Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 10-06-2011, n. 413 CONDONO

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

L’appello è rivolto contro la decisione n. 759/2009 del TAR Sicilia – sezione di Catania, con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il provvedimento n. 07/0055 del 22.1.2003, con il quale il Dirigente della XXII direzione "Gestione del Territorio – V Servizio Condono edilizio" del Comune di Catania ha rigettato l’istanza di sanatoria proposta dalla ricorrente, per accertata eccedenza dell’abuso dai limiti di volumetria stabiliti. Lamentava in particolare la ricorrente: a) l’avvenuto erroneo computo al riguardo della volumetria riferibile ai balconi, la cui esclusione comporterebbe la conseguente riduzione dell’abuso nei limiti di volumetria stabiliti; b) la mancata immotivata conformità del provvedimento al parere dell’Assessorato territorio ed ambiente della Regione siciliana del 26.1.1998, gruppo XXII prot. n. 743, nella parte in cui ivi si stabilisce che dai volumi da considerare ai fini del condono debbano essere esclusi, come nel caso di specie, quelli tecnici.

Disposta apposita verificazione (Ordinanza collegiale istruttoria n. 440/08), emergeva che "Attraverso il calcolo dei dati plano altimetrici si deduce e si riporta che il volume vuoto per pieno del fabbricato di proprietà della Signora La.Ro.Ro., sito in Via (…), risulta essere complessivamente di mc. 1071,61, suddiviso in mc 890,12 per l’edificio e mc. 181,49 per i portici di uso esclusivo dell’abitazione. La cubatura rilevata non tiene conto della cubatura afferente i balconi …". Ne conseguiva la accertata violazione del disposto dell’art. 39 comma 1 della Legge n. 724/94 (condonabilità degli abusi non eccedenti i 750 mc di volumetria), anche indipendentemente da ogni valutazione della volumetria dei portici di uso privato. Il Tribunale ne traeva, conseguentemente, la infondatezza delle doglianze espresse con il ricorso, rigettava quest’ultimo e condannava la ricorrente alle spese per la disposta verificazione, mentre nulla disponeva per le spese di giudizio, non essendosi costituito il Comune intimato.

Avverso tale sentenza propone ora appello l’originaria ricorrente assumendo le stesse doglianze già avanzate in primo grado e, in particolare, la inesatta applicazione dei criteri dettati dall’Assessorato regionale territorio e ambiente – Direzione urbanistica (26 gennaio 1988, gruppo XXII, prot. 743), a tenore dei quali andrebbe incluso nella volumetria computabile soltanto il volume totale dello spazio compreso tra le pareti esterne, il pavimento più basso e la copertura misurata all’esterno. Essa invoca anche la mancata considerazione da parte del giudice del contenuto della circolare 2699/2005 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (che avrebbe suggerito una interpretazione della disciplina applicabile, nel senso di considerare compatibile con la stessa una sanatoria fino a 3000 mc. di volumetria per le opere completate entro il 31 marzo 2003).
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

La verificazione ha computato la volumetria dell’abuso in conformità dei criteri dettati dall’invocato parere dell’A.R.T.A. Essa ha precisato espressamente infatti che il calcolo eseguito è pari a mc. 890,12 per il solo edificio, essendo state considerate a parte le cubature relative ai portici di uso esclusivo dell’abitazione e ai balconi (nonostante, pure questi ultimi avrebbero dovuto, a giudizio del verificatore, essere computati). Essa ha dunque constatato che il volume realizzato è in ogni caso largamente superiore a quello massimo consentibile in sanatoria ed ha perciò dato, conseguentemente, piena giustificazione alla decisione adottata dal giudice. Parimenti irrilevante è per altro la pretesa invocabilità del criterio interpretativo contenuto nella circolare 2699/2005. E ciò perché, anche a prescindere da ogni considerazione sulla mancata proposizione del motivo in primo grado e sulla ammissibilità perciò di esso, ora in appello, il criterio interpretativo invocato, contrariamente a quanto ritenuto dall’appellante, non supporta infatti comunque in alcun modo l’idea di una ammissibilità in sanatoria di costruzioni di cubatura fino a 3000 mc. La circolare in questione – con riferimento all’art. 32 comma 25 della legge n. 326 del 2003 – precisa invero: "per le nuove costruzioni residenziali, il comma 25 prevede che le suddette disposizioni si applichino alle opere abusive ultimate entro il 31 marzo 2003 non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo abitativo in sanatoria, a condizione tuttavia che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3000 mc". Il criterio interpretativo invocato chiarisce, in altre parole, che, fermo il limite dei 750 mc per ciascuna richiesta, deve tenersi conto anche dell’ulteriore inderogabile limite (la sanatoria è preclusa ove esso sia superato e non siano possibili le demolizioni delle opere eccedenti tale limite) di 3000 mc complessivi, per il caso in cui – circostanza che non ricorre nella fattispecie – le unità residenziali realizzate possano giustificare la proposizione di una pluralità di richieste.

Per le esposte considerazioni, l’appello deve essere rigettato.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione. Nulla va statuito per le spese, non essendosi costituito il Comune appellato.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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