Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 09-06-2011, n. 23340 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Corte d’appello di Reggio Calabria ha accolto l’istanza avanzata da M.G., intesa ad ottenere l’equa riparazione per l’ingiusta detenzione; ed ha liquidato l’indennizzo nella misura di 180 Euro per ciascun giorno di restrizione e quindi in complessivi 161.100 Euro.

2. Ricorre per cassazione il richiedente lamentando che erroneamente si è limitata l’entità dell’indennizzo per via delle precedenti condanne. La considerazione di tali elementi di giudizio di carattere negativo avrebbe dovuto essere comunque bilanciata da dati di segno contrario come la durata della detenzione, protrattasi per 895 giorni, e le conseguenze personali e familiari.

2.1 L’Avvocatura dello Stato ha presentato una memoria.

3. Il ricorso è infondato. L’ordinanza impugnata evoca la nota giurisprudenza di questa Suprema Corte circa il criterio aritmetico di determinazione dell’indennizzo (235,82 Euro al giorno) che copre tutte le possibili, tipiche conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla detenzione; e che può subire rimaneggiamenti verso l’alto o verso il basso per via di particolari circostanze del caso concreto.

Nel caso in esame, si aggiunge, l’unica conseguenza specifica viene dal ricorrente connessa all’obbligo di dimora imposto a seguito della scarcerazione per decorrenza dei termini. A tale ultimo riguardo la stessa Corte considera che la normativa lega l’equa riparazione solo alla detenzione carceraria o domiciliare e non alle altre misure coercitive. Si ritiene piuttosto che la misura standard dell’indennizzo debba essere ridotta a 180 Euro giornalieri avendo il richiedente già riportato pregiudizi penali con condanne a pena detentiva: si fa ad esempio riferimento ad una condanna a tre anni di reclusione per tentata estorsione. Le precedenti esperienze carcerarie determinano una minore afflizione connessa alla rinnovata restrizione e giustificano la decurtazione dell’indennizzo.

Tali valutazioni sono immuni da censure. La giurisprudenza di questa Corte suprema è da tempo consolidata nel senso indicato dal giudice di merito; e non vi è dubbio che misure cautelari diverse da quelle detentive non possono essere in alcun modo indennizzate, come emerge dal tenore letterale dell’art. 314 cod. proc. pen..

Quanto alla precedente restrizione, occorre ribadire la precedente condivisa giurisprudenza di questa Suprema Corte secondo cui le pregresse esperienze carcerarie, la dimestichezza con l’ambiente detentivo, possono in qualche misura mitigare la sofferenza connessa alla privazione di libertà: si tratta di compiere una valutazione non di maniera o automatica, bensì connessa alle contingenze concrete. Tale valutazione nella specie non difetta, essendosi fatto riferimento alle concrete e significative esperienze penitenziarie connesse alle precedenti condanne.

Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. Appare congruo compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Compensa le spese tra le parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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