T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 09-06-2011, n. 883 Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

o nel verbale;
Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame è stato impugnato il verbale della conferenza di servizi convocata (per il 13 maggio 2003) dal Comune di Arcene per l’esame dell’istanza presentata da T. s.p.a. per l’installazione, presso una stazione radio base già esistente in via Suardi n. 42, regolarmente realizzata in forza della concessione edilizia n. 35 del 15 maggio 1995 rilasciata a T.I. s.p.a., di un impianto radioelettrico con potenza superiore a 20 W (consistente nella sostituzione delle antenne esistenti con altre che consentissero l’attivazione del sistema UMTS, lasciando invariato il numero delle stesse), utilizzando a tal fine come supporto radiante un traliccio di proprietà di RTL 102.5.

Dopo un tortuoso e defatigante iter procedimentale, nella prima conferenza di servizi convocata per il 19 marzo 2003, il rappresentante dell’ARPA di Bergamo confermava il parere favorevole già espresso e trasmesso in data 12 novembre 2002, ma, ciononostante, il Sindaco disponeva che la conferenza fosse riconvocata, in ragione della necessità di approfondimenti con riferimento ad una pluralità di aspetti: regolarità della struttura di cemento armato del traliccio, presenza di ulteriori istanze per l’installazione di impianti di telefonia, presenza della rete elettrica di alta tensione, di impianti di trasmissione radiofonica e di apparecchiature per radioamatori, adozione, il 18 febbraio 2003, del nuovo regolamento comunale in materia, questione di illegittimità costituzionale del d. lgs. 198/2002 pendente, presunta violazione dell’art. 174 del Trattato istitutivo della Comunità Europa "che impone agli Stati membri di improntare la propria politica ambientale al perseguimento fra gli altri dell’obiettivo primario della tutela della salute umana".

Seguiva l’inoltro della nota n. 4383, ricevuta il 3 giugno 2003, con cui si trasmetteva il verbale della conferenza di servizi del 13 maggio 2003 e si dava atto del parere contrario espresso dal Sindaco di Arcene.

Quest’ultimo provvedimento veniva, quindi, impugnato in via principale, unitamente agli atti presupposti precedentemente adottati, deducendo:

1. violazione di legge in quanto il Comune non avrebbe rispettato, nel condurre il procedimento, l’iter espressamente previsto dalla normativa nazionale e regionale. Ciò non solo in considerazione del mancato rispetto di ogni termine previsto, ma soprattutto della circostanza per cui esso non si è concluso con il provvedimento definitivo che sarebbe dovuto scaturire dalla conferenza di servizi, ma con una comunicazione di "parere contrario" del Sindaco, che non solo si contrappone al parere favorevole di ARPA, ma è motivato da profili che esulano dalla competenza comunale;

2. violazione di legge per effetto del richiamo, a sostegno dell’impugnato diniego, di un regolamento comunale in materia di installazione di impianti, che non appare supportato da alcuna specifica motivazione in grado di evidenziare le ragioni per le quali l’impianto in questione violerebbe il suddetto regolamento. In ogni caso l’adozione di un regolamento comunale che limiti la realizzazione di SRB nel territorio comunale sarebbe in contrasto con il comma 2 dell’art. 3 del d. lgs. 198/2002 (che individua le infrastrutture di cui all’art. 4 come compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e realizzabili in ogni parte del territorio comunale, anche in deroga agli strumenti urbanistici); disposizione questa che la stessa Regione ha riconosciuto essere prevalente sulla normativa regionale, così come chiarito dalla giurisprudenza che ritiene esclusa la competenza dei Comuni a localizzare gli impianti quando trattasi di impianti di potenza inferiore a 300W. Nessuna rilevanza avrebbe dovuto avere, secondo quanto ancora rappresentato in ricorso, la pendenza di questioni di legittimità costituzionale del d. lgs. 198/02, attesa l’applicabilità della norma sino alla pronuncia;

3. violazione dei limiti di competenza comunale laddove il Sindaco, nonostante il parere favorevole dell’ARPA, ha ritenuto di dover esprimere parere contrario "per la salvaguardia di esigenze connesse alla salute". Il perseguimento di tale fine risulterebbe, infatti, riservato alla sola competenza del legislatore statale che, peraltro, nel caso di specie, ha introdotto limiti di esposizione notevolmente più restrittivi di quelli raccomandati dalle più accreditate associazioni scientifiche internazionali e fatti propri dalla raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 1999/519/CE;

