T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 09-06-2011, n. 996 Bellezze naturali e tutela paesaggistica Commissione edilizia comunale Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. In data 28 febbraio 1995, prot. 4132, il Sig. B.M., odierno ricorrente, presentava un’istanza di concessione in sanatoria, ai sensi delle leggi 47/85 e 724/94 e successive modifiche e integrazioni, per un locale in lamiera ad uso rimessagarage di complessivi mq. 40,29, realizzato nel Comune di Lastra a Signa in zona vincolata ai sensi della legge n. 1497 del 1939 e del D.M. 9 febbraio 1967.

Il 23 febbraio 1996, la domanda di sanatoria veniva respinta con provvedimento sindacale n. 829/4417, motivato, ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47/1985, con riferimento al parere espresso dalla Commissione Edilizia Integrata nella seduta del 15 febbraio 1996.

In tale occasione la C.E.I., dopo aver evidenziato che "la zona in cui insiste l’immobile oggetto dell’istanza ha notevole interesse pubblico perché la fascia collinare in questione, per la varietà degli aspetti orografici, la diversità di colture agricoloforestali, il tessuto viario che rende possibile in esso godere la visuale dei singoli e numerosi monumenti di antica costruzione come la chiesa di S. Martino a Gangalandi, la villa delle Selve ed altri da numerosi punti di vista, e la presenza del corso del fiume Arno che cinge verso nord la zona, costituisce un complesso di cose immobili avente valore estetico tradizionale e inoltre forma un quadro naturale di particolare bellezza" ( D.M. 9 febbraio 1967 pubblicato sulla G.U. n. 57 del 4 marzo 1967), esprimeva parere negativo, ritenendo che il manufatto compromettesse i valori e gli aspetti paesaggistici che hanno portato all’imposizione del vincolo, in quanto "i materiali metallici evidentemente di risulta e deteriorati dalla ruggine utilizzati per i paramenti verticali e l’ondulato della copertura sono in assoluto contrasto con il contesto paesaggistico caratterizzato dalla presenza di colture tipiche e da emergenze architettoniche di notevole interesse".

A tale diniego faceva, quindi, seguito l’ordine di demolizione prot. n. 40 del 19 marzo 1996 avente ad oggetto il manufatto in questione.

Con il ricorso in esame, il Sig. B. ha impugnato i suindicati provvedimenti, deducendo a sostegno del gravame:

1) "Violazione ed erronea applicazione della legge 47/85 e successive modificazioni ed integrazioni della legge 23.12.1994 n. 724 nonché della legge 29.12.1939 n. 1497 e del D.M. 9.2.1967. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei fatti e difetto dei presupposti, errore e carenza di motivazione", in quanto l’intervento per cui è causa non sarebbe inadeguato al luogo in cui è ubicato; non sarebbe facilmente visibile se non dal lato lungo la strada perché il resto è coperto dal muro medesimo e nascosto dalla vegetazione; avrebbe tutte le caratteristiche della pertinenza e in particolare del c.d. volume tecnico; risalirebbe ai primi anni 60 e quindi a molti anni addietro, con conseguente obbligo di motivare in ordine all’interesse pubblico concreto all’intervento sanzionatorio; non sarebbero state adeguatamente rappresentate le ragioni per le quali il manufatto realizzato sarebbe risultato inconciliabile con il paesaggio circostante; l’Amministrazione avrebbe dovuto rilasciare una concessione edilizia in sanatoria sottoposta a condizioni e/o prescrizioni;

2) "Violazione e/o falsa applicazione della legge 724/94 nonché della L.R. 2.11.1979 n. 52 come modificata dalla L.R. 19.4.1993 n. 24; in particolare gli artt. 4, 5, 6 e 7. Eccesso di potere per violazione del giusto procedimento. Contraddittorietà ed illogicità", in quanto il diniego di sanatoria sarebbe stato preceduto solo dal parere della C.E.I. e non anche da quello della Commissione Edilizia "ordinaria"; non sarebbe stata data notizia al pubblico dei provvedimenti impugnati mediante affissione all’Albo Pretorio con la specificazione del titolare e della località interessata; il Sindaco avrebbe dovuto pronunciarsi prima sul vincolo paesaggistico con autonomo e distinto provvedimento, recependo o meno il parere della C.E.I. e poi sulla concessione in sanatoria e non contestualmente come sembrerebbe aver fatto nella specie; nel caso in esame mancherebbe il provvedimento di diniego di sanatoria vero e proprio, perché la nota sindacale prot. n. 829/4417 del 23 febbraio 1996 sarebbe una semplice comunicazione;

