Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-05-2011) 09-06-2011, n. 23106 Mezzi di prova

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. F.F. propone ricorso avverso la sentenza del 2/12/2010 della Corte d’appello di Napoli con la quale è stata confermata la sua responsabilità per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.

Si rileva con il primo motivo violazione di legge, riguardo la disposizione di cui all’art. 63 c.p.p., comma 2 e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. Il giudice d’appello aveva ritenuto utilizzabili le dichiarazioni rese dall’acquirente della sostanza stupefacente, che pure aveva acquistato per sè e per cedere ad un altro, nel presupposto che questa seconda azione di cessione non fosse stata realizzata, situazione di fatto contrastata da quanto riferito negli atti specificamente richiamati dalla difesa; sul punto si rileva quindi il travisamento della prova.

Si eccepisce pertanto violazione delle norme in tema di inutilizzabilità della prova.

2. Con il secondo motivo si eccepisce carenza e manifesta illogicità della motivazione, nella parte in cui la sentenza non ha dato atto della circostanza, pur emersa nel corso dell’istruttoria, che l’acquirente aveva indicato il cessionario come alto 1,70 mt. dato fisico che corrispondeva al fratello dell’imputato, pur presente nell’alloggio al momento del perfezionamento dello scambio. In argomento si rileva la mancata motivazione del rigetto della richiesta di approfondimento istruttorio sul punto, sollecitata attraverso l’acquisizione dei documenti di identità dei due imputati. Era stata inoltre omessa qualsiasi valutazione comparativa delle fattezze dei fratelli, dandosi atto della piena aderenza della descrizione alla figura dell’imputato, malgrado questo non fosse stato presente in giudizio; in ogni caso qualsiasi visione, in assenza di comparazione con le fattezze del fratello, non avrebbe potuto condurre ad una certa identificazione. Sempre in punto di univocità della prova si contesta la possibilità di ricondurre l’accertamento a quanto dichiarato dai verbalizzanti e genericamente richiamato in sentenza, posto che il verbalizzante escusso aveva indicato l’altezza del venditore in 1,75 mt., difformemente da quanto riferito dall’acquirente, con ciò realizzandosi travisamento della prova.

Illogica era poi la deduzione dell’estraneità del fratello alla cessione, perchè era nella sua stanza a fumare uno spinello, poichè anche l’odierno ricorrente era nella propria stanza, all’atto dell’intervento degli agenti; analogamente irrilevante era il dato di fatto del rinvenimento nella stanza di F.F. di una somma di denaro in contante, poichè tale presenza era giustificata dallo svolgimento da parte sua di regolare attività lavorativa; la circostanza che la busta paga prodotta in primo grado fosse relativa solo al gennaio 2010 non dimostrava la cessazione del rapporto di lavoro; era stata sollecitato sul punto un accertamento sulla persistenza di tale contratto, con richiesta ex art. 603 c.p.p., in relazione alla quale il giudice d’appello aveva omesso di pronunciarsi.

Tali elementi escludevano la logicità della motivazione, imponendo l’annullamento della pronuncia impugnata.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è parzialmente fondato. Non può trovare accoglimento l’eccezione di inutilizzabilità della prova, la cui fondatezza va valutata accertando se, dal punto di vista sostanziale, il dichiarante poteva configurarsi al momento in cui rese le dichiarazioni indiziato per uso non personale di sostanza stupefacente (Sez. U, Sentenza n. 21832 del 22/02/2007,dep. 05/06/2007, imp. Morea, Rv. 236370); la condizione richiamata deve escludersi sulla base delle circostanze di fatto che possono ricavarsi dagli atti, poichè questi risultava aver appena portato a termine l’acquisto di due dosi, per sè e per l’amico che l’attendeva fuori dallo stabile, sicchè la sua azione poteva configurarsi come uso di gruppo, non suscettibile di sanzione. Validamente quindi si provvide, sulla base della situazione di fatto immediatamente rilevata dagli agenti appostati nei pressi dell’alloggio di F., a sentire l’acquirente senza provvedere alla contestazione di reati a suo carico, e conseguentemente, senza realizzare le cautele di cui all’art. 63 c.p.p.. A ciò consegue l’accertamento di piena utilizzabilità delle dichiarazioni dell’acquirente, ed il correlativo accertamento di infondatezza di tale motivo di ricorso.

2. Non risulta fondato inoltre il motivo di impugnazione riguardante il dedotto vizio di motivazione della decisione di rigetto della richiesta di rinnovazione del dibattimento svolta dalla difesa, trattandosi pur sempre di attività integrativa eccezionale (da ultimo Sez. 3, Sentenza n. 24294 del 07/04/201, dep. 25/06/2010, imp. D.S.B. Rv. 247872) per la presunzione di completezza dell’istruttoria che assiste tutte le decisioni di primo grado, a maggior ragione nella specie ove l’interessato aveva fatto richiesta di essere giudicato con rito abbreviato incondizionato. La motivazione di rigetto può peraltro considerarsi implicita ove, per altri versi, possa dalla pronuncia ricavarsi il superamento della rilevanza della richiesta integrativa, quando, come nella specie, si è focalizzata l’attenzione non esclusivamente sul possesso del denaro, ma sulla tipologia delle banconote trovate nel possesso dell’interessato;

analogamente irrilevante, in maniera implicita, risulta la richiesta di approfondimento sulle caratteristiche fisiche dei due fratelli, posto che in atti deve essere presente un riscontro su tale aspetto, se ad essi ha fatto rimando, sia pure in maniera non chiara, per quel che si dirà, il giudice d’appello.

3. La sentenza impugnata ricostruisce in maniera corretta, sulla base delle dichiarazioni appena richiamate, la responsabilità della cessione da parte di un uomo in quel momento presente nell’alloggio occupato; l’accertamento svolto nell’immediatezza acclarò che rispondevano a tali requisiti solo l’odierno ricorrente e suo fratello. All’Individuazione del primo quale autore del reato la Corte però giunge sulla base di considerazioni generiche, richiamando il possesso di banconote di piccolo taglio, e la sovrapponibilità dell’immagine dell’imputato alla descrizione fornita dal teste senza specificare, quanto al primo profilo, concretamente la possibilità di escludere che le somme rinvenute potessero realisticamente correlarsi alla retribuzione di una lecita attività di lavoro, ad esempio valorizzando la suddivisione concreta delle banconote, o la loro diversa distribuzione nell’ambito del locale che in quel momento F.F. occupava, nè illustrando su quali basi si sia potuta svolgere la valutazione di compatibilità della descrizione fornita dal teste con l’immagine dell’imputato, che si assume accertata nel corso dell’udienza del giudizio d’appello, posto che questi non risulta essere mai comparso in tale giudizio, nè risultando da elementi di fatto valorizzati della motivazione, sulla base di quali differenti elementi identificativi caratterizzanti, citati dal teste ed attribuibili con certezza al ricorrente, sia stata svolta la richiamata comparazione.

4. Le discrasie valorizzate impongono l’annullamento della sentenza impugnata sulla identificazione del cedente la sostanza nell’odierno imputato, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Napoli.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *