T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 10-06-2011, n. 356 Giudicato amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società ricorrente è proprietaria di un terreno sito in Pescara, in via Terra Vergine, sulla quale esiste un capannone di mq. 182, riportato in catasto urbano al foglio 29, part. 1587.

Tale terreno nel P.R.G. approvato con deliberazione del Consiglio comunale di Pescara 17 marzo 2003, n. 90, era stato inserito in zona F10 (zona verde di filtro), disciplinata dall’art. 59 delle N.T.A., che comprendeva "aree che, per le loro caratteristiche ed ubicazione tra il tessuto urbano e la campagna circostante, sono destinate ad attività legate al tempo libero, allo sport, al turismo, con previsione anche di orti botanici e vivai" e relativamente alla quale "gli interventi sono subordinati all’approvazione di un piano di lottizzazione" con cessione al Comune sia delle aree destinate alle opere di urbanizzazione primaria, sia di quelle con destinazione a verde pubblico.

In accoglimento del ricorso proposto dall’istante, tale destinazione urbanistica è stata annullata da questo Tribunale con sentenza 15 dicembre 2004, n. 1043, in ragione della circostanza che la non inclusione dell’area in parola in zona B 3 appariva illogica ed iniqua. La scelta effettuata dall’Amministrazione è stata, infatti, ritenuta inficiata da evidenti errori di fatto o da abnormi illogicità per essere manifestamente incompatibile con le caratteristiche oggettive del territorio, che vedeva il terreno in questione totalmente intercluso da aree edificabili. E ciò anche per disparità di trattamento, in quanto l’area in questione, posta lungo la strada ed ai margini della zona F 10, era ricompresa in una più vasta area estesa complessivamente mq. 5.880 originariamente di proprietà del sig. Ciccotelli e che – nel mentre, in accoglimento dell’osservazione del vicino, tale area era stata inserita in zona edificabile – l’osservazione del ricorrente era stata respinta sulla base del rilievo che sull’area in questione non vi era un fabbricato residenziale, ma solo un fabbricato ad uso deposito.

Tale sentenza è stata confermata dal Consiglio di Stato, che con sentenza 10 dicembre 2007, n. 6321, ha, in particolare, affermato che esisteva (ed esiste) una identità oggettiva di situazioni tra i due terreni della ricorrente e del sig. Ciccotelli (già facenti parte di un unico lotto), che era incontestato che il terreno del vicino risultava completamente inedificato e che sul terreno dell’odierno ricorrente insisteva un manufatto, sia pure precario; per cui anche per quest’ultimo terreno, stante la sua posizione, poteva ugualmente valere la finalità di ricomposizione dell’andamento insediativo sul fronte strada. Partendo da tali premesse il Giudice di appello ha, di conseguenza, ritenuto fondate le dedotte censure di violazione dell’articolo 59 delle N.T.A. dello strumento urbanistico, nonché il vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti, arbitrarietà, irragionevolezza e disparità di trattamento, che connotavano la determinazione di includere in zona filtro un terreno intercluso fra aree edificate, avente minime dimensioni (superficie di soli mq. 1.770), e che per tale ragione non avrebbe potuto essere mai utilizzato per l’edificazione richiedendosi, per una eventuale lottizzazione, un terreno esteso per almeno mq. 10.000. In definitiva, con tale decisione si è testualmente affermato che il Comune avrebbe dovuto considerare "in maniera più puntuale le caratteristiche del terreno ora in questione, che si presenta in realtà come del tutto inidoneo per realizzare gli scopi indicati dalla norma succitata, mentre appare ingiustificata la diversa attenzione riservata in proposito al terreno confinante che – va ancora ribadito – si trovava in una situazione effettivamente corrispondente sotto il profilo urbanistico".

Con successiva sentenza 6 novembre 2008, n. 888, in accoglimento di ulteriore ricorso proposto dall’attuale ricorrente, questo Tribunale ha annullato la deliberazione 8 giugno 2007, n. 94, del Consiglio comunale di Pescara di approvazione della variante al P.R.G. di Pescara (c.d. "piano delle invarianti per uno sviluppo sostenibile"), nella parte in cui aveva nuovamente inserito l’area di proprietà della parte ricorrente in zona F10 (zona verde di filtro), invece che nella zona B 3.

