T.A.R. Abruzzo Pescara Sez. I, Sent., 10-06-2011, n. 354 Ricorso straordinario al Capo dello Stato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con istanza presentata alla Regione Abruzzo il 22 ottobre 2003 la società I.A. s.r.l. ha chiesto di essere autorizzata alla realizzazione ed all’esercizio di una discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi in contrada Cerratina del Comune di Lanciano. Tale richiesta è stata respinta con determinazione dirigenziale n. DF3/52 del 12 maggio 2005 per una duplice considerazione: per l’impossibilità di ubicare la discarica in zona B1 del piano regionale paesistico e perché nella zona insiste una falda acquifera interessata dall’intervento in questione.

Il ricorso proposto dall’interessata avverso tale atto è stata respinto da questa Sezione con sentenza 22 febbraio 2006, n. 129, ma, in accoglimento dell’appello proposto avverso tale sentenza, il Consiglio di Stato, sez. V, con decisione 2 marzo 2009, n. 1160, ha annullato tale provvedimento di diniego opposto dalla Regione Abruzzo. Con detta decisione è stata affermata l’inconsistenza dei predetti rilievi, riconoscendo erronea la valutazione dell’Amministrazione in punto di incidenza ostativa della falda acquifera presente in loco.

Poiché la Regione Abruzzo, nel riesaminare la domanda della ricorrente, aveva "rimesso in discussione l’intera procedura al punto di rivedere anche lo spettro dei partecipanti alla stessa conferenza", la società I.A. ha proposto ricorso in ottemperanza, che è stato accolto con decisione 28 maggio 2010, n. 3423; con tale decisione il Consiglio di Stato ha testualmente precisato che la rinnovazione del procedimento avrebbe dovuto "ripartire dall’atto inficiato dal vizio rilevato dalla sentenza di annullamento, restando salve, per esigenze di economia dell’azione amministrativa, le attività e le fasi già espletate e compiute", per cui è stata ritenuta illegittima la prospettiva fatta propria dall’Amministrazione regionale, oltre che dal Comune di Lanciano, della rinnovazione integrale del procedimento "comportante un inutile aggravio della procedura ed un ulteriore pregiudizievole ritardo nella sua conclusione, in quanto, come risulta dal tenore della ottemperanda decisione, l’esecuzione della medesima avrebbe dovuto riguardare soltanto la rivalutazione della questione della falda acquifera", tenendo conto del fatto che "finché esso non sia confutato con risultanze procedimentali ulteriori, si deve semplicemente verificare se le acque sotterranee presenti nel sito possono essere allontanate con comuni opere di ingegneria". E" stato al riguardo assegnato un termine di trenta giorni per concludere il procedimento.

Con determinazione 8 luglio 2010, n. DR4/115, il Dirigente del Servizio Gestione dei Rifiuti della Regione Abruzzo – dopo aver evidenziato che non erano state attivate le procedure amministrative in merito alla contaminazione del sito ed alla mancata attivazione dei procedimenti di cui al titolo V, del D.lgs. 152/06 e dell’art. 5 del D.Lgs. 59/05 – ha nuovamente respinto l’istanza presentata dalla ricorrente con riferimento alla seguente testuale considerazione: "non conformità del progetto a quanto disposto dal Punto 2.4.2 dell’Allegato 1 del D. Lgs. 36/03, in quanto la soluzione progettuale presentata dalla Ditta I.A. S.r.l. non prevede un piano di imposta della discarica che rispetti le prescrizioni del D.Lgs. 36/03, normativa peraltro vigente all’atto dell’istanza, ossia una distanza di due metri dal piano di imposta dello strato della barriera di confinamento della discarica, al fine di garantire la protezione della falda acquifera dall’inquinamento e dal deterioramento, nel pieno rispetto della normativa vigente".

La società, deducendo che tale atto fosse stato assunto in elusione del giudicato, ha proposto un nuovo ricorso per l’ottemperanza dinanzi al Consiglio di Stato; contestualmente ha anche proposto, sempre avverso tale atto, ricorso straordinario al Capo dello Stato. Avendo la Regione Abruzzo chiesto la trasposizione di tale ricorso straordinario in sede giurisdizionale, tale giudizio è stato ritualmente incardinato dinanzi questo Tribunale.

