T.A.R. Campania Napoli Sez. II, Sent., 10-06-2011, n. 3079 Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la sentenza della quale si chiede l’esecuzione è stato annullato ad istanza degli odierni ricorrenti il permesso di costruire n. 53 dell’11.9.2008 rilasciato dal Comune di Sant’Antimo a favore di terzi per la realizzazione di "un locale al primo piano avente funzione di isolamento termicoacustico alla via C. Monteverdi n.11".

La sentenza è stata notificata alle controparti, risulta appellata in Consiglio di Stato dal controinteressato, ma la sospensione della sentenza stessa, pur essendo stata domandata non è stata ancora concessa, né risulta fissata la data di discussione della camera di consiglio presso il giudice di appello.

Il ricorso pende per la decisione dell’appello.

L’odierna azione è proposta per la esecuzione della sentenza di primo grado, lamentando parte ricorrente che l’amministrazione non ha provveduto ad ordinare la riduzione in pristino delle opere oggetto del permesso di costruire (in aggiunta alla parte autoesecutiva riguardante il contenuto di annullamento della sentenza).

Il Comune di Sant’Antimo non si è costituito in giudizio.

Si sono costituiti in giudizio i controinteressati che, con memoria depositata il 2 maggio 2011, hanno evidenziato di aver proposto istanza di sospensione della esecuzione della sentenza n. 7158/2010 innanzi al Consiglio di Stato e la infondatezza della richiesta di esecuzione.

Alla camera di consiglio del 5.5.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Deve preliminarmente dichiararsi la ammissibilità dell’azione proposta, atteso che l’azione di esecuzione risulta proponibile anche nei confronti di sentenza di primo grado non sospesa dal giudice di appello.

Osserva il Collegio che ai sensi degli artt. 112 e 114 del D.Lgs 104/2010 in tale fattispecie è chiamato ad esercitare i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza: l’art. 112, secondo comma, in particolare dispone che "L’azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l’attuazione:

a) delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato;

b) delle sentenze esecutive e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo;

(…)".

Nel merito la domanda merita favorevole considerazione.

Va rammentato che con la pronuncia da eseguire è stata pronunciata la illegittimità del permesso di costruire n. 53 dell’11 settembre 2008, con cui è stata assentita ai vicini la realizzazione di una sopraelevazione.

È utile riportare il passo della sentenza de qua:

"Si palesa fondata, oltre che assorbente, la censura dedotta con il secondo motivo, con cui si lamenta che l’opera progettata al primo piano, impropriamente qualificata come sottotetto termico non abitabile, non può rientrare nella destinazione dichiarata né è sussumibile nel concetto di volume tecnico, che comprende esclusivamente le porzioni di fabbricato destinate ad ospitare impianti, legati da un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzazione dello stesso.

Come si evince dagli elaborati progettuali allegati all’istanza edificatoria, il locale in argomento misura mt. 15,80 x 15,50, presenta un solaio di copertura piano ed ha altezza costante di m.2,20, è dotato di ampio terrazzo e di varie finestre nonché di ulteriore torrino in elevazione. In realtà, come chiarito dalla Sezione in analoghe fattispecie (cfr. T.A.R. Campania, II Sezione, 3 febbraio 2006 n.1506 e 29 giugno 2007, n. 6382), tenuto conto delle caratteristiche costruttive, della rilevante superficie ed altezza nonché della presenza di un’ampia balconata e di finestre, esso integra piuttosto un nuovo organismo edilizio autonomamente utilizzabile, sostanziandosi in un piano di copertura oggettivamente suscettibile di uso abitativo. Invero, ai fini della qualificazione di una costruzione, rilevano le caratteristiche oggettive della stessa, prescindendosi dall’intento dichiarato dal privato di voler destinare l’opera ad utilizzazioni più ristrette di quelle alle quali il manufatto potenzialmente si presta (cfr. Consiglio di Stato, V Sezione, 21 ottobre 1992 n.1025 e 13 maggio 1997 n. 483; T.A.R. Campania, IV Sezione, 12 gennaio 2000 n.30; II Sezione, 3 febbraio 2006 n. 1506).

In definitiva, viene in rilievo una nuova costruzione, secondo la definizione contenuta nell’art.3, comma 1, lettera e.1), del d.P.R. n.380 del 2001 – che peraltro prevale sulle contrarie disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, ai sensi del secondo comma dello stesso art. 3 – la cui cubatura, pertanto, va computata nel conteggio della volumetria complessiva…".

