T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 854 Lavoro subordinato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Z.A.S., cittadino della Repubblica Islamica del Pakistan, impugna il provvedimento, meglio individuato in epigrafe e comunicato il 4 settembre 2007, che ha disposto la revoca del permesso di soggiorno per l’asserito carattere fittizio del rapporto di lavoro allegato a sostegno della domanda di rinnovo del permesso stesso, presentata il 18 febbraio 2005. Risulterebbe infatti che lo stesso avrebbe dichiarato di lavorare a tempo indeterminato, con mansioni non precisate, alle dipendenze della ditta di certo G.N., con sede in San Ferdinando (Rc), alla locale via Bari: in base agli accertamenti svolti, il citato N. non sarebbe risultato invece titolare di attività alcuna, e "la documentazione a firma dello stesso sembrerebbe essere stata effettuata (testuale) da ignoti" (doc. 1 ricorrente, copia provvedimento impugnato, da cui la citazione).

Avverso tale provvedimento, Z.A.S. propone impugnazione con ricorso articolato in un unico motivo di violazione dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, nel senso che da un lato l’amministrazione non avrebbe dimostrato l’effettivo carattere fraudolento dell’attività di G.N., anche sotto il profilo della mancata messa a disposizione degli atti richiamati nel provvedimento; dall’altro non avrebbe valutato l’ormai avvenuto inserimento sociale dell’interessato, attestato da una dichiarazione di ospitalità e da una promessa di lavoro da parte di un connazionale (doc. ti ricorrente 4 e 5, copia di essi).

Ha resistito l’amministrazione, con atto 28 settembre 2007 e relazione del successivo 3 ottobre, ed ha domandato la reiezione del ricorso.

Con ordinanza 25 ottobre 2007 n°839, la Sezione ha accolto l’istanza cautelare ai fini di un riesame, e da ultimo alla udienza del giorno 25 maggio 2011 ha trattenuto il ricorso in decisione.
Motivi della decisione

1. In via preliminare, e per completezza, dato che la questione non è stata trattata dalle parti, va dato atto che il presente ricorso deve rimanere radicato avanti il giudice al quale è stato proposto, ancorché lo stesso sia non competente per territorio. Esso è infatti rivolto avverso un provvedimento puntuale della Questura di Reggio di Calabria, e quindi, ai sensi dell’allora vigente art. 3 comma 2 della l. 6 dicembre 1971 n°1034, si sarebbe dovuto proporre avanti il Tar della circoscrizione di sede di tale organo, in ispecie presso la sede di Reggio del Tar Calabria. Come è noto, peraltro, anteriormente all’entrata in vigore del d. lgs. 2 luglio 2010 n°104, codice del processo amministrativo, il difetto di competenza per territorio era rilevabile solo qualora la parte interessata proponesse nei termini il rimedio di cui all’art. 31 della citata l. 103471971, il che nella specie non è avvenuto.

2. Diverso, come pure è noto, è l’attuale regime dell’incompetenza per territorio, che ai sensi degli artt. 13 e ss. c.p.a. è divenuta rilevabile d’ufficio. L’applicabilità di detta normativa ai processi in corso, peraltro, è stata esclusa in base alle recenti ordinanze C.d.S. a.p. 5 maggio 2011 n°6 e 7 marzo 2011 n°1, sulla base di un rilievo del tutto condivisibile. Si è infatti osservato che le norme in questione non sono qualificate dalla legge come retroattive: se le si applicasse a processi diversi da quelli per i quali l’atto introduttivo è stato notificato dopo l’entrata in vigore del codice, tra i quali non rientra il presente, se ne introdurrebbe invece una retroattività surrettizia, con lesione della certezza del diritto.

3. Ciò premesso, il ricorso è fondato nell’unico motivo dedotto. In termini generali, è costante in giurisprudenza l’insegnamento secondo il quale la motivazione di un qualunque provvedimento amministrativo deve consentire di in modo agevole di ripercorrere il percorso logico seguito nell’emanare il provvedimento stesso: sul principio, si vedano per tutte C.d.S. sez. V 11 novembre 2005 n°6347 e, nella giurisprudenza della Sezione, La regola è intesa in modo ampio, nel senso che la motivazione si considera presente in tutti i casi in cui anche "a prescindere dal tenore letterale dell’atto finale, i documenti dell’istruttoria offrano elementi sufficienti ed univoci dai quali possano ricostruirsi le concrete ragioni… della determinazione assunta", come affermato di recente da C.d.S. sez. IV 10 maggio 2005 n°2231; rimane fermo però che tale ricostruzione deve essere possibile, e non meramente ipotetica o congetturale.

4. Nel caso di specie, come detto in premesse, il provvedimento impugnato motiva con riguardo alla presunta inesistenza della ditta del datore di lavoro del ricorrente, il citato G.N., inesistenza argomentata con il richiamo da un lato ad un fatto prospettato in modo espresso come non certo (si veda la frase già riportata in premesse: "la documentazione a firma dello stesso sembrerebbe essere stata effettuata (testuale) da ignoti", come da doc. 1 ricorrente, cit.), dall’altro all’esito di "accertamenti" dell’Ispettorato del lavoro di Reggio (v. sempre doc. 1 ricorrente, cit.).

5. Il rinvio a tale ultimo documento certo è in sé non illegittimo, dato che integra una cd. motivazione per relationem, ammessa in modo espresso dal comma 3 dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990 n°241, per cui "se le ragioni della decisione risultano da altro atto dell’amministrazione richiamato dalla decisione stessa, insieme alla comunicazione di quest’ultima deve essere indicato e reso disponibile, a norma della presente legge, anche l’atto cui essa si richiama". Il contenuto dell’atto richiamato, peraltro, non è tale da poter sostenere le conseguenze che l’atto amministrativo ne trae.

6. L’amministrazione ha infatti prodotto come doc. 5 allegato alla citata relazione 3 ottobre 2007 una sintetica nota dell’Ispettorato citato, che si limita a ribadire la possibilità della contraffazione dei documenti di cui si è detto e ad affermare che G.N. non sarebbe titolare di azienda alcuna. La nota in questione tuttavia non spiega in alcun modo in base a quali accertamenti e a quali elementi di fatto il personale operante sia giunto a tali conclusioni, e rende quindi impossibile qualsiasi verifica della correttezza e coerenza della motivazione. Il provvedimento impugnato va quindi annullato.

7. Le ragioni della decisione sono giusto motivo per compensare le spese, mentre l’amministrazione, come per legge, va condannata, in quanto soccombente, a rifondere al ricorrente l’importo del contributo unificato.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento 21 febbraio 2006 Cat. A 12 06 Imm II sezione, con il quale la Questura della Provincia di Reggio Calabria ha disposto la revoca del permesso di soggiorno per lavoro subordinato n° D458166 rilasciato al ricorrente. Compensa per intero fra le parti le spese del giudizio e condanna l’amministrazione intimata a rifondere al ricorrente l’importo del contributo unificato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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