Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 21-04-2011) 09-06-2011, n. 23232

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.G. è stata condannata quale colpevole di bancarotta fraudolenta nella sua veste di accomandataria di COMECO Sas.

C.S., suo figlio, è stato ritenuto responsabile del medesimo delitto, quale concorrente nel reato ascritto alla madre.

L’accusa concerne condotta di distrazione fraudolenta concretatasi nel versamento di ricchezza a favore della soc. STARTING POINT Sas. il cui accomandatario è il C., senza (apparente) giustificazione alcuna.

Il Tribunale di Genova assolse gli imputati con sentenza del 3.12.2008.

Investita dell’appello del Procuratore Generale, la Corte d’Appello ha riformato la prima decisione condannando entrambi, avendo escluso la giuridica estraneità dell’accomandatario nella responsabilità di gestione, in virtù della normativa discendente dagli art. 40 cpv. c.p., art. 2392 cod. civ. La responsabilità penale del C., amministratore:

di quest’ultimo ente, è stata desunta dall’originario progetto (divisato dal padre dello stesso, marito della M., di poi defunto) di costituzione della fallita COMECO; proprio in funzione di sovvenire alle passività della seconda società.

La difesa dei prevenuti lamenta con ricorso:

– l’erronea applicazione della legge penale per avere omesso di considerare l’assenza di apporto della M. circa il programma genetico che sottostava alla costituzione della società (programma tratteggiato dal suo defunto marito) da lei amministrata e della effettiva conoscenza della successiva strategia esecutiva di quel piano e della illiceità delle uscite a favore della società del figlio;

– la carenza ed illogicità della motivazione che ritiene provata la consapevolezza del C. senza indicare lo specifico contributo causale alla condotta criminosa, ma raggiungendo il convincimento di reità per via di presunzioni;

– la violazione del principio di correlazione tra accusa e condanna, avendo imputato il C. nella veste di concorrente nella commissione della bancarotta e, di poi, condannato lo stesso quale extraneus (posizione radicalmente diversa).
Motivi della decisione

I ricorsi sono infondati e debbono essere rigettati.

La condanna di M.G. è allineata, in punto di diritto, alle indicazioni del giudice di legittimità che ritiene responsabile l’amministratore (qui accomandatario) per tutti gli atti di gestione, attesa la posizione di garanzia che viene a rivestire verso i creditori.

Quanto al profilo soggettivo, la circostanza delle sue concrete mansioni esecutive attiene ad aspetto del fatto, esterno allo scrutinio di questo giudice. Al contempo, la conoscenza in capo all’amministratore degli interna corporis dell’organismo è situazione che non impone specifica dimostrazione. Tanto più in un contesto di società di non rilevanti dimensioni e collocata al centro di un reticolo societario a sfondo famigliare, i cui legami si ritengono, in via di ragionevole esperienza, noti ai partecipi.

Ancora: il programma originario volto a sovvenire alle esigenze finanziarie di altro ente di questo novero, argomento desunto dalle indicazioni del curatore, è ragionevole passaggio che consente di ritenere dimostrata la conoscenza dei fatti societari in capo alla donna.

Infine, l’erogazione di ricchezza, senza impegno alla restituzione o concessione di congrua garanzia per la stessa, costituisce in sè manifestazione di distrazione fraudolenta, poichè viola le norme di corretta e prudente amministrazione e pregiudica, nel sempre possibile inadempimento del debitore, il patrimonio societario e le aspettative dei creditori.

Infondato, per le medesime ragioni dianzi esposte, è il mezzo relativo a C.S..

L’esecuzione dell’originario programma di sovvenzione verso la società da questi amministrata – argomento esposto dall’impugnata decisione a sostegno dell’assunto di condanna – è ragionevole sostegno alla lettura del fatto, allorquando riscontra la partecipazione del C., mediante previo concerto, alle successive condotte illecite realizzate in esecuzione di quella strategia, che diveniva illecita proprio nel momento in cui COMECO era divenuta insolvente.

Lo stretto rapporto famigliare giustifica, senza vizio logico, la conoscenza della provenienza del denaro (prestato, in ragguardevole misura, tanto da svuotare il patrimonio di COMECO, senza garanzia di restituzione) in spregio alle regole di lecita conduzione dell’organismo a cui era preposta la madre, M.G..

Manifestamente infondato è l’ultimo mezzo del ricorso proposto da CO.. In tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa (cfr.

Cass. Sez. Un., 15 luglio 2010, Carelli, CED Cass. 248041). Nel caso in esame la contestazione al C. di concorrente è rimasta inalterata e la descrizione della condotta di fraudolenza era chiaramente riferita al ruolo di accomandatario della società percettrice delle somme provenienti dalla fallita COMECO.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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