3) "Eccesso di potere per illogicità ed ingiustizia, contraddittorietà. Violazione ed erronea applicazione della legge 28.2.1985 n. 47 sotto altro aspetto. Carenza di motivazione. Indeterminatezza. Ingiustizia. Violazione della legge 24.3.1989 n. 122", in quanto nella medesima zona sarebbero state rilasciate concessioni edilizie per manufatti analoghi a quello per cui è causa.

2. Il ricorso è infondato.

Va, innanzitutto, precisato che il diniego di sanatoria per cui è causa è contenuto nella nota prot. n. 829/4417 del 23 febbraio 1996, con la quale si comunica al ricorrente la determinazione negativa assunta dal Sindaco in relazione al "locale in lamiera ad uso rimessagarage" posto in Lastra a Signa, Via Traccoliera n. 21.

Ciò premesso, il parere contrario formulato dalla C.E.I. per l’opera abusiva di cui si controverte, risulta motivato in termini che, per quanto sintetici, risultano del tutto chiari e univoci e non evidenzia, alla luce della documentazione anche fotografica prodotta, profili di travisamento o palese illogicità della valutazione, insindacabile nel merito, compiuta dalla C.E.I.. Dalla motivazione del parere si evince l’avvenuto accertamento della esistenza di un impatto negativo sull’ambiente protetto del manufatto in questione. L’Amministrazione comunale ha recepito detto giudizio di disvalore che, stanti le caratteristiche strutturali dell’opera – le quali rendono irrilevante la natura pertinenziale o meno della stessa – non può considerarsi privo di una sua puntuale e logica giustificazione.

Né l’organo preposto alla tutela del vincolo è tenuto, in sede di esame delle istanze di sanatoria, a fornire indicazioni circa gli adattamenti eventualmente idonei a rendere l’opera compatibile con l’ambiente, essendo la possibilità di indicare prescrizioni o accorgimenti prevista dalla normativa solo per la diversa ipotesi di preventiva richiesta di autorizzazione paesaggistica, allorchè oggetto della valutazione è un progetto; in sede di sanatoria si tratta, invece, di opere già realizzate abusivamente, che vanno valutate per come si presentano (cfr., T.A.R. Toscana, n.806 del 19.04.02; T.A.R. Toscana 05.10.2006 n° 4228; Cons di Stato, II Sez.. parere n° 398/95 del 30 aprile 1996).

Nessun rilievo, ha, infine, la circostanza che la zona si trovi in una situazione di fatto già pregiudicata da precedenti interventi analoghi a quello per cui è causa.

Né può fondatamente dedursi l’illegittimità del diniego di sanatoria per non essere stato preventivamente acquisito il parere della Commissione Edilizia.

Il diniego di sanatoria, infatti, è stato preceduto dal parere reso dalla C.E.I. e ciò è ragione sufficiente per ritenere regolare l’attività istruttoria procedimentale posta in essere dal Comune.

Invero, come specificato in giurisprudenza (cfr., Cons. di Stato, sez. II, 19 ottobre 2005), il rilascio della concessione edilizia in sanatoria presuppone il parere della Commissione Edilizia nell’ipotesi di valutazioni squisitamente tecniche, per cui, allorchè, come nella fattispecie, i profili giuridici dell’abuso, legati agli aspetti di tutela del paesaggio, sono prevalenti, deve ragionevolmente dedursi che il solo parere della C.E.I. sia sufficiente a soddisfare gli adempimenti procedurali richiesti dalla normativa per la definizione delle domande di concessione edilizia in sanatoria (cfr., TAR Toscana, sez. III, 16 marzo 2009 n. 418).