Passata in giudicato anche tale sentenza e non avendo il Comune di Pescara dettato una nuova disciplina urbanistica dell’area in questione in conformità delle predette decisioni, questo Tribunale con sentenza 16 giugno 2010, n. 675, ha assegnato alla Amministrazione inadempiente il termine di 60 giorni per concludere il procedimento di rideterminazione della disciplina urbanistica dell’area in questione ed ha nominato un commissario ad acta per porre in essere in via sostitutiva nel successivo termine di giorni trenta tutti gli atti necessari all’esecuzione del predetto giudicato.

Non avendo il Comune provveduto, il Commissario ad acta ha preso in data 11 novembre 2010 i necessari contatti con gli Uffici tecnici del Comune, ma con atto del 4 marzo 2011 ha evidenziato che l’azione commissariale tendente a promuovere la variante allo strumento urbanistico non avrebbe potuto "essere perseguita, per effetto della intervenuta L.R. n. 60 del 22 dicembre 2010". Con tale legge regionale, invero, erano stati modificati i confini della Riserva Natura di interesse provinciale "Pineta Dannunziana", includendo in tale riserva anche l’area in questione.

Con il ricorso in esame la società P. è nuovamente insorta dinanzi questo Tribunale, chiedendo l’annullamento, previa sospensiva, di tale atto e la condanna del Comune al risarcimento dei danni. Ha, in particolare, evidenziato che l’atto in questione era stato adottato in evidente elusione del giudicato ed, in via subordinata, che la predetta legge regionale era inficiata da illegittimità costituzionale. Ha, infine quantificato in oltre tre milioni di euro il danno subito in ragione della inedificabilità dell’area.

Il Comune di Pescara si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 23 maggio 2011 ha, tra l’altro, evidenziato che su parte dell’area in questione era stato imposto un vincolo di inedificabilità assoluta (su mq. 685) in ragione della realizzata galleria ferroviaria, mentre altra parte (mq. 455) era inedificabile in relazione alla viabilità esistente; nel merito, ha poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.

Alla camera di consiglio del 26 maggio 2011 il Collegio ha indicato alle parti, ai sensi dell’art. 73, n. 3 del codice del processo amministrativo, che avrebbe potuto disporsi, in applicazione dell’art. 32 del codice del processo amministrativo, la conversione dell’azione impugnatoria in giudizio di ottemperanza e su tale aspetto le parti hanno oralmente illustrato le proprie ragioni e non si sono opposte alla immediata decisione della causa. La causa è stata quindi trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

1. – Così come preannunciato alla predetta camera di consiglio, ritiene il Collegio che, in applicazione dell’art. 32 del codice del processo amministrativo, debba disporsi la conversione dell’azione impugnatoria ora all’esame in giudizio di ottemperanza.

Va, invero, al riguardo evidenziato che il ricorso in esame – come sopra esposto – è volto a contestare la legittimità di una atto assunto dal Commissario ad acta nominato da questa stessa Sezione con sentenza 16 giugno 2010, n. 675, per l’esecuzione del giudicato derivante dalla sentenza 6 novembre 2008, n. 888, sempre di questo Tribunale. Inoltre, il n. 5, dell’art. 114 del nuovo codice del processo amministrativo, prevede espressamente che "il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta ottemperanza, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario".

Ciò posto, poiché con il ricorso ora all’esame è stata nella sostanza evidenziata l’elusione del predetto giudicato e poiché tale ricorso ha i requisiti di sostanza e di forma previsti dagli artt. 112 e seguenti del codice, deve disporsi – stante anche la mancata opposizione delle parti – la conversione del ricorso impugnatorio in giudizio di ottemperanza.

2. – Così qualificata l’azione esperita dalla società ricorrente, deve rilevarsi che questa con il primo motivo di gravame si è lamentata nella sostanza del fatto che l’atto del Commissario ad acta era stato adottato in "evidente elusione del giudicato" di cui alle predette sentenze di questo Tribunale e del Consiglio di Stato, sia sotto il profilo dei termini (in quanto non si era rispettata la tempistica fissata con la predetta sentenza 16 giugno 2010, n. 675), sia sotto il profilo del contenuto della determinazione assunta, che aveva fatto riferimento alla sopravvenuta L.R. n. 60/2010, di imposizione di un vincolo ambientale.

Tale doglianza, ad avviso del Collegio, è fondata.

Nell’esposizione in fatto si sono, sia pur sommariamente, ripercorse le vicende che nel corso di quasi un decennio hanno interessato il terreno in questione e che hanno costretto la società ricorrente a proporre ben quattro ricorsi dinanzi a questo Tribunale e a poi difendersi in sede di appello, ricorsi che l’hanno vista sempre vincitrice.