Tanto premesso, la questione sulla quale il Collegio è chiamato a pronunciarsi è se l’esecuzione della sentenza comporti anche la attività sanzionatoria volta alla riduzione in pristino del manufatto realizzato sulla base del permesso di costruire annullato.

Così definito l’oggetto della controversia, occorre, innanzitutto, decifrare il contenuto dell’effetto conformativo derivante dal giudicato di annullamento del titolo edilizio originario, onde verificarne il rispetto da parte dell’amministrazione comunale, nella censurata attività (o, meglio, inattività) successiva, ovvero l’inosservanza.

In via generale, l’annullamento di un assenso edilizio per il riscontrato, insanabile conflitto con il regime costruttivo di riferimento, impone all’amministrazione comunale l’adozione di provvedimenti sanzionatori a carico dell’autore dell’intervento realizzato in assenza del necessario titolo (siccome rimosso in via giurisdizionale) e, in particolare la sanzione pecuniaria e la restituzione in pristino (art. 38 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).

Invero, l’esecuzione della sentenza di annullamento consta non solo della presa d’atto dell’annullamento disposto in sentenza e di per sé immediatamente esecutivo (c.d. effetto autoesecutivo della decisione), ma anche dell’effetto ripristinatorio, conseguenza diretta della sentenza di annullamento di un atto dell’amministrazione a contenuto eliminatorio, ripristinandosi la situazione qua ante, nonché dell’effetto conformativo, quest’ultimo in relazione alla successiva azione dell’amministrazione attraverso la quale deve conformarsi al dictum del giudice e non deve reiterare attività sanzionata con l’annullamento giudiziale (T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 9 marzo 2006, n. 801).

Occorre evidenziare, altresì, che una decisione come quella di cui si chiede l’esecuzione comporta l’irrogazione di una delle sanzioni previste per il caso di costruzione senza titolo, non esclusa la possibilità di provvedere conformando diversamente la situazione di fatto alla normativa urbanistica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 26 maggio 1997, n. 563).

Tutto ciò comporta, a parere del Collegio, che l’Amministrazione comunale sia tenuta a dare concreta ottemperanza al giudicato in argomento, procedendo a un riesame dell’intera vicenda per giungere al ripristino dell’ordine giuridico violato, mediante una decisione assunta in coerenza con le regole sopra evidenziate.

Il che comporta che la stessa, ai sensi dell’art. 38 del d.P.R. 380/2001, debba procedere alla demolizione coattiva delle opere edilizie realizzate, ovvero, sussistendo un interesse pubblico contrario, all’applicazione di altra sanzione, secondo le previsioni delle vigenti norme in materia di abusi edilizi.

È altresì possibile che essa proceda a conformare diversamente la situazione di fatto alla normativa urbanistica con riferimento agli strumenti vigenti all’epoca di notifica della sentenza del Consiglio di Stato, dando conto in particolare, attraverso un giudizio che implica anche valutazioni di interesse pubblico, della compatibilità delle opere realizzate con gli stessi strumenti urbanistici, con particolare riferimento alla questione concernente la volumetria residenziale realizzata.

Ai fini del conseguimento dell’effetto ripristinatorio, deve quindi ordinarsi al Comune intimato di emettere i provvedimenti conseguenti all’annullamento del titolo edilizio, alla luce di quanto sopra rappresentato.

A tal fine si assegna all’amministrazione comunale il termine di giorni 45 per l’esecuzione della sentenza, provvedendo sulla istanza di parte ricorrente; in caso di persistente inottemperanza si farà luogo alla nomina di un commissario ad acta che si indica sin d’ora nella persona del Prefetto di Napoli o funzionario delegato.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti..
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, così provvede:

accoglie la domanda e per l’effetto ordina all’amministrazione comunale di dare completa esecuzione alla sentenza in epigrafe, nei sensi di cui in motivazione, entro il termine di giorni 45 dalla comunicazione della presente sentenza, o dalla notifica a cura di parte, se anteriore.

In caso di persistente inottemperanza si farà luogo alla nomina di un commissario ad acta che si indica sin d’ora nella persona del Prefetto di Napoli o funzionario delegato.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Spese compensate, ad eccezione del compenso per l’eventuale opera del Commissario che verrà liquidato a sua richiesta con separata ordinanza e che si pone sin d’ora a carico dell’Amministrazione che con la sua inerzia vi avrà dato luogo.

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