Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-04-2011) 09-06-2011, n. 23299 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.F. ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe che ha applicato la pena nei suoi confronti per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 contestatogli, disponendo altresì la confisca dell’autoveicolo di proprietà del prevenuto, siccome utilizzata per la commissione del reato.

Sostiene che la pena finale indicata in dispositivo (in particolare, quella detentiva: anni due e mesi dieci di reclusione) non corrisponderebbe a quanto sarebbe stato concordato, giacchè, si sostiene, la volontà delle parti era finalizzata ad ottenere l’applicazione della pena di anni due e mesi otto di reclusione, giacchè, partendo dalla pena base di anni sei di reclusione, le diminuzioni per le attenuanti generiche e, poi, per la scelta del rito, erano state fissate nella misura di un terzo ciascuna.

Si contesta come immotivata la confisca del veicolo.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Quanto alla prima censura, la pena come determinata non è illegale e l’istante non ha provveduto a documentare, come sarebbe stato suo onere, il diverso contenuto dell’accordo, in contrasto con quanto contenuto nella motivazione della decisione.

La confisca è stata satisfattivamente motivata, avendone il giudice spiegata la ragione avendo riguardo alle modalità di custodia della droga (nell’alloggiamento del filtro dell’aria), considerata dimostrata di una stabile destinazione all’attività criminosa.

Come è noto, l’attuale disciplina del "patteggiamento" (cfr. art. 445 c.p.p., comma 1, nel testo risultante dalle modifiche apportate con la L. 12 giugno 2003, n. 134) prevede l’applicabilità della misura di sicurezza della confisca in tutte le ipotesi previste dall’art. 240 c.p., ivi compresa la confisca facoltativa; peraltro, in tale ultima ipotesi, con riferimento specifico ai beni serviti o destinati a commettere il reato, il giudice è tenuto a motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la misura ablativa.

In altri termini, vertendosi appunto in ipotesi di confisca facoltativa, la relativa determinazione di applicare la misura di sicurezza non è lasciata alla discrezionalità "libera" del giudice, occorrendo, invece, a tal fine, la dimostrazione, di cui il giudice deve dare contezza con puntuale motivazione, di una particolare "correlazione diretta" tra la res e il reato, dalla quale derivi un giudizio di "pericolosità" derivante dal mantenimento della cosa nella disponibilità del reo che legittima il provvedimento ablativo.

Ne deriva che l’assoggettabilità a confisca facoltativa del veicolo, quale cosa servita alla commissione del reato (nella specie, il trasporto della sostanza stupefacente), è condizionata all’accertamento di uno specifico, strutturale e non occasionale "nesso strumentale" tra la res e il reato. Deve essere dimostrato, cioè, il "diretto carattere strumentale" della cosa (per esempio, quando il veicolo sia stato modificato per occultare la sostanza) rispetto alla consumazione del reato e deve potersi formulare una prognosi negativa sulla pericolosità sociale derivante dal mantenimento della disponibilità del veicolo da parte dell’imputato.

In questa prospettiva, anche quando il veicolo non abbia subito modifiche particolari, può disporsi la confisca, se ed in quanto si dimostri motivatamente – con riferimento alle modalità della condotta, alla distanza tra il luogo di approvvigionamento e quello dello spaccio ed alla conseguente necessità di disporre di un idoneo veicolo anche per le quantità ingenti da trasportare- che esiste la possibilità di analoghi futuri illeciti e, rispetto a tale reiterazione dell’attività criminosa, che esiste una concreta e specifica relazione con la detenzione del veicolo (in termini, tra le tante, Sezione 4, 18 dicembre 2009, Gubert, non massimata).

La decisione, con la sintesi propria della natura del rito semplificato, ha corrisposto a questi principi, in termini qui incensurabili.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1000,00 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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