T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, Sent., 10-06-2011, n. 882 Impianti di ripetizione Radiocomunicazioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato in data 20/916.10.2010 e depositato in data 1.10.2010, la ricorrente società premetteva di essere fornitrice della "H3G spa" (già "Andala UMTS spa"), concessionaria del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni per l’espletamento del servizio pubblico di comunicazioni mobili di terza generazione, secondo lo standard UMTS, e per l’installazione della relativa rete sul territorio italiano, in virtù della Delibera n. 2/01/CONS del 10 gennaio 2001 dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 6, comma 6, lett. c) del D.P.R. 19 settembre 1997, n. 318.

Precisava che la "H3G spa", tenuta a progettare una propria rete radiomobile nel rispetto degli impegni prefissati dall’art. 8 della Delibera Autorità TLC 14 marzo 2001 n. 128/01/cons., aveva sottoscritto con la ricorrente "E.T. spa" il contratto Modificativo e Novativo del tipo "Turn Key" del 26.7.2005.

Evidenziava, quindi, che, secondo le clausole ivi previste, occorreva installare, su tutto il territorio nazionale, una rete radiomobile (assistita dalla dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza ai sensi dell’art. 4, comma 3, l. n. 249 del 1997), con specifici obblighi di copertura da garantire entro precisi termini, pena l’applicazione di sanzioni, suscettibili di poter comportare anche la revoca della licenza stessa.

Esponeva che aveva presentato istanza, presso l’intimato Comune di San Nicola Dell’Alto, per l’installazione di un impianto per la realizzazione di infrastrutture di comunicazione elettronica per un impianto radioelettrico con potenza inferiore a 20 Watt, da eseguirsi in località Pizzuta, in catasto NCT Foglio 1 porzione della particella 65, codice del sito KR9249, allegando la documentazione richiesta ed avendo anche ricevuto la nota prot. n. 842/NIRR/10 del 3.6.2010 dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (A.R.P.A.C.A.L.), attestante la conformità della D.I.A. e la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 e D.C.P.M 8 luglio 2003.

Con il presente ricorso, lamentava che, all’esito del procedimento così avviato, il Comune di San Nicola Dall’Alto, con nota prot. n. 2631 del 9.6.2010 del Responsabile dell’Area, pervenuta in data 14.6.2010, esprimeva parere negativo, rilevando che l’intervento proposto ricadrebbe su di un terreno con destinazione D2 del PDF (insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale) e che sia il traliccio che il manufatto sarebbero posti ad una distanza inferiore a quella prevista dalla vigente normativa urbanistica.

Precisava, infine, di aver presentato la diffida del 16/24.10.2004, intesa ad ottenere la revoca dell’impugnato provvedimento, cui, però, non era seguito alcun riscontro da parte del Comune.

Affidava, pertanto, il proprio gravame ai seguenti motivi di diritto:

1) Violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90 e successive modifiche ed integrazioni, anche con riferimento all’art. 10 bis; D. Lgs. n. 259/2003; legge n. 36/2001. Illegittimità derivata; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, illogicità, violazione del principio del giusto procedimento (avendo l’ente comunale provveduto ad esprimere parere negativo sulla richiesta di autorizzazione senza che fosse preceduto da alcun preavviso o atto equipollente).

Non sarebbe stato inviato il cosiddetto "preavviso di rigetto", essendo applicabile al caso di specie il procedimento previsto dall’art. 87 del D. Lgs n. 259 del 2003, trattandosi di impianto con potenza non superiore a 20 MW.

2) violazione e falsa applicazione del D. Lgs. n. 259/2003; legge n. 3672001; Violazione delle Direttive Comunitarie e legge n. 166/2002; Illegittimità derivata; eccesso di potere per sviamento, difetto e carenza di istruttoria, violazione del principio del giusto procedimento; travisamento dei fatti; contraddittorietà e illogicità della motivazione;

La nota prot. n. 2631 del 9.6.2010 del Responsabile dell’Area, che aveva espresso parere negativo, rilevando che l’intervento proposto ricadrebbe su di un terreno con destinazione D2 del PDF (insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale) e che sia il traliccio che il manufatto sarebbero posti ad una distanza inferiore a quella prevista dalla normativa vigente, oltre a violare la legge, difetterebbe di motivazione e non sarebbe supportata da idonea istruttoria, ai fini della dimostrazione della ragionevolezza della misura e della sua congruità rispetto al fine perseguito.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Non si costituiva il Comune intimato per resistere al presente ricorso.