4. violazione di legge ed eccesso di potere derivante dalla carenza dell’istruttoria ravvisabile nell’aver ritenuto d’ostacolo all’autorizzazione il fatto che, nonostante il traliccio interessato dall’impianto in questione sia stato incontestatamente realizzato in forza di idoneo titolo concessorio, lo stesso sarebbe oggetto di due richieste di concessione edilizia in sanatoria per un container e per un locale accessorio. Nel caso di specie si tratterebbe, infatti, della sostituzione di antenne già esistenti;

5. sviamento dell’azione amministrativa, in quanto l’attività di autorizzazione in questione avrebbe natura vincolata ai sensi dell’art. 4, comma 1 del d. lgs. 198/2002: il Comune, quindi, avrebbe dovuto limitarsi a prendere atto del parere rilasciato dall’ARPA. Nel caso di specie, inoltre, lo sviamento del potere sarebbe ancora più evidente in ragione del fatto che il procedimento non si è concluso con un provvedimento espresso.

L’istanza cautelare presentata in uno con il ricorso veniva accolta.

Con ricorso per motivi aggiunti veniva, quindi, impugnato l’atto di diffida, prot. n. 10222 del 12.12.2003, con cui il Comune aveva intimato alla ricorrente di non dare esecuzione al provvedimento autorizzatorio eventualmente concretizzatosi a seguito dell’istanza del 29.1.2003.

Avverso tale provvedimento sono stati dedotti:

1.1. violazione di legge per carenza di motivazione, in quanto si è asserita la incompatibilità dell’impianto con il PRG senza chiarire la natura di tale incompatibilità, ignorando quanto affermato dal TAR Brescia nell’ordinanza 849/03, senza che la circostanza fosse precedentemente contestata e omettendo di considerare che si tratta non già dell’installazione di un nuovo impianto, bensì della mera sostituzione di uno esistente e, quindi, di un intervento senza alcun impatto urbanistico;

1.2. violazione di legge per la mancata considerazione del fatto che, sia il d. lgs. 198/2002, che l’art. 86, comma 3, del Codice delle comunicazioni (cui il procedimento risulterebbe assoggettato laddove non si volesse ritenere positivamente concluso, con implicito provvedimento di assenso, il procedimento scaturito dall’istanza della ricorrente a seguito del decorso del termine di 90 giorni fissato dalla legge), qualificano gli impianti in questione come opere di infrastrutturazione del territorio, in quanto tali compatibili con ogni destinazione urbanistica.

Ancora una volta la domanda volta alla tutela cautelare ha trovato positivo apprezzamento nell’ordinanza di questo Tribunale n. 124/04.

A seguito del rigetto dell’appello avverso il primo provvedimento cautelare adottato da questo Tribunale, la T. ha comunicato, in data 29 aprile 2004, la propria intenzione di procedere all’esecuzione delle opere in questione, rispetto alle quali è stata poi, con nota del dicembre 2005, dichiarata la conformità al progetto e alle prescrizioni (così come previsto dalla L.R. 11/01, art. 7, comma 5).

In vista della pubblica udienza la ricorrente ha ribadito le proprie tesi difensive.

Alla pubblica udienza del 18 maggio la causa, su conforme richiesta del procuratore di parte ricorrente, è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso merita positivo apprezzamento nella parte in cui tende all’annullamento degli atti con i quali il Comune intendeva precludere alla ricorrente la sostituzione di un proprio impianto già esistente per l’adeguamento dell’antenna alle trasmissioni alla tecnologia UMTS.

Invero, per quanto attiene ai profili di rito, il Collegio ritiene di poter prescindere dall’entrare nel merito dell’effettiva lesività del parere contrario espresso dal Sindaco nell’ambito del procedimento avente ad oggetto la suddetta istanza della ricorrente e, conseguentemente, dell’ammissibilità del ricorso introduttivo, dal momento che lo stesso è divenuto improcedibile per effetto della sopravvenienza del provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

Con nota prot. n. 10222, notificata il 15 dicembre 2003, infatti, il responsabile dell’area 3 Territorio del Comune di Arcene ha diffidato la T. s.p.a. dal dare esecuzione al provvedimento autorizzatorio eventualmente formatosi per effetto del perfezionarsi del silenzio assenso, in ragione della sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 23 settembre 2003, che ha dichiarato incostituzionale il d. lgs. 198/2002. In ragione di ciò, infatti, l’impianto in questione "non potrà più essere collocato arbitrariamente in qualsiasi parte del territorio comunale, ma dovrà essere ubicato esclusivamente nelle zone individuate dal PRG vigente".

