T.A.R. Lombardia Milano Sez. I, Sent., 09-06-2011, n. 1480 Assegnazione di alloggi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 21 maggio 2002 alla ricorrente è stato notificato il decreto P.G. 2.784.130/1999, con cui le è stato ordinato il rilascio dell’alloggio in Milano, Via Pietro Calvi n. 29, già assegnato a Vilardo Giuseppa, in quanto occupato abusivamente.

Tale provvedimento è stato impugnato con il primo dei due ricorsi epigrafati.

Quasi contestualmente, in data 19 giugno 2002, la ricorrente ha inoltrato al Comune la domanda di regolarizzazione del rapporto contrattuale, ai sensi dell’art. 43 della L.r. 28/90 (doc. 12 del fascicolo di parte ricorrente) assumendo di far parte del nucleo familiare dell’assegnataria come da comunicazione del 21 dicembre 1992 (doc. 6 id.).

Il provvedimento è stato sospeso con ordinanza n. 1540 del 24 luglio 2002, fino alla definizione della istanza di sanatoria.

L’istanza in discorso è stata poi respinta con provvedimento dell’8 novembre 2010 per mancanza dei requisiti temporali di cui al citato art. 43 della L.r. 28/90.

Detto provvedimento è stato impugnato con il secondo dei ricorsi in epigrafe e la relativa domanda cautelare è stata respinta con ordinanza n. 407 del 24 febbraio 2011.

All’udienza pubblica del 25 maggio 2011 le cause sono state chiamate e discusse congiuntamente e sono passate in decisione.

2. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., stanti le evidenti ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

3. Passando all’esame del merito deve osservarsi quanto segue.

Il decreto di rilascio è stato censurato per violazione di legge e, in particolare, per violazione dell’art. 43 della L.r. 28/90 in quanto il Comune non avrebbe tenuto conto che la coabitazione con l’assegnataria durava fin dal 1989 sebbene la riunione al nucleo familiare sia stata comunicata soltanto a dicembre 1992.

Il provvedimento di reiezione dell’istanza di sanatoria è stato impugnato con tre motivi con cui, in sintesi, è stata dedotta la violazione dell’art. 2 della L. 241/90 in quanto il Comune avrebbe provveduto su di essa con grave ritardo ingenerando l’affidamento della ricorrente sulla positiva conclusione del procedimento. E’ stata, inoltre, dedotta la violazione dell’art. 43 della L.r. 28/90 e dell’art. 20 del R.R. n. 1/2004 per non aver il Comune valutato che la coabitazione con l’assegnataria durava fin dal 1989 e che il R.R. 1/2004 attribuisce titolo all’assegnazione anche a soggetti che versino nelle condizioni di cui all’art. 20, comma 4, per il subentro nell’assegnazione.

4. Osserva il Collegio che l’art. 43 della L.r. 4 maggio 1990, n. 28 prevedeva la possibilità di disporre l’assegnazione di un alloggio in favore di chi, alla data di entrata in vigore della legge, si fosse trovato nella condizione di occupante abusivo da almeno sei mesi.

Detta legge è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia in data 8 maggio 1990; dunque le occupazioni regolarizzabili sarebbero dovute risalire, al più tardi, al 24 novembre 1989.

Dalle risultanze istruttorie ed anagrafiche, nonché dalla stessa dichiarazione dell’istante (doc. 12 cit.) il Comune ha correttamente rilevato che l’unico dies a quo certo, cui far risalire l’inizio della coabitazione con l’assegnataria, è il 21 dicembre 1992, non potendosi ritenere utili a smentire tale dato documentale le dichiarazioni testimoniali di alcuni inquilini poiché del tutto prive di data.

Il diniego di regolarizzazione si profila, dunque, immune da censure non potendosi invocare, peraltro, neanche l’applicazione dell’art. 20 del R.R. 1/2004, atteso che il subentro ivi previsto è riconosciuto in favore dei componenti del nucleo familiare, non facenti parte di esso, i quali tuttavia convivano da almeno tre anni e siano stati autorizzati dall’Ente: nel caso di specie, anche ammettendo la sussistenza del primo requisito (al momento dell’adozione del provvedimento), mancherebbe comunque il secondo.

In proposito va richiamato il consolidato principio per cui, costituendo il provvedimento di sanatoria il titolo pubblicistico legittimante l’occupazione dell’immobile di edilizia residenziale pubblica da parte di un soggetto congiunto dell’assegnatario deceduto o fuoriuscitone, la presenza dei requisiti legittimanti va verificata con riferimento sia al momento della domanda sia a quello dell’adozione del provvedimento, dovendo gli stessi permanere per tutta la durata del procedimento.

Diversamente opinando, verrebbe a determinarsi un inammissibile vantaggio per gli occupanti abusivi, rispetto ai regolari assegnatari, soggetti a verifica periodica del permanere dei requisiti e a decadenza in caso di perdita degli stessi in costanza del rapporto: è evidente, invece, che per entrambi deve essere considerata la persistenza dei presupposti in entrambi i suddetti momenti, oltre che la perduranza durante il rapporto (Cons. Stato, sez. VI, 30 maggio 2008, n. 2614).

Nel caso di specie, come già detto, il requisito di cui all’art. 43 della L.r. 28/90 mancava al momento della presentazione della domanda; d’altra parte il requisito dell’autorizzazione alla coabitazione, di cui all’art. 20 del R.R. 1/2004, mancava all’atto dell’adozione del provvedimento di diniego.

La legittimità della reiezione dell’istanza di sanatoria comporta il venir meno degli effetti sospensivi dell’ordinanza n. 1540 del 24 luglio 2002 e conseguentemente la riacquisizione di efficacia del decreto di rilascio del maggio 2002.

Da ultimo va evidenziato che, sebbene il Comune abbia provveduto con notevole ritardo, da esso non può essere derivato alcun legittimo affidamento nella ricorrente, circa la possibilità di regolarizzare la sua situazione abitativa, in ragione – secondo quanto già esplicitato nell’ordinanza n. 497/2011 – delle plurime reiezioni delle domande di assegnazione, proprio in quanto occupante abusiva, tale dovendosi ritenere l’istante, a nulla rilevando la pregressa ospitalità fornitale da parte della precedente assegnataria, poi trasferitasi in altro alloggio.

D’altra parte non può sottacersi che la mancata definizione del procedimento in tempi brevi da parte del Comune ha consentito alla ricorrente di beneficiare per ulteriori otto anni di una situazione alloggiativa cui non avrebbe avuto diritto.

Per quanto precede i ricorsi in epigrafe riuniti devono essere respinti.

5. Quanto alle spese di giudizio se ne può disporre l’integrale compensazione in considerazione della materia trattata.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sezione I, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, li respinge.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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