Il ricorrente deduce, inoltre, il difetto di motivazione, per non aver il Comune indicato – ancorchè il manufatto risalga al 1960 – le ragioni di pubblico interesse che, al di là della mera constatazione del carattere abusivo dell’intervento, avrebbero giustificato l’adozione del provvedimento sanzionatorio a distanza di così tanto tempo.

Anche tale doglianza non coglie nel segno.

L’ordine di demolizione, essendo stato impartito dopo il diniego di condono dell’opera abusivamente realizzata e risultando meramente consequenziale a quest’ultimo, è sufficientemente motivato attraverso il mero richiamo al provvedimento al quale ha inteso dare attuazione, senza che fosse necessaria qualsivoglia ulteriore motivazione.

Anche perché basta ad escludere l’esistenza di un affidamento del privato al mantenimento in essere dell’opera medesima la circostanza che la stessa era stata oggetto di domanda di condono, ossia di una domanda con cui il privato ha ammesso il carattere abusivo dell’opera stessa e la necessità di acquisire un titolo abilitativo al suo mantenimento attraverso il positivo espletamento della procedura di condono edilizio a tal fine avviata.

Nel caso di specie, peraltro, non risulta in alcun modo comprovato quanto asserito dal ricorrente in ordine alla data in cui sarebbe stato edificato il manufatto di cui si controverte.

La circostanza, comunque, che l’opera in questione ricada in zona sottoposta a vincolo paesaggistico sottintende la sussistenza di un preminente interesse pubblico alla demolizione, giustificativo della misura repressiva (cfr., TAR Toscana, III, 6 aprile 2010 n. 929).

Pertanto, il chiaro riferimento al predetto vincolo, espresso nell’atto impugnato, dà dimostrazione della sussistenza di un interesse pubblico al ripristino dell’originario stato dei luoghi, rispetto al quale l’interesse del privato è necessariamente recessivo, anche in caso di abusi edilizi risalenti ad epoca remota.

Quanto, poi, alla circostanza che l’opera abusiva oggetto della domanda di condono non arrecherebbe alcun pregiudizio estetico, rimanendo riparata dalla vista diretta del pubblico, è sufficiente evidenziare che la maggiore o minore visibilità dell’opera abusiva non può rilevare ai fini del giudizio di compatibilità con i valori paesaggistici tutelati, in quanto la compatibilità delle opere con le esigenze di tutela ambientale non è un giudizio legato alla maggiore o minore visibilità delle opere stesse, ma al rispetto di determinati criteri e modalità di costruzione, che costituiscono i presupposti per il corretto adeguamento del vincolo paesaggistico (cfr., T.A.R. Valle d’Aosta, sent. n. 103 del 23.05.2003; nello stesso senso T.A.R. Umbria, sent. n. 218 del 24.03.1998).

Inoltre, per quanto riguarda l’omessa affissione dei provvedimenti impugnati "all’Albo Pretorio con la specificazione del titolare e della località interessata", la doglianza non ha pregio, tenuto conto che le modalità di pubblicazione non rilevano ai fini della legittimità o meno degli atti amministrativi, ma tutt’al più ai fini della tempestività dell’impugnazione degli stessi.

Ugualmente infondato è, poi, il rilievo che il Sindaco avrebbe dovuto pronunciarsi sul vincolo paesaggistico con autonomo e distino provvedimento.

Dagli artt. 32 della legge n. 47/1985 e 4 della L.R. n. 52/1979 emerge, infatti, chiaramente che, ai fini dell’esame del condono edilizio, deve essere innanzitutto acquisito il parere della Commissione Edilizia Integrata; e, il recepimento di esso da parte del Sindaco comporta (oltre che il definitivo pronunciamento negativo sotto il profilo paesaggistico) anche, necessariamente, il diniego di condono edilizio, poiché il diniego medesimo costituisce conseguenza automatica del parere negativo dal punto di vista paesaggistico.

Pertanto, non sembra rispondere ad alcuna logica l’asserita necessità che le due determinazioni (la seconda necessariamente conseguente alla prima) siano contenute in due atti distinti.

3. Il ricorso, pertanto, va respinto.

4. Quanto alle spese di giudizio, non vi è luogo a pronuncia sulle stesse, stante l’omessa costituzione dell’Amministrazione intimata.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Nulla spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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