T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 857

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 18.9.2007 e depositato presso la Segreteria della Sezione l’11.10.2007, F.M. ha impugnato il decreto del Questore di Brescia datato 9.11.2006, notificatogli in data 26.7.2007, di revoca del permesso di soggiorno n. N340266 rilasciato il 23.9.2005 e con validità al 13.11.2007.

Il ricorrente articola le seguenti doglianze:

1) Violazione dell’art. 21 nonies L. 7.8.1990 n. 241, come introdotto dall’art. 14 della L. 11.2.2005 n. 15;

2) Violazione dell’art. 1 L. n. 241/1990.

Si è costituita in giudizio l’intimata Amministrazione, chiedendo il rigetto del gravame.

L’Avvocatura dello Stato ha depositato, il 6.11.2007, la relazione della Questura di Brescia in data 2.11.2007 con allegata documentazione.

Alla Camera di consiglio dell’8.11.2007 (ord. N. 871/07) la Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione degli effetti dell’atto impugnato, cosi motivando:

". Rilevato e considerato ad un sommario esame:

– che la Questura della Provincia di Brescia con il provvedimento impugnato ha annullato in autotutela il permesso di soggiorno del ricorrente valido fino al 13 novembre 2007, per la mancata considerazione, in sede di rinnovo, che originariamente era stato rilasciato un nulla osta per lavoro stagionale, senza compiere alcuna valutazione circa la sussistenza di eventuali ragioni di interesse pubblico e degli interessi dei destinatari ai sensi dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990;

– che il permesso di soggiorno per lavoro stagionale può essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a determinate condizioni (due ingressi in Italia per lavoro stagionale e il nulla osta della Direzione provinciale del Lavoro);

– che la sussistenza nel caso di specie di tutti gli altri elementi (un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e un alloggio adeguato acquistato previa stipulazione di un mutuo) deve essere esaminata tenendo anche conto che l’impossibilità di compiere un nuovo ingresso per lavoro stagionale è stata determinata dall’affidamento ingenerato dalla Questura che ha rilasciato un permesso di soggiorno per lavoro subordinato nonostante il ricorrente fosse titolare di un permesso di lavoro stagionale (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 2 febbraio 2006, n. 112; Tar Veneto, Sez. III, n. 120 del 2006; Tar Piemonte, Sez. II, 30 marzo 2005, n. 706; Tar Sicilia, Catania, 2 maggio 2005, n. 778);

– che il rilascio del secondo permesso di soggiorno nonostante la carenza dei presupposti normativamente previsti, nel caso di specie appare poter tener luogo del secondo permesso di lavoro stagionale previsto dall’art. 38, comma 7, del DPR 31 agosto 1999, n. 394, mentre la mancanza del nulla osta costituisce un’irregolarità amministrativa sanabile;

– che pertanto le censure proposte appaiono assistite da sufficienti elementi di fondatezza;"

L’Avvocatura dello Stato in data 27.2.2010 ha depositato istanza di prelievo, illustrando le ragioni dell’Amministrazione a sostegno della richiesta di fissazione dell’udienza di merito.

Alla pubblica udienza del 25.5.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso risulta fondato.

Con l’atto impugnato è stato rilevato che:

– F.M. ha fatto ingresso nel territorio nazionale in data 23.7.2005, autorizzato ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. n. 286/1998, per svolgere attività lavorativa stagionale per la durata di mesi 2 e giorni 51 presso la ditta "Gli antichi sapori scarl’ di Salerno;

– il medesimo ha chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno alla Questura di Brescia che lo rinnovava sino al 13.11.2007, nonostante l’originario permesso non fosse rinnovabile e mancasse la proroga dell’autorizzazione al lavoro stagionale da parte della Direzione provinciale del Lavoro di Salerno.

Dalla relazione della Questura di Brescia in data 2.11.2007 emerge che il provvedimento di rinnovo del permesso – fatto oggetto di revoca con il decreto qui impugnato – è stato emesso in data 28.11.2005. Dal rilascio del titolo alla sua revoca sono dunque decorsi dodici mesi e altri 8 mesi sono sono stati necessari la notifica della revoca, sicché questa è stata portata a conoscenza dell’interessato quando il titolo stesso stava per scadere.

La doglianza di cui al primo motivo di gravame risulta fondata.

Invero, si è in presenza di atto di rimozione di un provvedimento ampliativo conseguente all’emersione di un presupposto astrattamente idoneo a condurre all’annullamento d’ufficio del provvedimento, fattispecie che è disciplinata dall’art. 21nonies L. 241 del 1990 – inserito dall’articolo 14, comma 1, della legge 11 febbraio 2005, n. 15 – che ha codificato il tradizionale principio giurisprudenziale secondo cui l’accertamento successivo di un’originaria causa di illegittimità non è elemento di per sé sufficiente per l’esercizio del potere di autotutela.

Va infatti evidenziato che la norma condiziona l’annullamento d’ufficio, da operarsi entro un termine ragionevole, alla verifica della sussistenza di ragioni di interesse pubblico e tenendo conto degli interessi dei destinatari.

L’amministrazione doveva quindi valutare – in relazione al tempo trascorso dal rilascio del rinnovo del permesso nonché con riferimento all’ inserimento sociale e lavorativo del cittadino straniero – la presenza di un interesse pubblico -concreto e attuale- alla rimozione dell’atto.

Va rilevato che la giurisprudenza, in relazione alle procedure di regolarizzazione, ha ritenuto che tale valutazione si renda necessaria anche nel caso in cui l’interessato non sia in buona fede (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. II, 7.9.2010; T.A.R. Toscana, Sez. I, 23 marzo 2005, n. 1477; T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. II, 11 settembre 2006, n. 1905). Il grado di buona o mala fede può infatti costituire uno degli elementi di valutazione ai fini della considerazione dell’interesse del destinatario dell’atto, ma non può essere invece visto come circostanza in grado di esimere l’amministrazione da una compiuta valutazione di ogni elemento idoneo ad evidenziare in quale modo dovessero essere composti, nella situazione data, gli interessi implicati: ai fini dell’annullamento d’ufficio oppure, alternativamente, della convalida dell’atto originariamente viziato, ai sensi del secondo comma del citato art. 21 nonies.

Ne consegue che il provvedimento di revoca, fondato sul preteso carattere doveroso, risulta carente nella motivazione (cfr. T.A.R. Marche Sez. I 5.8.2009 n. 859).

Per l’applicazione dei suddetti principi anche all’ipotesi di revoca del permesso di soggiorno si veda: Consiglio di Stato, Sez. VI, 13 novembre 2007, n. 5801 e T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 22 marzo 2007, n. 2715.

Le spese di giudizio, liquidate come da dispositivo, vanno poste – alla stregua del principio victus victori – a carico della resistente Amministrazione.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.

Condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio a favore del ricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.000, oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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