Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 12-05-2011) 09-06-2011, n. 23187

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

, Dr. Riello Luigi, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con istanza depositata in data 10.11.2007 L.M.G. chiedeva la riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta dal 3.7.2004 all’11.4.2005 a seguito della emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere da parte del GIP del Tribunale di Catania per il reato di concorso in tentato omicidio e detenzione di arma, da cui era stato poi mandato assolto "per non aver commesso il fatto" con sentenza del Tribunale di Catania dell’11.1.2007, irrevocabile il 24.7.2007.

La Corte di Appello di Catania, con ordinanza in data 27.2.2008, rigettava la richiesta. A seguito di ricorso proposto dal L.M., la Corte di Cassazione, sezione quarta, con sentenza del 9.4.2009, annullava l’ordinanza impugnata con rinvio alla medesima Corte di Catania per nuovo esame.

La Corte di Appello di Catania, decidendo in sede di rinvio, con ordinanza dell’11.12.2009 (depositata l’8.4.2010), rigettava la domanda di riparazione di ingiusta detenzione, proposta dal L. M..

Dopo aver ricordato la giurisprudenza di legittimità, assumevano i giudici di merito che la sussistenza di una grave condotta indiziante tenuta dal L.M. (accertata dallo stesso Tribunale che l’aveva mandato assolto) ed emergente dai contatti telefonici avuti con gli autori del delitto e dalla sua presenza sul luogo del fatto, ed il silenzio serbato in sede di interrogatorio, costituivano elementi ostativi al riconoscimento del diritto alla riparazione.

2) Ricorre per cassazione L.M.G. per violazione di legge e vizio di motivazione. Secondo la Corte territoriale il ricorrente avrebbe potuto dare, nel corso dell’interrogatorio, spiegazioni in ordine ai contatti telefonici avuti con gli autori materiali del delitto ed alla sua presenza sul posto; è caduta, però, in macroscopici errori e palesi violazioni di legge. Avrebbe, infatti, dovuto fornire la prova che il silenzio serbato non avesse dato causa al mantenimento della custodia. Posto che i contatti telefonici vi erano effettivamente stati, la spiegazione, in ipotesi, fornita dal L.M. non avrebbe avuto alcuna incidenza sulla rimozione dello stato custodiale. Egli, ammettendo i contatti, avrebbe patito ugualmente il mantenimento della custodia che si fondava su capziosi elementi rivelatisi poi errati nel giudizio. Ugualmente illogico ed illegittimo è il rilievo in ordine alla condotta gravemente colposa tenuta in occasione dell’esecuzione del delitto. Per potersi parlare di condotta colposa occorreva dimostrare che, al di fuori del caso di concorso, egli avrebbe dovuto rappresentarsi che i soggetti contattati stessero per compiere il delitto.

3) Il ricorso è fondato.

3.1) Il tema di indagine del presente giudizio di legittimità – seguito ad un precedente annullamento – consiste fondamentalmente nell’accertare se il giudice di rinvio abbia o non osservato la regola dettata dall’art. 627 c.p.p., comma 3 ("il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della Corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa") e dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 2, ("nel caso di annullamento con rinvio, la sentenza enuncia specificamente il principio di diritto al quale il giudice di rinvio deve uniformarsi").

E, al riguardo, va osservato che nella giurisprudenza di legittimità è stato chiarito che, nelle ipotesi di annullamento con rinvio per vizi di motivazione, la Cassazione risolve una questione di diritto quando giudica inadempiuto l’obbligo della motivazione, onde il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di determinare il proprio convincimento di merito mediante un’autonoma valutazione della situazione di fatto relativa al punto annullato e con gli stessi poteri dei quali era titolare il giudice il cui provvedimento è stato cassato, è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento: con la conseguenza che lo stesso giudice di rinvio resta vincolato al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza ai fini della decisione, ovvero, ancora, all’esame, non effettuato, di specifiche istanze difensive incidenti sul giudizio conclusivo (Cass., Sez. 5, 7 maggio 1998, Di Iorio, rv. 210791; Sez. 6A, 7 febbraio 1995, Grande, rv.