Alla pubblica udienza del giorno 21 aprile 2011, il ricorso passava in decisione.
Motivi della decisione

1. Viene impugnata la nota prot. n. 2631 del 9.6.2010 del Responsabile dell’Area del Comune di San Nicola dell’Alto, pervenuta alla "E.T. s.p.a." in data 14.6.2010, contenente parere negativo in ordine all’autorizzazione alla installazione di un impianto radioelettrico in tecnologia MW con potenza minore/uguale 20 W, in località Pizzuta – identificato al NCT di Crotone al F.1 p.lla 65 (parte), codice sito KR 9249, motivata, sostanzialmente, in relazione alle circostanze secondo cui l’intervento proposto ricadrebbe su di un terreno con destinazione D2 del PDF (insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale) e secondo cui il traliccio ed il manufatto sarebbero posti ad una distanza inferiore rispetto a quella prevista dalla vigente normativa urbanistica.

Con il primo motivo, la ricorrente società deduce che non sarebbe stato inviato il cosiddetto "preavviso di rigetto", essendo applicabile al caso di specie il procedimento previsto dall’art. 87 del D. Lgs n. 259 del 2003, trattandosi di impianto con potenza non superiore a 20 MW.

Osserva il Collegio che, sebbene il suddetto profilo di illegittimità potrebbe essere suscettibile di valutazione positiva, con conseguente declaratoria di illegittimità dell’atto impugnato, l’ipotetica fondatezza dello stesso sarebbe, comunque, in grado di fare conseguire alla parte ricorrente una scarsa utilità, a fronte delle ragioni che potrebbero emergere in sede di disamina dell’altro mezzo (sostanziale) di gravame. Ne discende l’esigenza di derogare all’ordinaria graduazione logica dei motivi di impugnazione: non si verifica, d’altronde, alcuna concreta lesione del "principio della domanda", dal momento che parte ricorrente si è astenuta dal richiedere il prioritario accoglimento della censura in questione, attesa la minima satisfattività di un ipotetico accoglimento della stessa rispetto al contenuto sostanziale del bene della vita al cui conseguimento la ricorrente società aspira.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente "E.T. s.p.a." deduce che la nota impugnata prot. n. 2631 del 9.6.2010 del Responsabile dell’Area, che ha espresso parere negativo, rilevando che l’intervento proposto ricadrebbe su di un terreno con destinazione D2 del PDF (insediamenti produttivi di tipo industriale e artigianale) e che sia il traliccio che il manufatto sarebbero posti ad una distanza inferiore a quella prevista dalla normativa vigente, oltre a violare la legge, difetterebbe di motivazione e non sarebbe supportata da idonea istruttoria, ai fini della dimostrazione della ragionevolezza della misura e della sua congruità rispetto al fine perseguito, anche considerando che le esigenze di tutela dell’ambiente e della salute sarebbero pienamente assicurate dai poteri di "controllo" e di "intervento", assegnati all’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente, nell’ambito dello "schema procedimentale" previsto.

Il cosiddetto "Codice delle Comunicazioni Elettroniche", approvato con D. Lgs. 1.8.2003, n. 259, con gli artt. 86, 87 e 88, con riferimento alle infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, affronta i molteplici profili di interesse pubblico coinvolti e prevede lo svolgimento di apposite conferenze di servizi, per un adeguato coordinamento di tali interessi, con finale rilascio – in forma espressa o tacita – di un titolo abilitativo, qualificato come autorizzazione, in coerenza con i criteri – rilevanti anche sul piano comunitario – di semplificazione amministrativa, mediante la confluenza in un solo procedimento di tutte le tematiche rilevanti, pur senza cancellare l’incidenza delle installazioni stesse sotto il profilo urbanisticoedilizio, tenuto conto della concreta consistenza dell’intervento e senza esclusione di eventuali conseguenze penali, connesse ad ipotesi di abusivismo, ex art. 44 D.P.R. n. 380/01 (cfr. in tal senso Corte Cost. 28.3.2006, n. 259; Corte Cost. 18.5.2006, ord. n. 203).

L’art. 86, comma 3, del precitato D.Lgs n. 259/2003 stabilisce che tutte le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui anche gli impianti di telefonia mobile, "sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, DPR n. 380/2001, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori".

