Cass. civ. Sez. V, Sent., 13-10-2011, n. 21085 Accertamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Catania il fallimento della società Jonica Cucine Componibili srl, impugnava l’avviso di accertamento in rettifica della dichiarazione relativa all’Iva per l’anno 1992, e con il quale l’amministrazione comunicava di avere accertato un maggiore imponibile per operazioni in nero; e ciò sulla scorta della verifica svolta da agenti della polizia tributaria. Esso deduceva che le scritture contabili erano regolari, e perciò i presupposti di quell’accertamento mancavano.

Instauratosi il contraddittorio, l’ufficio eccepiva l’infondatezza dell’opposizione, posto che il procedimento seguito era stato regolare sulla scorta della verifica svolta a suo tempo dalla polizia tributaria, le cui risultanze erano state riprodotte nell’atto impositivo, per la riscontrata carenza di fatture e della relativa registrazione, nonchè per il ricarico operato con la media ponderale.

Il giudice adito, in accoglimento di esso, annullava l’avviso di accertamento. Avverso la relativa decisione l’agenzia delle entrate proponeva appello, cui il contribuente resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. stacc. della stessa sede, la quale lo rigettava con sentenza n. 280 del 21.9.2004, osservando che l’ufficio non avrebbe fornito la prova della sua pretesa, che perciò non poteva basarsi su una doppia presunzione.

Contro questa decisione l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, mentre il fallimento della Jonica non ha svolto alcuna difesa.
Motivi della decisione

1) Col primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in quanto la CTR non considerava che la rettifica si basava sulla verifica della polizia tributaria, e in particolare sulle indagini incrociate sui rappresentanti della società, che avevano ricevuto le provvigioni senza rilasciare fattura, nonchè sulle forniture acquisite in nero dalla Jonica, che peraltro non aveva regolarizzato la contabilità nemmeno al momento del pagamento delle prestazioni ricevute. Peraltro la CTR era caduta nel vizio di estrapetizione, atteso che nemmeno il contribuente aveva mai sollevato la relativa doglianza inerente alla c.d. doppia presunzione.

La doglianza è inammissibile per genericità, atteso che corrente ha addotto delle circostanze, tra cui il vizio di estrapetizione, senza tuttavia indicare sia le parti specifiche del ricorso introduttivo, sia soprattutto i punti precisi del ricorso in appello enunciati al giudice del gravame, onde mettere la Corte nella condizione di vagliare le argomentazioni da cui il giudice si sarebbe discostato o addirittura sui quali avrebbe pronunciato oltre il devoluto. Tale lacuna impedisce al Collegio di delibare la fondatezza o meno della censura, per la sua pregiudizialità. 2)Col secondo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa e/o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, giacche il giudice di appello non considerava che l’avviso di accertamento in rettifica si basava sugli esiti della verifica fiscale degli agenti di polizia tributaria, e in particolare proprio sulla contabilità della società sottoposta a verifica, sicchè i presupposti per quell’avviso sussistevano, basandosi su operazioni non contabilizzato e su un ricarico fondato a maggior ragione su merce prodotta specificamente su commissione. Anche per tale motivo va rimarcato quanto osservato con riferimento al primo, trattandosi di censura anch’essa generica, affetta dallo stesso vizio di quello precedente.

3) Col terzo motivo la ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, commi 2 e 3, artt. 2697 e 2727 c.c., poichè il secondo giudice non considerava che la rettifica si basava sulla verifica della polizia tributaria ed inoltre sulla stessa contabilità della società fallita, che, lungi dall’essere tenuta in modo regolare, denotava invece notevoli aporie di registrazione delle varie operazioni. Le precedenti considerazioni valgono pure per tale censura.

Ne deriva che il ricorso va rigettato.

Quanto alle spese del giudizio, non si fa luogo ad alcuna statuizione, stante la mancata attività difensiva del fallimento intimato.
P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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