Con tale ricorso la società interessata ha dedotto le seguenti censure:

1) che la determinazione dirigenziale impugnata era pervenuta all’ulteriore diniego in una situazione istruttoria sostanzialmente identica a quella sulla quale si era formato il giudicato, in quanto la Regione – invece di acquisire "risultanze procedimentali ulteriori" e verificare "se le acque sotterranee presenti potevano essere allontanate con comuni opere di ingegneria", così come prescritto con tale giudicato – aveva basato il nuovo diniego su inconferenti indicazioni fornite dall’ARTA e dalla Provincia di Chieti;

2) che illegittimamente era stata proposta una nuova questione da parte della Provincia di Chieti in ordine alla contaminazione del sito ed alla redazione di un piano di caratterizzazione (PdCa), in quanto tale contaminazione è relativa ad area distante circa tre km.;

3) che illegittimamente si era fatto riferimento ad una soluzione progettuale alternativa proposta dall’ARTA, non recepita dall’istante con una variante al progetto presentato, in quanto in realtà non era mai stata proposta una diversa soluzione progettuale.

Si sono costituiti in giudizio sia la Regione Abruzzo, che il Comune di Lanciano che con memorie depositate rispettivamente il 24 ed il 20 gennaio 2011 hanno pregiudizialmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto l’interessata aveva proposto avverso l’atto in questione nuovo ricorso per l’ottemperanza, deducendo censure identiche a quelle prospettate in queste sede e che tale ricorso era stato respinto dalla V Sezione del Consiglio di Stato con sentenza 21 gennaio 2011, n. 441; nel merito, hanno poi diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte. L’Amministrazione regionale ha inoltre depositato in giudizio il 4 febbraio 2011, oltre ad ulteriori atti del procedimento, anche una analitica relazione dell’Amministrazione in ordine alla vicenda in esame.

La parte ricorrente ha depositato il 5 maggio 2011 una memoria di replica.

Alla pubblica udienza del 26 maggio 2011 la causa è stata quindi trattenuta a decisione.
Motivi della decisione

Nell’esposizione in fatto sono state analiticamente ripercorse le vicende relative all’esame dell’istanza presentata dalla ricorrente per la realizzazione e l’esercizio di una discarica per lo smaltimento di rifiuti non pericolosi in contrada Cerratina del Comune di Lanciano.

Un primo diniego è stato annullato dalla V Sezione del Consiglio di Stato, con decisione 2 marzo 2009, n. 1160, in riforma di precedente sentenza di questo Tribunale 22 febbraio 2006, n. 129; ed in sede di rinnovazione è intervenuta ulteriore decisione 28 maggio 2010, n. 3423, della V Sezione del Consiglio di Stato, che, accogliendo il ricorso per l’ottemperanza proposto dall’interessata, ha assegnato all’Amministrazione il termine di trenta giorni per concludere il procedimento.

Con determinazione 8 luglio 2010, n. DR4/115, il Dirigente del Servizio Gestione dei Rifiuti della Regione Abruzzo ha, da ultimo, nuovamente rigettato l’istanza presentata dalla ricorrente.

La società ricorrente, ritenendo che tale atto era stato adottato in violazione o in elusione del giudicato formatosi sulla predetta sentenza del Consiglio di Stato, 2 marzo 2009, n. 1160, ha proposto nuovo ricorso per esecuzione del giudicato dinanzi al Consiglio di Stato.

Contestualmente, ipotizzando che il nuovo atto non era in realtà elusivo del giudicato, ha anche proposto ordinaria azione di annullamento con ricorso straordinario al Capo dello Stato, che ha lo stesso ed identico contenuto del predetto ricorso per l’ottemperanza; tale secondo ricorso è pervenuto a questo Tribunale, a seguito della sua trasposizione in sede giurisdizionale.

Nelle more di tale giudizio il ricorso per l’ottemperanza è stato respinto dalla V Sezione del Consiglio di Stato con sentenza 21 gennaio 2011, n. 441. Con tale pronuncia il Giudice dell’ottemperanza, dopo aver chiarito che la Regione aveva in realtà esaminato le problematiche connesse alla c.d. rivalutazione della questione della falda acquifera, ha rigettato il ricorso in ragione della "mancata confutazione del rilievo dell’atto in ordine all’impossibilità dell’allontanamento delle acque, punto che rappresenta l’unico interrogativo da risolvere a seguito delle decisioni n.1160 del 2009 e n. 3423 del 2010". Con tale decisione, cioè, il Consiglio di Stato, superando la questione pregiudiziale volta ad accertare se il nuovo atto non era o meno elusivo del giudicato, ha esaminato nel merito le doglianze dedotte, ritenendole prive di pregio dal momento che con il ricorso proposto non era stata confutata la ragione del nuovo diniego relativa "all’impossibilità dell’allontanamento delle acque".