Il D.Lgs. 6.6.2001 n. 378 (Testo Unico dell’Edilizia), con l’art. 3, comma 1°, lett. e. 3) ed e. 4) prescrive, per "l’installazione di torri e tralicci per impianti radioricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione" – espressamente catalogata come intervento di nuova costruzione – il permesso di costruire, introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione edilizia, ai sensi del successivo art. 10, comma 1.

L’art. 87 del suddetto D. Lgs n. 259/2003 richiede, per il caso di installazione di impianti, con tecnologia UMTS od altre, con potenza in singola antenna uguale od inferiore ai 20 Watt, la mera denuncia di inizio attività, conforme ai modelli predisposti dagli Enti locali e, ove non predisposti, "al modello B di cui all’allegato n. 13", conformemente alla "ratio acceleratoria", desumibile anche dai criteri di delega contenuti nell’art. 41 della legge n. 166/2002.

Appare, quindi, coerente con i principi generali dell’ordinamento nazionale e comunitario ritenere che, per effetto della disciplina sopravvenuta di cui all’art. 87 D.Lg.vo n. 259/2003, sia stato implicitamente abrogato, per incompatibilità, l’art. 3, comma 1, lett. e. 3) ed e. 4) del DPR n. 380/2001, nella parte in cui qualifica gli impianti di telecomunicazioni come "nuova costruzione", richiedenti, ai sensi del successivo art. 10 DPR n. 380/2001, il previo rilascio del permesso di costruire (conf.: Cons. Stato. Sez. VI, sent. n. 5044 del 17.10.2008; Cons. Stato Sez. VI: sent. n. 3534 del 15.6.2006; sent. n. 4000 del 26.7.2005; sent. n. 100 del 21.1.2005; TAR Napoli Sez. VII sent. n. 2702 del 22.3.2007; TAR Lecce Sez. II sent. n. 4279 del 22.8.2006).

Invero, l’espressa assimilazione normativa fra le stazioni radio base e le opere di urbanizzazione primaria, statuita dall’art. 86, comma 3, del D. Lgs n. 259/2003 rende l’installazione di tali manufatti compatibile con qualunque destinazione di zona ed assoggettata alle sole prescrizioni di cui all’art. 87 del D. Lgs n. 259/2003 e non anche alle previsioni generali di cui all’art. 3 del D.P.R. n. 380/2001.

Pertanto, come correttamente rilevato dalla ricorrente, l’art. 87 bis del D. Lgs n. 259/2003 (introdotto dall’art. 5 bis del D. L. 25.3.2010 n. 40) delinea un procedimento, per il caso in cui l’impianto radio base abbia potenza in singola antenna superiore ai 20 Watt, con riferimento al quale il gestore di telefonia mobile deve chiedere "autorizzazione alla installazione", ed un procedimento semplificato, per il caso in cui la predetta potenza sia uguale o inferiore ai 20 Watt, per il quale si richiede la mera "denuncia di inizio attività", trasmessa alle amministrazioni competenti (Comune e Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale).

E’ questo secondo il procedimento pacificamente applicabile al caso che occupa.

Secondo il quadro emergente della giurisprudenza costituzionale, è consentito alle regioni ed ai comuni, ciascuno per la sua competenza, introdurre criteri localizzativi degli impianti de quibus, nell’ambito della funzione di definizione degli "obiettivi di qualità", consistenti in criteri localizzativi, di cui all’art. 3, comma 1, lettera d, ed all’art. 8, comma 1, lettera e, e comma 6 della legge quadro, mentre non è consentito introdurre limitazioni alla localizzazione (conf.: Corte Cost.: 7.10. 2003 n. 307; 7.11.2003, n. 331; 28 marzo 2006, n. 129).

Coerentemente, vanno considerati criteri localizzativi (legittimi, ancorché espressi "in negativo") i divieti di installazione su ospedali, case di cura e di riposo, scuole e asili nido, siccome riferiti a specifici edifici, mentre vanno ritenute limitazioni alla localizzazione (vietate) i criteri distanziali generici ed eterogenei, quali la prescrizione di distanze minime, da rispettare nell’installazione degli impianti, dal perimetro esterno di edifici destinati ad abitazioni, a luoghi di lavoro o ad attività diverse da quelle specificamente connesse all’esercizio degli impianti stessi, di ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, nonché di immobili vincolati ai sensi della legislazione sui beni storicoartistici o individuati come edifici di pregio storicoarchitettonico, di parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate ed impianti sportivi.