Tale provvedimento, che implicitamente dà atto di come il procedimento iniziato su istanza di parte non abbia visto l’adozione di un provvedimento conclusivo nel termine all’uopo previsto dalla allora vigente normativa, con conseguente operatività dell’istituto del silenzio assenso di cui al comma 1, dell’art. 6 del d. lgs. 198/2002, ha quindi, indubbiamente natura lesiva della posizione giuridica propria di T. s.p.a..

Ciò precisato, il ricorso per motivi aggiunti va accolto per le seguenti ragioni.

Come già sinteticamente accennato anche in sede cautelare, il comportamento e i conseguenti provvedimenti adottati dal Comune intimato nel caso di specie, sono caratterizzati da un errore di fondo, rappresentato dalla mancata considerazione della particolarità dell’istanza presentata dall’odierna ricorrente, avente ad oggetto la "sostituzione" di antenne già esistenti con altre che consentissero l’attivazione del sistema UMTS e non anche la "installazione" di una nuova stazione radio base.

Una corretta prospettazione dell’istanza in tali termini, unita alla considerazione del fatto che l’impianto era stato a suo tempo regolarmente assentito con concessione del 15 maggio 1995, n. 35 e all’acquisizione del parere positivo espresso dall’ARPA in ordine al rispetto dei limiti di emissione delle onde elettromagnetiche dell’impianto, avrebbe, quindi, dovuto indurre il Comune al tempestivo rilascio del provvedimento di assenso. In mancanza di questo, per le stesse ragioni, non poteva che ritenersi formato il silenzio assenso di cui alla citata norma, perfezionatosi il 29 aprile 2003 e, quindi, ben prima della pronuncia della Corte Costituzionale 1 ottobre 2003, n. 303.

Ne consegue che, a prescindere dal fatto che, come affermato dalla giurisprudenza "L’intervenuta dichiarazione di incostituzionalità del d.lg. n. 198 del 2002 non comporta l’automatico rigetto delle domande già presentate, che avrebbero dovuto essere esaminate in base alla normativa vigente, costituita, per quanto attiene alla disciplina del procedimento, dall’art. 87, d.lg. n. 259 del 2003, entrato in vigore nelle more della pronuncia della Corte costituzionale" (così T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 05 ottobre 2007, n. 9816 e, nel medesimo senso anche Consiglio Stato, sez. VI, nella sentenza 23 settembre 2009, n. 5665), nel caso di specie il provvedimento censurato non può che essere ritenuto effettivamente privo di ogni motivazione.

Poiché è lo stesso Comune, nel medesimo provvedimento, a dare implicitamente atto dell’intervenuto perfezionamento del silenzio assenso (diversamente opinando non avrebbe alcun significato la diffida a non dare esecuzione al provvedimento autorizzatorio scaturito dal silenzio), esso avrebbe, quindi, dovuto quantomeno rappresentare le ragioni per le quali è stato ritenuto che la sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale potesse condurre all’illegittimità del provvedimento tacitamente assentito, nonostante lo stesso si fosse perfezionato ben prima della pronuncia e nonostante la sopravvenuta normativa alla luce della quale la questione avrebbe dovuto essere comunque disciplinata laddove si fosse ritenuto diversamente.

Non può però trovare accoglimento la domanda volta ad ottenere l’autorizzazione all’installazione, non solo perché è preclusa al giudice amministrativo la facoltà di sostituirsi all’ente pubblico nell’amministrazione attiva, ma anche in ragione della mancanza di ogni utilità della stessa, dal momento che, come già rappresentato, il provvedimento autorizzatorio deve ritenersi tacitamente assentito. Né la sua legittimità può essere revocata in dubbio dal successivo provvedimento di cui questo Tribunale ha ravvisato le condizioni per l’annullamento.

Per quanto attiene alla domanda risarcitoria, la stessa, benché formulata nel ricorso introduttivo, non è stata poi successivamente articolata, con la conseguenza che non può ritenersi fornito alcun principio di prova dell’esistenza degli elementi necessari al configurarsi della responsabilità del Comune intimato.

Si dispone, peraltro, la compensazione delle spese del giudizio, atteso che, all’epoca dei fatti, sulle problematiche connesse alla difficile lettura ed applicazione della normativa in questione non si era ancora formato quello che poi è divenuto un costante orientamento della giurisprudenza.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso introduttivo ed accoglie quello per motivi aggiunti e per l’effetto annulla il provvedimento di diffida ivi impugnato.

Dispone la compensazione delle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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