Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-10-2011, n. 21136 Imposta valore aggiunto,

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I.F., titolare della omonima ditta individuale, impugnava l’avviso di rettifica emesso nel 1999, a seguito di indagini compiute dalla Guardia di Finanza, concernente recupero di IVA relativa all’anno 1994, sull’assunto di omessa fatturazione e contabilizzazione di operazioni imponibili e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sostenendone la nullità è la infondatezza nel merito.

La Commissione Tributaria Provinciale di Campobasso accoglieva parzialmente il ricorso.

Su appello della contribuente La Commissione Tributaria Regionale del Molise con la sentenza n. 50/2/05 in data 18 aprile 2005, depositata in data 26-4-2005, accoglieva ulteriori doglianze dell’appellante e confermava rilievi dell’Ufficio in ordine a mancate fatturazioni ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente con tre motivi nei confronti del Ministero della Economia e della Finanze e la Agenzia delle Entrate.

La Agenzia resiste con controricorso.

Alla odierna udienza la contribuente produce copia della sentenza della CTR del Molise n. 57/02/2009, passata in giudicato, tra le stesse parti, avente per oggetto l’avviso di rettifica concernente l’IVA dell’anno 1997, favorevole alla contribuente, con richiesta di applicazione di giudicato esterno alla controversia in esame.
Motivi della decisione

Preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile il ricorso avverso il Ministero, che non è stato parte del giudizio di merito.

Nulla per le spese, in mancanza di costituzione dell’ente intimato.

Di seguito, deve essere dichiarata non rilevante la sentenza oggi prodotta di cui in premessa. Dalla lettura della medesima si evince che i motivi adotti dalla CTR per annullare l’avviso di rettifica dell’IVA del 1997 concernono elementi di fatto relativi ad insufficiente motivazione da parte dell’Ufficio sulla deducibilità di costi posti in detrazione dalla contribuente, valida solo per la annata di riferimento (1997) ed il giudicato è quindi privo di effetto espansivo per diversi periodi della stessa imposta od ai fini di imposte diverse.

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3 L. n. 212 del 2000, art. 7 e art. 24 Cost. ed omessa motivazione in quanto l’avviso di rettifica, in ordine alle fatturazioni per operazioni inesistenti, faceva riferimento a verifiche compiute nei confronti di soggetti diversi non allegate all’avviso nè conosciute o conoscibili dal contribuente, con violazione dei principi di cui alla L. 21 del 2000, art. 7 e comunque con lesione del diritto di difesa del contribuente stesso. Sottolinea inoltre la contraddizione della CTR, la quale, sulla premessa che gli accertamenti devono essere fondati su documenti conosciuti dal contribuente, aveva ritenuto valida una rettifica basata su processi verbali redatti nei confronti di terzi e non conosciuti dalla ricorrente. Con il secondo motivo deduce violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 ed omessa ed insufficiente motivazione assumendo che le valutazioni relative alla ritenuta falsità delle fatture emesse da San Felice Confezioni poggiavano esclusivamente sulle dichiarazioni rilasciate dalla titolare della stessa, in violazione del divieto di testimonianza nel processo tributario e del principio secondo cui le dichiarazioni dei terzi valgono come elementi indiziari che devono essere sorretti da riscontri oggettivi. Rileva inoltre che la CTR aveva affermato la esistenza di elementi di riscontro senza indicare alcuno di essi.

Con il terzo motivo deduce insufficiente motivazione su un punto essenziale della controversia. Premesso che l’Ufficio, calcolando i capi ritenuti venduti senza fattura sulla base del raffronto tra il tessuto acquistato e quello usato regolarmente, non aveva tenuto conto dello scarto di lavorazione, e che la CTP aveva calcolato lo scarto nel 10% del totale , rileva che la CTR aveva confermato tale pronuncia, senza ritenere la invalidità del criterio seguito,fondato su una doppia presunzione. Il primo motivo è infondato.

Premesso che alla fattispecie non è applicabile, "ratione temporis" la L. n. 212 del 2000, art. 7 nè il conseguente D.Lgs. n. 32 del 2001, occorre richiamare il previgente principio, rispettoso dei diritti di difesa del contribuente di cui all’art. 24 Cost., secondo cui la motivazione dell’avviso di accertamento può essere effettuata "per relationem" purchè gli atti richiamati siano conosciuti o conoscibili dal contribuente. Nella specie, la CTR ha dato atto che le risultanze del PVC erano state puntualmente riprodotte nell’avviso, ed ha altresì affermato che la documentazione posta a base dell’accertamento era conosciuta dalla contribuente. Tale affermazione si collega all’altra esposta in premessa come affermazione dell’Ufficio, ma non contestata dalla contribuente, secondo cui il PVC delle indagini della Guardia di Finanza era stato ritualmente notificato alla medesima. In sostanza, non vi era, "ratione temporis" obbligo di allegazione testuale degli atti, ma era sufficiente che il contenuto degli stessi( anche relativi a dichiarazioni di terzi) fosse esposto negli atti richiamati e noti al contribuente in forma sufficientemente chiara da consentirgli una idonea difesa. (v, Cass. n. 2749 del 2009). Nella fattispecie, mentre non si ravvisa alcuna lacuna o contraddizione motivazionale sul punto nella sentenza (in quanto ha affermato che le risultanze esposte nell’avviso erano sufficienti a garantire idonea difesa alla contribuente) il motivo appare privo di autosufficienza, essendo assolutamente generico in ordine ai verbali di terzi che si assumono non conosciuti, alla loro rilevanza in causa, alla loro citazione o meno per contenuto essenziale nel PVC notificato cui l’avviso fa espresso riferimento.

Ne consegue che il motivo non è condivisibile sotto entrambi i profili contestati.

Infondato è anche il secondo motivo.

La sentenza non fonda il convincimento sulla fittizietà delle fatture emesse dalla ditta S. Felice sulle sole dichiarazioni della titolare P., (con ciò recependo il corretto principio che nel processo tributario le dichiarazioni di terzi costituiscono presunzioni semplici, da valutarsi come elementi nell’ambito di un quadro probatorio più ampio) affermando invece che l’assunto trovava conferma ed integrazione " su numerosi fattori ampiamente esposti alle pagg. 2 e 3 dell’avviso di rettifica.". Sul punto, il motivo manca si autosufficienza, in quanto la ricorrente si limita da affermare che in dette pagine l’Ufficio non motiva direttamente ma effettua un rinvio ad altri atti, senza riprodurre il testo relativo, sì da porre la corte in grado di verificare la correttezza di quanto esposto, e, di conseguenza, la congruenza della motivazione. Il terzo motivo è infondato.

La CTR ha richiamato la circostanza che non erano state trovate in sede di controllo giacenze iniziali o rimanenze finali di merce ed altresì che la contribuente non aveva fornito alcun elemento utile alla determinazione della percentuale degli scarti di lavorazione, limitandosi a tacciare di genericità quella calcolata dalla CTP nella misura del 10%. La motivazione appare corretta, in quanto la contribuente che afferma, in assenza di dati obiettivi che dimostrino la esistenza di scarti, la presenza di scarti di lavorazione, ha l’onere di indicarne, trattandosi di dati a sè favorevoli e dalla stessa ovviamente conosciuti, la entità percentuale, contrastando in modo preciso e puntuale e non sulla base di mere illazioni, il calcolo effettuato dal primo giudice.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero; rigetta il ricorso nei confronti della Agenzia; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese a favore di quest’ultima che liquida in Euro 3.500,00, oltre IVA prenotata a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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