Viene ora a decisione il ricorso, originariamente proposto dinanzi al Capo dello Stato, con il quale la società ha esperito un’ordinaria azione di annullamento di tale atto. Tale ricorso, come sopra evidenziato, è, tranne che per l’intestazione, perfettamente identico al ricorso per l’esecuzione del giudicato proposto dinanzi al Consiglio di Stato, che è già stato deciso nei termini sopra ricordati.

Ciò posto, ritiene il Collegio che – così come puntualmente eccepito dalle Amministrazioni resistenti – il ricorso in esame sia inammissibile per essere stato proposto in violazione dei principi del ne bis idem e dell’alternatività del ricorso straordinario al Capo dello Stato e del ricorso giurisdizionale.

Quanto al primo aspetto va, invero, evidenziato che la regola del "ne bis in idem", operante anche nel processo amministrativo, esclude che il giudice possa nuovamente pronunciarsi in relazione a motivi già proposti e decisi con una precedente sentenza (cfr., da ultimo, Cons. St., sez. V, 21 maggio 2010, n. 3218, e T.A.R. Calabria, sede Catanzaro, sez. II, 7 marzo 2011, n. 327, e 1 dicembre 2010, n. 2832, T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 17 maggio 2010, n. 316, T.A.R. Lazio, sede Roma, sez. III, 6 maggio 2010, n. 9939, e T.A.R. Lombardia, sede Milano, sez. III, 30 aprile 2010, n. 1212). E nel caso di specie i motivi dedotti, che – come già detto – sono identici a quelli ora all’esame, sono già stati analizzati e decisi con la predetta sentenza del Consiglio di Stato.

Quanto al secondo aspetto, deve ricordarsi che il divieto di prospettare con ricorso al Presidente della Repubblica questioni già proposte in sede giurisdizionale, previsto dal secondo comma dell’art. 8 del D.P.R. 24 novembre 1091, n. 1199, trova la sua giustificazione nella necessità di evitare decisioni contraddittorie, con conseguente sovrapposizione della decisione del ricorso straordinario alla decisione giurisdizionale. Tale principio di alternatività fra ricorso straordinario al Capo dello Stato e ricorso giurisdizionale presuppone, come è noto, l’identità della domanda proposta rispettivamente con i due rimedi, per cui opera necessariamente, come nel caso di specie, in caso impugnazioni aventi ad oggetto il medesimo atto (Cons. St, sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1181, sez. III, 15 novembre 2010, n. 1963, e sez. V, 10 maggio 2010, n. 2769).

E tale principio, va in aggiunta ricordato, trova applicazione anche nel caso di due impugnative rivolte dal medesimo soggetto avverso lo stesso atto, ancorché nei confronti di punti diversi di tale atto (Cons. St., sez. III, 25 maggio 2010, n. 2460) ed opera, in ogni caso, anche nelle ipotesi in cui gli atti impugnati in sede giurisdizionale siano distinti da quelli impugnati in sede straordinaria, ma riguardino la medesima situazione sostanziale, dovendo tale principio di alternatività essere inteso in senso sostanziale, nel senso cioè di privilegiare le esigenze di economia dei giudizi e di escludere che possano intervenire più pronunce in presenza di provvedimenti che costituiscano manifestazione di una potestà sostanzialmente unitaria (Cons. St., sez. III, 12 luglio 2010, n. 1749).

Ciò posto, ritiene il Collegio che l’impugnativa oggi all’esame non possa non essere dichiarata inammissibile in quanto l’atto in questa sede impugnato ha già costituito oggetto di altra impugnativa, decisa nel merito con la predetta sentenza dalla V Sezione del Consiglio di Stato 21 gennaio 2011, n. 441.

Sussistono, tuttavia, in relazione alla complessità della normativa applicabile alla fattispecie e delle questioni interpretative che tale normativa pone, giuste ragioni per disporre la totale compensazione tra le parti delle spese e degli onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo – Sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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