Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 28-04-2011) 09-06-2011, n. 23165

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza in data 17.12.2010 il Tribunale del Riesame di Roma dichiarava inammissibile l’appello proposto da R.G. avverso il provvedimento del P.M. del 20.10.2010 con il quale veniva rigettata l’istanza di restituzione del bene in sequestro all’appellante con la seguente motivazione: "Visto si rigetta atteso che la Corte di Cassazione ha confermato la natura demaniale del bene". Il Tribunale del riesame rilevava che l’art. 322 bis c.p.p. con il termine "ordinanza" faceva chiaro riferimento ai provvedimenti adottati dal giudice e non dal P.M. e che, con riguardo ai provvedimenti emessi da tale organo, ammetteva l’appello esclusivamente contro il decreto che disponeva la revoca del sequestro. Ricorre per Cassazione il difensore di R.G. deducendo che l’ordinanza impugnata è incorsa in violazione di legge (art. 310, 321, 322, 322bis e 324 c.p.p.) Contesta il ricorrente la insussistenza del periculum in mora e del fumus con riguardo all’originario provvedimento ablatorio e sottolinea come questa Corte (sez. 2 sentenza in data 23.9.2010- dep. il 14.10.2010), premesso l’insussistenza del fumus commissi delicti, ha annullato senza rinvio l’ordinanza del Tribunale di Roma emessa in sede di riesame e l’originario provvedimento di sequestro. Aggiunge che il Procuratore Generale della Corte di Cassazione ex art. 626 c.p.p. aveva disposto la restituzione del bene e inviato gli atti al P.M. procedente per gli adempimenti. Evidenzia che in data 27.1.2010 il P.M. procedente ha dissequestrato l’immobile restituendolo al Ministero per i beni e le Attività Culturali. Sottolinea l’abnormità del provvedimento del P.M. e l’ammissibilità dell’impugnazione richiamando giurisprudenza della Suprema Corte (Cass. Sez. 3 30.11.1998 n. 2811) Il ricorso è infondato.

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il decreto in argomento non è impugnabile, come peraltro è stato già affermato da questa Corte (Cass. Sez. 3 n. 49448/03: N. 651 del 1993 Rv.

193987, N. 4622 del 1995 Rv. 204338, N. 47710 del 2003 Rv. 226703;

Cass. Sez. 3, 29/2/1966 n. 4622).

E’ pur vero che con altre decisioni è stato statuito che il decreto di sequestro preventivo adottato dal P.M. è appellabile in base al rilievo che l’art. 322 bis c.p.p. opererebbe come norma di chiusura diretta consentire l’impugnazione di qualsiasi provvedimento adottato in materia di sequestro preventivo per il quale non è ammessa la richiesta di riesame. Ma un tale indirizzo non sembra condivisibile.

Occorre considerare che in materia di impugnazione vige il principio di tassatività sancito dall’art. 568 c.p.p. per cui un provvedimento è impugnabile solo se la legge espressamente lo prevede, indicando il mezzo che può essere esperito. Se si considera che la norma di cui all’art. 322 bis c.p.p. ammette l’appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro adottato dal P.M., è da escludere che il decreto di rigetto in argomento possa essere sottoposto ad un tale mezzo di impugnazione poichè esso non rientra nell’ambito dei provvedimento indicati dalla norma.

Può infatti rilevarsi che l’art. 322 bis c.p.p. con il termine ordinanza intende fare chiaro riferimento a provvedimenti adottati dal giudice e non dal P.M. e, relativamente a quelli emessi da tale organo, ammette l’appello esclusivamente contro il decreto che dispone la revoca del sequestro. Il ricorso è infondato anche per carenza di interesse.

Quando attraverso il sequestro preventivo si mira ad impedire il protrarsi o l’aggravamento delle conseguenze del reato in danno della parte offesa, deve ritenersi che il terzo che non contesta la sussistenza e la permanenza dei requisiti di applicabilità della misura disposta "in favore suo" e nei confronti dell’autore del reato, possa ex art. 263 c.p.p. chiedere l’assegnazione e la restituzione della cosa; invero l’art. 104 disp. att. c.p.p. stabilisce che per il sequestro preventivo si applicano le disposizioni relative a quello probatorio, tra cui la citata suddetta norma in tema di restituzione (Cass. Sez. 6 26012/2004; Cass. Sez. 6, 2 febbraio 1996, Lo Giudice).

A ciò deve aggiungersi che per l’ammissibilità del gravame, deve sussistere l’interesse alla impugnazione, come previsto in via generale dall’art. 568 c.p.p., comma 4, occorre cioè che la eliminazione o la riforma della decisione gravata renda possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole.

Qualora la cosa sottoposta a sequestro, come nel caso di specie, sia stata dissequestrata e restituita all’avente diritto, individuato in persona diversa da quella che aveva la disponibilità della stessa al momento della sua esecuzione, l’originario possessore perde interesse alla impugnazione a seguito del venir meno del vincolo sulla cosa, non potendo conseguire, per effetto dell’eventuale accertamento di illegittimità del provvedimento il ripristino nella disponibilità del bene, il provvedimento di restituzione è invece autonomamente impugnabile con la forma dell’incidente di esecuzione (Sez. 3, 2 luglio 2003, Landi, Cass Sez. 6, 26012/04).

Il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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