/09 del Dirigente dell’area servizi al territorio del Comune di Desenzano del Garda e la deliberazione 29 dicembre 2010 n°109, con la quale il Consiglio comunale di Desenzano ha approvato il regolamento di gestione dei rifiuti urbani, nella parte in cui attribuisce al Dirigente di settore la competenza ad emanare le ordinanze di cui all’art. 192 del d. lgs. 3 aprile 2006 n°152;

b) dichiara inammissibile la domanda di annullamento quanto alla nota 10 giugno 2010 prot. n°19846/06/09 del medesimo Dirigente, alle determinazioni 31 agosto 2010 della Giunta comunale di Desenzano e alle determinazioni 26 luglio 2010 del Comitato di gestione del Parco locale di interesse sovra comunale- PLIS;

c) respinge la domanda di annullamento quanto all’art. 60 comma 5 delle N.T.A. del Comune di Desenzano;

d) respinge la domanda di risarcimento del danno;

e) compensa per intero fra le parti le spese del giudizio e condanna il Comune di Desenzano del Garda a rifondere alla M. S.r.l. l’importo del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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