Con le predette sentenze sia di questo Tribunale (sentenza 15 dicembre 2004, n. 1043, e 6 novembre 2008, n. 888), che del giudice di appello (10 dicembre 2007, n. 6321), tutte passate in giudicato, si è nella sostanza affermato che l’area in questione, per le sue specifiche caratteristiche, non doveva essere inserita in zona F10 (zona verde di filtro), ma nella stessa zona B, nella quale era stato inserito il terreno adiacente di proprietà del sig. Ciccotelli.

Ciò premesso, va ricordato che – così come costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa – l’esecuzione del giudicato trova ostacolo e limite solo nelle sopravvenienze di fatto e di diritto verificatesi anteriormente alla notificazione della sentenza, restando irrilevanti le sopravvenienze successive alla notificazione medesima. Ed in applicazione di tale principio si è di recente (Cons. St., sez. VI, 3 novembre 2010, n. 7761) esclusa la opponibilità oltre che delle sopravvenute variazioni urbanistiche, anche dei vincoli paesaggistici introdotti in data successiva al passaggio in giudicato, e ciò in applicazione della regola generale secondo cui la durata del processo non deve andare in danno della parte vittoriosa, che ha diritto all’esecuzione del giudicato in base allo stato di fatto e di diritto vigente al momento dell’adozione degli atti elusivi caducati in sede giurisdizionale.

E tali conclusioni trovano oggi un’ulteriore conferma nelle norme contenute nel nuovo codice del processo amministrativo, il cui art. 1, come è noto, afferma il principio generale dell’effettività, secondo il quale la giurisdizione amministrativa deve assicurare "una tutela piena ed effettiva".

Con riferimento a tali considerazioni deve, pertanto, ritenersi che il Commissario ad acta, nominato da questo Tribunale con sentenza 16 giugno 2010, n. 675, avrebbe dovuto procedere alla rideterminazione della disciplina urbanistica dell’area in questione considerando la situazione di fatto e di diritto esistente alla data del passaggio in giudicato della sentenza 6 novembre 2008, n. 888; per cui, tale attività non avrebbe dovuto trovare un limite nei nuovi vincoli introdotti dalla predetta legge regionale, entrata in vigore ben due anni dopo il passaggio in giudicato della sentenza in questione.

Ciò posto, considerato che in base all’art. 114, n. 4, lettera a) del nuovo codice il giudice, in caso di accoglimento del ricorso, può procedere all’emanazione del provvedimento amministrativo "in luogo dell’Amministrazione", dispone che l’area di proprietà della parte ricorrente sia inclusa nella stessa zona in cui era stata inclusa l’area adiacente di proprietà del sig. Ciccotelli, già facente parte di un unico lotto, e che – come ripetutamente evidenziato con le predette sentenze passate in giudicato – era stata inserita a decorrere dal 2003 in zona edificabile. All’area della società ricorrente è, pertanto, applicabile la stessa disciplina urbanistica oggi dettata per l’area adiacente.

Dispone, pertanto, che il competente Dirigente dell’Area Urbanistica del Comune di Pescara proceda, in esecuzione della presente decisione, a modificare la cartografia di piano, includendo l’area in questione nella stessa zona nella quale è incluso il terreno adiacente; mentre restano salvi solo i vincoli conformativi preesistenti al 2003, come sembra essere quello, evidenziato nella memoria difensiva del Comune, relativo alla esistente galleria ferroviaria.

Quanto, infine alla richiesta di risarcimento dei danni, dispone che per l’esame di tale domanda, in base al disposto dall’art. 112, n. 4, del codice del processo amministrativo, il processo debba proseguire nelle forme del processo ordinario.

3. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto per la parte relativa alla mancata esecuzione del giudicato e, per l’effetto, va annullato l’atto impugnato e va modificato in parte qua lo strumento urbanistico vigente nel Comune di Pescara nel senso sopra indicato.

Le spese relative alla presente fase, come di regola (art. 26 del codice del processo amministrativo ed art. 92 del cod. proc. civ., così come modificato dall’art. 45, n. 11, della L. 18 giugno 2009, n. 69), seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

non definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nella parte e nel senso specificato in motivazione.

Dispone che per la richiesta di risarcimento dei danni debba seguirsi il rito ordinario e per l’esame di tale richiesta fissa l’udienza pubblica del 15 dicembre 2011.

Condanna il Comune di Pescara al pagamento a favore del società ricorrente delle spese e degli onorari della presente fase di giudizio che liquida nella complessiva somma di Euro 3.000 (tremila) oltre agli accessori di legge (IVA, CAP e spese generali).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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