Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 12-10-2011, n. 20932 competenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La sezione Lombardia della Corte dei conti, investita di un’azione di responsabilità instaurata nei confronti di due dipendenti delle Poste Italiane s.p.a. per danno erariale conseguenti ad indebite erogazioni in favore di una società privata, pronunciò sentenza declinatoria della propria competenza territoriale in favore della sezione Lazio.

1.1. Le parti private impugnarono la sentenza non definitiva senza, peraltro, denunziare la carenza di potere giurisdizionale del giudice contabile, questione che verrà espressamente proposta, viceversa, soltanto con la memoria finale.

1.2 La seconda sezione giurisdizionale della corte d’appello della Corte, con sentenza del 14.10.2010, respingerà i gravame rilevando, in limine, come dinanzi a sè fosse ormai preclusa la questione di giurisdizione, il cui lamentato difetto non era stato dedotto all’atto di introduzione del gravame, bensì tardivamente eccepito da entrambi gli appellanti soltanto con motivo aggiunto nella memoria depositata il 12.3.2010. 2. Per l’annullamento di tale pronuncia ricorre oggi A.A. con gravame sorretto da un unico, complesso motivo e illustrato da memoria. Resiste con controricorso la Procura Generale presso la Corte dei conti.

3. Il ricorso della difesa dell’ A. deve essere dichiarato inammissibile.

3.1 Corretto e condivisibile appare, difatti, il decisum del giudice contabile nella parte in cui (f, 6 ss. della sentenza oggi impugnata) afferma che la questione di competenza – intesa come frazione o misura della giurisdizione -, così come affrontata dal giudice lombardo, ebbe carattere logicamente successivo e conseguente a quella di giurisdizione, presupponendo, conseguentemente, che quest’ultima fosse stata preventivamente risolta in senso positivo con affermazione, esplicita o implicita, della potestas iudicandi del giudice contabile nella materia in oggetto.

3.2 Non poteva pertanto revocarsi in dubbio – sempre secondo il condivisibile assunto del giudice di appello – che la sezione preventivamente adita in prime cure, nel declinare la propria competenza in favore di quella della sezione Lazio, avesse, sia pur implicitamente, inteso affermare la propria giurisdizione, atteso che, tra l’altro, la competenza territoriale venne esplicitamente negata "in applicazione del principio di diritto sancito nella sentenza n. 361/08 per altra analoga vertenza", sentenza con la quale la prima sezione centrale aveva, in premessa, confermato la sussistenza della propria giurisdizione (non senza considerare, ancora, che, nel rimettere "al giudice territorialmente competente anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio", la sezione lombarda della Corte aveva inteso risolvere dinanzi a sè tutte le questioni pregiudiziali di rito, ivi inclusa quella di giurisdizione).

4. La motivazione, scevra da qualsivoglia vizio logico-giuridico, resiste alle critiche mosse con il primo ed unico motivo di ricorso (con il quale si lamenta: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 1 – difetto di giurisdizione della corte dei conti), e si conforma al dictum di queste sezioni unite (Cass. 26483/07) predicativo claris verbis della preclusione in parola (non rilevando, va aggiunto, ai fini che qui interessano, la natura di sentenza di rito e non di merito della decisione adottata dalla sezione lombarda), dictum nella sostanza confermato, con maggior respiro motivazionale, dalla successiva pronuncia n. 24883 del 2008, a mente della quale l’interpretazione dell’art. 37 cod. proc. civ., secondo cui il difetto di giurisdizione "è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo", deve tenere conto dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo (asse portante della nuova lettura della norma), della progressiva forte assimilazione delle questioni di giurisdizione a quelle di competenza e dell’affievolirsi dell’idea di giurisdizione intesa come espressione della sovranità statale, essendo essa un servizio reso alla collettività con effettività e tempestività, per la realizzazione del diritto della parte ad avere una valida decisione nel merito in tempi ragionevoli. All’esito della nuova interpretazione della predetta disposizione, volta a delinearne l’ambito applicativo in senso restrittivo e residuale, ne consegue che: 1) il difetto di giurisdizione può essere eccepito dalle parti anche dopo la scadenza del termine previsto dall’art. 38 cod. proc. civ. (non oltre la prima udienza di trattazione), fino a quando la causa non sia stata decisa nel merito in primo grado; 2) la sentenza di primo grado di merito può sempre essere impugnata per difetto di giurisdizione; 3) le sentenze di appello sono impugnabili per difetto di giurisdizione soltanto se sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito, operando la relativa preclusione anche per il giudice di legittimità; 4) il giudice può rilevare anche d’ufficio il difetto di giurisdizione fino a quando sul punto non si sia formato il giudicato esplicito o implicito. In particolare, il giudicato implicito sulla giurisdizione può formarsi tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito, con esclusione per le sole decisioni che non contengano statuizioni che implicano l’affermazione della giurisdizione, come nel caso in cui l’unico tema dibattuto sia stato quello relativo all’ammissibilità della domanda o quando dalla motivazione della sentenza risulti che l’evidenza di una soluzione abbia assorbito ogni altra valutazione (ad es., per manifesta infondatezza della pretesa) ed abbia indotto il giudice a decidere il merito per saltum, non rispettando la progressione logica stabilita dal legislatore per la trattazione delle questioni di rito rispetto a quelle di merito.

Nella specie, il giudice contabile ha ritenuto – con statuizione immune da vizi logico-giuridici, che si sottrae per ciò solo all’invocato vaglio di legittimità di queste sezioni unite – che la decisione della sezione Lombardia, resa in primo grado, contenesse, implicitamente quanto incontestabilmente, l’affermazione della propria giurisdizione in subiecta materia.

Tutte le restanti questioni sollevate in ricorso restano assorbite.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Nulla sulle spese.
P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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