201266). In proposito deve sottolinearsi che nella giurisprudenza di questa Corte è stato stabilito che, a seguito di annullamento per vizio di motivazione, il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata;

ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti: con la precisazione che, qualora la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della motivazione, ciò non comporta che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, poichè egli conserva gli stessi poteri che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente all’individuazione ed alla valutazione dei dati processuali, nell’ambito del capo della sentenza colpito da annullamento (Cass., Sei. 4A, 21 giugno 2005, Poggi, rv. 232019).

3.1.1) Tanto premesso, il giudice di rinvio non si è attenuto ai principi ed ai rilievi contenuti nella sentenza di annullamento. In detta sentenza, dopo aver richiamato la giurisprudenza pacifica in tema di cause ostative al riconoscimento della riparazione per ingiusta detenzione, si evidenziava che la motivazione dell’ordinanza, di cui veniva disposto l’annullamento, era, per un verso, mancante "di ogni valutazione sulla natura gravemente colposa della condotta del ricorrente" e, sotto altro profilo, "manifestamente illogica perchè equipara la presenza sui luoghi con la connivenza (senza neppure indicare se si trattava di una presenza cui si accompagnava la consapevolezza di quanto stava accadendo) e attribuisce la possibilità di scambiare questa condotta con il concorso senza spiegare in alcun modo questi passaggi logici". Ed aggiungeva che "un atteggiamento di connivenza può, in astratto, integrare la colpa grave purchè, nella situazione in concreto accertata, possa essere ritenuto indice del venir meno a elementari doveri di solidarietà sociale per impedire il verificarsi di gravi danni alle persone o alle cose". 3.1.2) L’ordinanza impugnata si limita a rilevare che la sentenza assolutoria ex art. 530 cpv. c.p.p., pur avendo riconosciuto l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza posti a base della misura cautelare, aveva ritenuto che non fosse stata raggiunta la prova di una condotta dolosa di consapevole partecipazione al delitto ovvero (tertium non datur) di una incolpevole condotta di semplice connivenza e/o di sostanziale estraneità al fatto criminoso, aggiungendo, apoditticamente, che nella seconda alternativa possibile "si è in presenza di una causa ostativa all’accoglimento dell’istanza di riparazione" per avere il L.M. posto in essere una condotta processuale gravemente colposa, essendosi avvalso della facoltà di non rispondere. Tale motivazione, sotto un primo aspetto, elude i rilievi della sentenza di annullamento che sollecitava, non avendolo fatto la iniziale ordinanza, ad analizzare "la natura della affermata connivenza", non essendo stati neppure indicati gli elementi su cui si fondava la conoscenza da parte del ricorrente della consapevolezza del fatto criminoso verificatosi. Sotto un secondo aspetto, si evidenziava che il silenzio serbato in sede di interrogatorio assume rilevanza quando l’indagato sia in grado di fornire una logica spiegazione al fine di eliminare il valore indiziante degli elementi acquisiti; in tal caso se il silenzio non può essere posto a fondamento della colpa grave "vale però a far ritenere l’esistenza di un comportamento omissivo causalmente efficiente nel permanere della misura cautelare". Come costantemente ribadito da questa Corte "in materia di riparazione la facoltà da parte dell’indagato di non rispondere in sede di interrogatorio, la reticenza e persi no la menzogna- che costituiscono legittimo esercizio del diritto di difesa- possono rilevare sotto il profilo del dolo o della colpa grave laddove il soggetto non abbia riferito circostanze, ignote agli organi inquirenti, utili ad attribuire un diverso significato agli elementi acquisiti in sede investigativa e posti a fondamento del provvedimento cautelare" (Cass. Sez. 4, n.4154 del 17.10.2007). Anche in ordine all’incidenza del "silenzio" la motivazione dell’ordinanza impugnata è completamente assente: era necessario, infatti, indicare "gli elementi taciuti o falsamente rappresentati che avrebbero caducatoriamente potuto incidere sul ritenuto quadro gravemente indiziario, non potendosi questi ritenersi assiomaticamente (con inammissibile presunzione fattuale) o in via del tutto ipotetica e congetturale.." (cfr. Cass. pen. sez. 4 n. 4154 del 28.1.2008).

3.2) L’ordinanza impugnata va pertanto annullata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte di appello di Catania. I Giudici del rinvio, pur potendo pervenire alle medesime conclusioni dell’ordinanza annullata, motiveranno adeguatamente, tenendo conto dei principi e dei rilievi contenuti già nella sentenza di annullamento del 9 aprile 2009 e sopra richiamati e ribaditi.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catania.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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