Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-10-2011, n. 21113 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La NAD srl in liquidazione ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Regionale dell’Emilia Romagna depositata dep. il 28/04/2005, che aveva, rigettando l’appello della contribuente, confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Forlì che aveva rigettato il ricorso della società avverso l’avviso di rettifica parziale Iva per l’anno 1995. La CTR ha ritenuto fondata la rettifica e inapplicabile il principio dell’applicazione retroattiva delle norme sanzionatorie più favorevoli in quanto l’obbligo di pagamento della imposta a norma della Legge Iva, art. 41, comma 6 non poteva ritenersi di natura sanzionatoria. Si duole la ricorrente con tre motivi, di violazione di legge e di vizio motivazionale.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro e l’Agenzia delle Entrate in persona del Direttore pro tempore hanno resistito con controricorso. La causa veniva rimessa nuovamente rimessa alla decisione in pubblica udienza, dopo un rinvio a N.R. in attesa della decisione delle SS.UU. sulla superiore questione della natura sanzionatoria dell’obbligo di pagare l’iva.
Motivi della decisione

Col primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2702 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 3 oltrechè vizio motivazionale.

Deduce in particolare che gli accertamenti sarebbero effettuati presso terzi e non presso la contribuente e gli elementi valutati(documenti non sottoscritti non potevano avere dignità di prova).

Col secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2729 e 55 c.c. e del D.P.R. n. 633 del 1972 oltrechè vizio motivazionale.

Deduce che i documenti utilizzati (fatture della M&M International, ritrovamento matrici presso altra società la F.lli De Gregorio ecc.) non avevano le caratteristiche di prova nè di presunzioni.

I motivi, per la stretta connessione logica giuridica devono essere esaminati congiuntamente e sono infondati. Per quanto concerne il vizio motivazionale, nelle sue varie forme, va osservato che la CTR ha fornito esaustiva valutazione e motivazione in ordine alle circostanza dedotte dall’Ufficio (ritrovamento presso terzi di bolle d’accompagnamento, appartenenza al medesimo bollettario sussistenza di rapporti commerciali tra la cedente e la cessionaria,giustificazione della diversa indicazione della sede nelle bolle) che fornivano quanto gravi precise e concordanti presunzione, e pertanto prova, della effettuazione delle operazioni commerciali non regolarizzate Legge Iva, ex art. 41, comma 6.

E’ insegnamento diffuso (v. Cass. n. 1147/2010) che "l’apprezzamento circa il ricorso a tale mezzo di prova, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge, la scelta dei fatti noti che costituiscono la base della presunzione e (il giudizio logico con cui si deduce l’esistenza del fatto ignoto sono riservati al giudice di merito e sono censurabili in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione unitamente all’esistenza della base della presunzione e dei fatti noti, che fanno parte della struttura normativa della presunzione" e che questi vizi motivazionali "non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte perchè spetta solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui è assegnato alla prova un valore legale;".

Circa la doglianza relativa all’insufficienza degli accertamenti presso terzi e alla mancanza di una attività di verifica presso la società in questione e la inidoneità a valere quale prova di una documentazione non sottoscritta o comunque attribuibile a determinate persone, va rilevato che le prime due affermazioni trovano smentita nella sentenza Cass. n. 13486/2009 che ha osservato, sulla questione relativa all’accertamento presso terzi, che la legge prevede espressamente che l’Ufficio possa procedere a rettifica, indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonchè da altri atti e documenti in suo possesso ( D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54),laddove la terza affermazione implica una censura di fatto inammissibile in questa sede. Fondato è invece il terzo motivo con cui la contribuente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17, comma 1 e art. 41, commi 5 e 6 comma 8 e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 16 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3 per quanto concerneva la dedotta natura sanzionatoria dell’obbligo di pagamento dell’imposta, alla stregua di quanto affermato dalle SS.UU. con sent n. 26126/2010 e cioè che "in tema di IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 41, comma 6, (nel testo in vigore ratione temporis, anteriore all’intervento abrogativo e sostitutivo operato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471), nel disporre che al cessionario di beni o committente di servizi si applichino, in caso di omessa o irregolare fatturazione e mancata regolarizzazione, le pene pecuniarie previste dai primi tre commi, oltre al pagamento della imposta, considera tale prelievo, compreso quello d’importo pari all’imposta, quale sanzione, ferme restando le obbligazioni verso l’erario del cedente di beni o prestatore di servizi per l’imposta, le sanzioni a suo carico e le dichiarazioni annuali. Pertanto, in virtù del principio di legalità stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 3, anche riguardo a detto prelievo, qualificato pagamento dell’imposta dall’art. 41, cit., si applica la norma posteriore (e cioè il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6), più favorevole al contribuente." La sentenza impugnata va, pertanto, cassata sul punto e s’impone la necessità del rinvio per la rideterminazione delle sanzioni e perchè si provveda alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il primo e secondo motivo, accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese alla CTR dell’Emilia Romagna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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