Cass. civ. Sez. I, Sent., 13-10-2011, n. 21155 coniugi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Che:

1. N.R. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Asti l’ex coniuge M.G. per ottenere la sua condanna al rimborso della metà (pari a Euro 14.013,57) delle spese sostenute per il mantenimento agli studi universitari della figlia F..

A sostegno della domanda la N. ha invocato gli obblighi derivanti dagli artt. 147 e 148 c.c. e della L. n. 898 del 1970, art. 6 e la convenzione intercorsa fra le parti e formalizzata nel verbale redatto il 20 novembre 1989 nella causa n. 746/1989 presso il Tribunale di Asti;

2. Costituitosi in giudizio M.G. ha eccepito che la convenzione invocata era stata superata dall’accordo con il quale si era concordato l’obbligo a suo carico di corrispondere la somma di L. 600.000 mensili, obbligo da lui successivamente onorato senza alcuna contestazione da parte della N. la quale peraltro si era assunta senza condividerla con l’ex marito la decisione di mantenere agli studi universitari la figlia F.;

3. Il Tribunale di Asti ha respinto la domanda. La Corte di appello di Torino ha invece accolto l’appello di N.R. e ha condannato il M. al pagamento della somma di 14.013,57 Euro con interessi;

4. Ricorre per cassazione il M. affidandosi a due motivi di impugnazione;

5. Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione di norme di diritto ( art. 1322 c.c.). Il ricorrente chiede alla Corte se l’efficacia inter paxtes delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 1322 c.c., sancita con riferimento alla materia della separazione personale dei coniugi, debba intendersi estesa anche alla materia dello scioglimento del matrimonio ovvero della cessazione degli effetti civili del matrimonio;

6. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Secondo il ricorrente la Corte di appello non ha chiarito perchè non possa dirsi provata la transazione novativa intesa a sostituire gli impegni economici relativi alla figlia F., sanciti dalla precedente convenzione del 1989. La Corte di appello non avrebbe, inoltre, preso in considerazione la natura onnicomprensiva del contributo di L. 600.000 mensili versato dal M. a titolo di mantenimento della figlia (e cioè la sua destinazione sia al mantenimento ordinario che alle spese straordinarie);

7. Si difende con controricorso la N.;

8. La Corte, riunita in camera di consiglio, ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Motivi della decisione

1. il primo motivo di ricorso sia inammissibile perchè non coglie la ratio decidendo della sentenza impugnata che non è stata quella di ritenere interamente regolati dalla conciliazione giudiziale del 20 novembre 1989 gli obblighi di contribuzione al mantenimento e all’assistenza dei figli ma di ritenere compatibile la previsione, nell’accordo del 20 novembre 1989, dell’obbligo del padre di pagare le spese straordinarie della figlia (per cure mediche, dentistiche, libri e spese scolastiche), e la permanente efficacia di tale obbligo, con il successivo accordo determinativo dell’assegno di 600.000 L. mensili come contributo ordinario al mantenimento. La Corte ha ritenuto che quanto al contributo alle spese straordinarie non sia intervenuto un accordo novativo comportante una nuova obbligazione estintiva e sostitutiva di quella originaria. A fronte di tale decisione il motivo di ricorso si rivolge ponendo in astratto il problema della rilevanza, dopo lo scioglimento del matrimonio, delle convenzioni stipulate per regolare i rapporti fra i coniugi durante la loro separazione personale. Vi è da rilevare come la Corte di appello abbia correttamente rilevato che i diritti e doveri dei genitori verso i figli non subiscono alcuna variazione a seguito della pronuncia di divorzio, rimanendo invariato l’obbligo di contribuzione a carico dei genitori (Cass. civ. 21087/2004);

2. Il secondo motivo appare inammissibile per mancata formulazione di una sintesi individuativa del fatto controverso su cui la motivazione sarebbe da ritenere omessa o illogica ragioni per le quali l’insufficienza della motivazione la renderebbe inidonea a giustificare la decisione;

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione che liquida in complessivi Euro 1.700 f di cui 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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