Ritiene, quindi, il Collegio, alla stregua dei superiori principi che il Comune di S. Nicola Dell’Alto potrebbe dotarsi di un Piano o di un Regolamento di localizzazione degli impianti di telefonia mobile, ex art. 8, comma 6, L. n. 36/2001 e art. 5 L.R. n. 30/2000, purchè finalizzato a consentire il completamento della rete cellulare e l’efficace copertura di tale servizio su tutto il territorio comunale e non a porre inammissibili limitazioni di localizzazione.

Invero, alla stregua dei superiori principi, nella specie, il Comune non poteva giustificare il parere negativo della procedura edilizia decisa con la nota gravata, in contrasto proprio con le esigenze di speditezza propria di tale settore, che oggi hanno trovato testuale riscontro negli artt. 87 e 87 bis del D. Lgs n. 259 del 2003 (ex plurimis (cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. II, 9816/2007, TAR Campania, Sez. VII, 29.5.2006, n. 6199; TAR Abruzzo, 15.6.2006, n. 420; TAR Puglia, Sez. Lecce, 3.11.2006, n. 5142).

Va, infine, precisato che detto arresto procedimentale non poteva neppure essere giustificato in riferimento alle esigenze di tutela della salute della popolazione del Comune (di cui, comunque, non vi è traccia nel corpo motivazionale del provvedimento impugnato), atteso che, ai sensi dell’art. 4 della legge 22.2.2001 n. 36, la materia della salute pubblica inerente all’esposizione ai campi elettromagnetici è riservata alla competenza dello Stato e non del comune (cfr.: Cons. Stato, Sez. VI, 20.12.2002 n. 7274).

Invero, nella specie, le accertate violazioni di legge e discrasie rispetto al paradigma procedimentale previsto dalla legge si traducono anche in un deficit motivazionale ed istruttorio, considerato, in particolare che, nella specie, era intervenuta la nota prot. n. 842/NIRR/10 del 3.6.2010 dell’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria (A.R.P.A.C.A.L.), attestante la conformità della D.I.A. e la compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità di cui alla legge 22 febbraio 2001 n. 36 e D.C.P.M 8 luglio 2003.

Pertanto, la censura merita adesione.

3. Può essere, quindi, esaminato il primo profilo di gravame, con cui parte ricorrente deduce omessa comunicazione del cosiddetto "preavviso di rigetto", ai sensi dell”art. 10bis della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 15 del 2005.

La previsione trova applicazione con riferimento a tutti i procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione di quelli espressamente esclusi (procedure concorsuali e procedimenti in materia previdenziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali) e, quindi, anche nel caso di specie.

Al riguardo, giova rilevare che la norma di carattere processuale di cui all’art. 21octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990 ha inteso escludere la possibilità di annullare un provvedimento (comunque illegittimo) quando ricorrano necessariamente tutti questi elementi: a) violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti; b) natura vincolata del provvedimento; c) essere "palese" che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

La seconda parte della norma è relativa ad un tipico vizio procedimentale (art. 7 della legge n. 241/90: violazione dell’obbligo di avvio del procedimento) e prevede che il provvedimento non sia annullabile "qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Nel caso di specie, esclusa l’applicabilità dell’art. 7 della legge n. 241/90, può trovare applicazione soltanto la prima parte dell’art. 21octies, comma 2, della legge n. 241 del 1990.

Ed invero, dalla illegittimità del provvedimento impugnato, discende che, se la P.A. avesse inviato il cosiddetto "preavviso di rigetto", le osservazioni di parte ricorrente avrebbero potuto condurre ad una diversa decisione amministrativa.

Pertanto, anche questa censura (di carattere formale) può trovare accoglimento.

In definitiva, il ricorso si appalesa fondato e va accolto e, per l’effetto, va annullato l’impugnato provvedimento.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’impugnato provvedimento.

Condanna il Comune di San Nicola dell’Alto al pagamento delle spese e degli onorari del presente giudizio, che liquida, complessivamente e forfettariamente, in Euro. 1000 (euro mille), oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2011 con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Romeo, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere, Estensore

Vincenzo Lopilato, Referendario

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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