T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 10-06-2011, n. 366 Legittimità o illegittimità dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Alla ditta ricorrente, che gestisce uno stabilimento balneare, è stato ingiunto di demolire alcune opere asseritamente abusive.

A sostegno deduce la violazione dell’art 24 del Regolamento di esecuzione del codice della navigazione, degli articoli 54 e 1161 del Codice della navigazione, carenza d’istruttoria e motivazione, difetto di presupposti, illogicità e ingiustizia.

Gli interventi avrebbero, secondo il comune richiesto l’autorizzazione ex art 24 del Regolamento al codice della navigazione, nel caso mancante. Secondo la ditta invece le opere realizzate non si configurerebbero come innovazioni abusive, sarebbero già state autorizzare e comunque sarebbero conformi al piano marittimo.

La ditta nelle more della discussione ha inoltrato domanda di condono per tutte le opere in questione, negata con l’atto impugnato con i motivi aggiunti.

In detti motivi aggiunti la ditta deduce la violazione degli articoli 3, 23, 36 e 37 del DPR 380 del 2001, delle norme e principi sulla sanatoria, dell’art 27 del d lgs 157 del 2006, di vari articoli delle NTA, carenza d’istruttoria e motivazione, difetto di presupposti, travisamento dei fatti, illogicità e ingiustizia.

La ricorrente dettaglia poi le opere oggetto di domanda di sanatoria e chiede infine il risarcimento del danno subito.

Il comune eccepisce l’improcedibilità del ricorso principale.

Sia parte ricorrente sia il Comune hanno ribadito in apposite memorie le rispettive tesi.

Nel corso della pubblica udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.
Motivi della decisione

Oggetto del ricorso principale e un’ordinanza di rimessa in pristino emessa dal comune in relazione a una serie di opere abusive realizzate nello stabilimento balneare gestito dalla ditta ricorrente. Nelle more del ricorso peraltro detta ditta ha presentato in comune una domanda di sanatoria relativa a tutte le opere in questione, in relazione alla quale il comune ha emesso un diniego impugnato con i motivi aggiunti. L’interesse quindi rimane unicamente in relazione al diniego di sanatoria, laddove il ricorso principale va considerato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, come del resto concordano entrambi le parti.

Va ulteriormente premesso che, nonostante le disquisizioni contenute in ricorso, ai fini della presente causa i concetti di amovibilità e stagionalità vanno considerati equivalenti, in quanto le opere in questione, che devono risultare amovibili, lo sono proprio in quanto destinate a utilizzo stagionale.

A questo punto vanno esaminate partitamente tutte le opere oggetto della domanda di condono e del relativo diniego comunale.

Innanzi tutto sono state negate due tettoie parasole, la prima collocata lato mare e la seconda lato monte.

In realtà si tratta di una sostituzione di due precedenti strutture già in precedenza assentite. Dalla documentazione in causa, si evidenzia che la struttura portante sia verticale che orizzontale risulta modificata, ma tuttavia si tratta di elementi tecnici che non alterano la finalità delle opere, la sagoma totale e la volumetria. Inoltre la sola modifica delle dimensioni dei pilastri e delle travature, come si vedrà in prosieguo unica alterazione rilevante riscontrabile, rende fondata la censura di sproporzione e inadeguatezza del diniego di sanatoria (cui segue necessariamente un nuovo ordine di demolizione), anche in quanto si tratta di un elemento urbanisticamente di scarsa rilevanza.

Invero, il noto principio di proporzionalità si può definire con l’affermazione secondo cui le autorità comunitarie e nazionali non possono imporre, sia con atti normativi sia con atti amministrativi, restrizioni alla libertà del cittadino in misura superiore, vale a dire sproporzionata, rispetto a quella strettamente necessaria nel pubblico interesse per il raggiungimento dello scopo che l’autorità è tenuta a realizzare.

Il principio di proporzionalità, anche se certo conosciuto storicamente nel processo amministrativo italiano sia pure con terminologie variegate, ha assunto indubbiamente un ruolo centrale a seguito di numerose pronunce della corte di giustizia europea.

In particolare, la proporzionalità e adeguatezza dell’attività amministrativa costituiscono un parametro e una misura della legittimità stessa dell’operato dell’amministrazione. Invero, qualora la pubblica amministrazione, pur agendo nell’ambito astratto dei poteri conferiti, sacrifichi in concreto un interesse del privato in modo eccessivo rispetto all’interesse pubblico perseguito, può essere sanzionata con l’annullamento dell’atto amministrativo stesso.

Il principio di proporzionalità invero introduce la necessità di cercare un equilibrio tra i vari interessi pubblici e privati presenti nel caso concreto e contestualmente consente al giudice amministrativo, specie di primo grado, di indagare sul fatto concreto per verificare il raggiungimento o meno dell’equilibrio tra l’attività dell’amministrazione e il sacrificio richiesto al cittadino.

Si può invero affermare che l’applicazione delle regole comunitarie della proporzionalità, dell’adeguatezza e della ragionevolezza, rendono illegittime alcune misure adottate da un Comune, sia pure astrattamente consentite dall’ordinamento (tra le tante, T.A.R. Veneto Venezia, sez. III, 10 marzo 2005, n. 850).

Tornando al caso in esame, il diniego di sanatoria riferito unicamente ad una modesta variazione dei pilastri e dei sostegni appare, anche per le conseguenze che comporta, sproporzionato, inadeguato e quindi illegittimo.

Per quanto riguarda invece tutte le altre opere oggetto dell’ordine di ripristino prima e del diniego di sanatoria poi esse vanno considerate come opere stagionali e amovibili, e quindi comunque non oggetto di specifica autorizzazione.

Si tratta in particolare del massetto, delle strutture grigliate verticali in legno, di una struttura ondeggiante, facilmente amovibili e aventi natura stagionale. In sostanza tutte le restanti opere risultano facilmente amovibili e comunque risultano sostitutive di precedenti strutture già assentite a livello comunale.

Lo stesso vale per la cabina in legno, in quanto si tratta di un volume tecnico che non necessita di un permesso a costruire.

Quanto alla recinzione e alla pavimentazione, si tratta di opere stagionali già assentite in precedenza, per quanto riguarda la recinzione, mentre la pavimentazione non ha alcun rilievo urbanistico. Infine, per quanto concerne il muretto, le fioriere e altre strutture in muratura, si tratta di opere amovibili e quindi dal punto di vista urbanistico irrilevanti.

Per quanto fin qui evidenziato il ricorso principale va dichiarato improcedibile e il ricorso per motivi aggiunti va accolto, per cui il diniego di sanatoria va annullato.

Non si può invece accogliere la domanda di risarcimento dei danni, che non vengono né provati né quantificati in ricorso.

La peculiarità della vicenda e alcune novità giurisprudenziali inducono il collegio a compensare le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara improcedibile il ricorso principale e accoglie il ricorso per motivi aggiunti come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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