Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 09-06-2011, n. 23337

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Ricorre per cassazione l’avv. Enrico Mastropietro del Foro di Bergamo, quale difensore di fiducia di M.R., avverso l’ordinanza in data 27.11.2009 della Corte di Appello di Brescia che rigettava l’istanza di restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza del giudice monocratico del Tribunale di Bergamo del 28.4.2009, adducendo di avere incaricato il proprio difensore di fiducia (all’epoca avv. Mandati), il quale, in conseguenza di un proprio errore (come dal medesimo ammesso nella missiva allegata all’istanza) non aveva dato seguito al mandato ricevuto, ritenendo che il termine per la formulazione dell’appello decorresse dalla notifica dell’avviso di deposito della sentenza che nella specie, però, non era dovuto essendo stata la sentenza pronunciata in presenza dell’imputata.

Deduce il ricorrente che la Corte territoriale, nel respingere la richiesta, aveva fatto riferimento ad un orientamento della S.C. superato da quello della Sez. 6^, n. 35149 del 26.6.2009 (Rv. 244871) che richiamava anche la giurisprudenza della CEDU. Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso, in via principale, per la rimessione della decisione alle Sezioni Unite e, in subordine, per l’inammissibilità del ricorso.

Il ricorso è infondato.

L’orientamento di questa Sezione, con la sentenza n. 45364 del 18.9.2003 (Rv. 226836), al quale si è rimenato il Giudice a quo, non appare diametralmente opposto a quello della 6^ Sezione richiamato dalla ricorrente.

Con la prima pronuncia si è affermato che "In tema di restituzione nei termini, non possono configurarsi come caso fortuito o forza maggiore nè la detenzione dell’imputato, nè l’errore di fatto commesso da chi ha proposto l’istanza, giudicata inammissibile, essendo all’imputato consentito di proporre le istanze, le dichiarazioni e le impugnazioni autorizzate dalla legge con atto ricevuto dal direttore dello stabilimento, nè l’erroneo espletamento dell’incarico da parte del difensore, salvo che quest’ultimo, come espressamente previsto nell’art. 175 c.p.p., comma 1, non si sia personalmente trovato nella situazione di caso fortuito o forza maggiore".

Con la seconda, invece, si è stabilito che "E’ illegittimo il diniego della richiesta di restituzione in termini per la presentazione dei motivi di appello ex art. 175 cod. proc. pen., quando l’omesso adempimento dell’incarico di proporre impugnazione da parte del difensore di fiducia, non attivatosi contrariamente alle aspettative dell’imputato, sia stato determinato da una situazione di imprevedibile ignoranza della legge processuale penale, tale da configurare un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore.

(Fattispecie in cui l’imputato aveva reiteratamente presentato una dichiarazione di appello all’ufficio matricola della casa circondariale ove si trovava ristretto, riservando i motivi al difensore di fiducia che l’aveva assistito in primo grado)".

Quindi, a ben vedere, l’unica concreta differenza risiede nella valutazione della mancata attivazione del difensore in conseguenza di una situazione di caso fortuito o forza maggiore in cui la più recente pronunzia inquadra anche la "imprevedibile ignoranza della legge processuale penale", oltre che al richiamo alla giurisprudenza della Corte Europea per Diritti dell’Uomo (in conformità alla quale il giudice nazionale deve interpretare le norme interne), laddove aveva affermato che il Giudice nazionale ha il dovere di "restaurare i diritti processuali fondamentali dell’imputato quando le carenze difensive siano manifeste e siano segnalate alla sua attenzione".

Insomma, persino "la marchiana ignoranza di basilari regole in tema di decorrenza dei termini di impugnazione che qualsiasi abilitato alla professione legale, esercitante nel settore penale, deve conoscere", e non già, come in astratto ipotizzabile, una malattia invalidante del difensore di fiducia o altra circostanza addebitabile a terzi (cancelleria, etc.), varrebbe a costituire forza maggiore o caso fortuito, ai sensi dell’art. 175 c.p.p., comma 1, intesi, dunque, in senso ben diverso dall’accezione tradizionale per effetto esclusivamente della richiamata giurisprudenza della CEDU. Orbene, ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia correttamente ritenuto che non si vertesse in caso di forza maggiore, con motivazione congrua ed esente da vizi di sorta, come tale insindacabile in questa sede (Sez. 3^, n. 19918, del 14.4.2010, Rv.

248494).

Del resto, recentemente, è stato affermato che "non integra forza maggiore nè caso fortuito e, quindi, non legittima la richiesta di restituzione nel termine, l’inadempimento dell’incarico da parte del difensore di fiducia consistito nella mancata comparizione all’udienza preliminare a causa della tardiva comunicazione della data dell’udienza da parte del collega di studio, cui l’avviso era stato tempestivamente notificato, in quanto incombe sull’imputato l’onere di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito.

(In motivazione la Corte ha inoltre precisato che risultava colpevole tanto il collega di studio che aveva dimenticato di consegnare l’atto, che il difensore che aveva fatto affidamento sul collega)" (Cass. pen. Sez. 3^, n. 17964 dell’ 8.4.2010, Rv. 247158).

E persino le Sezioni Unite di questa Corte (n. 14991 del 11.4.2006, Rv. 233419), con riferimento al difensore di ufficio, con il quale il rapporto fiduciario è per definizione inesistente, ha ritenuto che "in materia di restituzione nel termine, la condotta del difensore d’ufficio che, in violazione degli obblighi di diligenza, abbia omesso di informare il difensore di fiducia circa il mancato accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza e non abbia presentato tempestiva impugnazione in qualità di sostituto ex art. 102 cod. proc. pen., non può essere considerata, per gli effetti dell’art. 175 c.p.p., comma 1, ipotesi di caso fortuito, nè di forza maggiore. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che il difensore di fiducia, con un comportamento improntato a normale diligenza, come quello di recarsi presso la cancelleria del giudice per chiedere informazioni, avrebbe potuto conoscere per tempo che era stata pronunciata sentenza di condanna e presentare impugnazione)".

A fortiori, deve ritenersi che la "marchiana ignoranza" del difensore di fiducia, non possa rientrare nei concetti di caso fortuito o forza maggiore: del resto, non può certo snaturarsi l’accezione sedimentata nel nostro ordinamento giuridico di forza maggiore e di caso fortuito solo in ossequio al dovere, sancito dalla giurisprudenza della CEDU, di "restaurare i diritti processuali dell’imputato" per carenze difensive dipendenti non già dalla struttura o patologie del processo italiano (mancata nomina o disinteresse del difensore di ufficio, ovvero omesse notifiche di avvisi o altro) bensì da "marchiana ignoranza" del difensore di fiducia, cioè di professionista appositamente scelto intuitu personae dall’imputato, essendo l’ignoranza, marchiana o meno, comunque effetto di carenza di studio e dell’omessa documentazione e, quindi, imputabile esclusivamente a negligenza del difensore e non già dipendente da una vis cui resisti non potest in cui si sostanzia la forza maggiore o da un avvenimento imprevisto e imprevedibile che si inserisce d’improvviso nell’azione del soggetto e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all’attività psichica dell’agente, in cui si sostanzia il caso fortuito.

Consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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