Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-05-2011) 09-06-2011, n. 23150

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 29.5.2007, il Tribunale di Napoli dichiarò G.A. responsabile dei reati di truffa e ricettazione, unificati sotto il vincolo della continuazione e – concesse le attenuanti generiche – lo condannò alla pena di anni 1 mesi 6 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, pena sospesa.

L’imputato è stato altresì condannato al risarcimento dei danni (da liquidarsi in separato giudizio, con una provvisionale) ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Napoli, con sentenza in data 16.3.2010, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento dell’eccezione di incompetenza territoriale; avrebbe errato la Corte territoriale nel ritenere che l’eccezione di incompetenza per territorio, potendo essere avanzata solo nella fase preliminare del dibattimento di primo grado, rimarrebbe cristallizzata nei termini in cui in quella sede fu sollevata tempestivamente; il termine di decadenza comporterebbe la necessità di sollevare l’eccezione, ma non anche l’obbligo di formularla con riferimento a tutti i criteri astrattamente individuabili, posto che una volta sollevata, investirebbe il giudice di tutti gli aspetti relativi alla competenza; il giudice d’appello si sarebbe perciò dovuto pronunziare sul motivo d’appello con il quale era devoluto un diverso profilo; sarebbe in violazione di legge il principio affermato dalla Corte territoriale secondo il quale, in presenza di reati connessi, ove non sia possibile individuare il luogo di consumazione del reato più grave, si deve aver riguardo a quello del reato meno grave in via decrescente (Cass. Sez. 1, sent. n. 22763 del 6.6.2008); tale principio sarebbe in aperto contrasto con la lettera dell’art. 16 cod. proc. pen. e comunque vi sarebbero pronunzie di segno contrario (Cass. Sez. 5, sent. n. 46828 del 17.12.2007; Cass. Sez. 3, 30.1.2001, Pitzettu), sicchè la questione dovrebbe essere devoluta alle Sezioni Unite;

2. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità sul presupposto della consapevolezza della provenienza delittuosa desunta illegittimamente dal silenzio dell’imputato.

Con memoria datata 20.5.2011 il difensore dell’imputato ha ulteriormente sviluppato il primo motivo di ricorso.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

L’accertamento per la prima volta della costituzione delle parti determina, nel giudizio, il momento oltre il quale le questioni di competenza territoriale non possono più essere rilevate, neppure se i presupposti per porre le stesse emergono nel corso del dibattimento, fatta eccezione per il solo caso in cui la questione, ritualmente proposta o rilevata, non sia stata ancora decisa. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 24736 del 26.3.2010 dep. 1.7.2010 rv 247745).

Pertanto non poteva essere dedotto con i motivi di appello un profilo di incompetenza diverso da quello dedotto nella fase preliminare del dibattimento di primo grado.

Infatti la valutazione della competenza territoriale deve essere svolta con riferimento al momento della proposizione della relativa eccezione e cioè al più tardi nella fase di cui all’art. 491 c.p.p., comma 1, vale a dire subito dopo l’accertamento, per la prima volta, della costituzione delle parti. Detta norma non pone solo una preclusione all’eccezione di incompetenza in fase ulteriore – con l’implicazione che non è possibile proporla in corso di giudizio per acquisizioni sopravvenute, persino se queste significhino una diversità del fatto contestato – ma anche sotto il profilo dell’irrilevanza dell’analisi di fondatezza, dell’eccezione intanto respinta, alla luce delle sopravvenienze, perchè la competenza territoriale si fonda sul rispetto della regola del giudice naturale al momento della costituzione delle parti in giudizio, potendo il legislatore limitare il rilievo d’incompetenza a questa fase a vantaggio dell’interesse all’ordine ed alla speditezza del processo.

(Cass. Sez. 5, Sentenza n. 7826 del 18.6.1997 dep. 7.8.1997 rv 208317).

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

E’ giurisprudenza consolidata di questa Corte che ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere desunta anche dall’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (V. Cass. Sez. 2 sent. n. 25756 in data 11.6.2008 dep. 25.6.2008 rv 241458).

Non vi è, in ragione di tale orientamento, alcuna inversione dell’onere della prova in capo all’imputato, dal momento che la prova a carico è rappresentata dall’essere stato costui in possesso dei beni di provenienza delittuosa, sicchè laddove egli li avesse ricevuti in buona fede, ha solo l’onere di allegare tale elemento in modo verificabile e quindi circostanziato.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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