Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 09-06-2011, n. 23281

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1.02.2007 il G.I.P. del Tribunale di Patti, in composizione monocratica, ha ritenuto F.T. responsabile del reato di tentato furto aggravato per aver tentato di impossessarsi in data (OMISSIS) di numero tre pantaloni esposti per la vendita all’interno del negozio di abbigliamento "Stock House" di (OMISSIS), di proprietà di A.G., sottraendoli dal bancone di vendita;con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose ovvero staccando dai predetti capi di abbigliamento i relativi sensori anti-taccheggio e con l’uso di mezzo fraudolento consistito nell’occultarli (due all’interno della sua borsa e il terzo sotto i pantaloni che indossava). L’evento non si era verificato per cause indipendenti dalla sua volontà, essendo comunque scattato il dispositivo sonoro anti-taccheggio nel momento in cui la predetta si accingeva ad uscire dal predetto esercizio commerciale. Il Tribunale l’aveva condannata alla pena di quattro mesi di reclusione ed Euro 100,00 di multa, riconosciute le circostanze attenuanti generiche considerate equivalenti alla contestata aggravante ed applicata la riduzione per il rito.

Avverso tale decisione ha proposto appello il difensore dell’imputata. La Corte di Appello di Messina, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 23.04.2010, confermava la sentenza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Patti e condannava l’imputata al pagamento delle spese del grado.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina F.T. proponeva ricorso per Cassazione a mezzo del suo difensore, e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.

All’udienza pubblica del 15/04/2011 il ricorso era deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.
Motivi della decisione

La ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) e lett. e) in relazione all’art. 625 c.p., n. 2 – motivazione insufficiente, carente e contraddittoria in ordine alla circostanza della violenza sulle cose. Ad avviso della ricorrente erroneamente i giudici di appello avevano ritenuto sussistente l’aggravante de qua sulla base della rimozione che sarebbe stata fatta dall’imputata della placca antitaccheggio su due dei tre pantaloni oggetto del tentato furto.

Secondo la difesa della F., infatti, essendo il tentato furto espressione di un’azione unitaria, sarebbe del tutto ininfluente l’assenza rilevata,stante la regolare presenza del dispositivo antitaccheggio su di un solo paio di pantaloni. Non potrebbe quindi riconoscersi la sussistenza dell’aggravante della violenza sulle cose se non con riferimento all’intero compendio unitariamente considerato. L’assenza di tale circostanza aggravante, unitamente a quella dell’uso di mezzo fraudolento, determinerebbe pertanto l’improcedibilità per difetto di querela, configurandosi il tentato furto come semplice.

2) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 625 c.p.p., n. 2 – difetto di motivazione in ordine alla circostanza del mezzo fraudolento. Secondo la difesa della ricorrente tale circostanza non era applicabile alla fattispecie de qua, dal momento che il supermercato è dotato di sistemi antifurto basati sull’apposizione di bande o placche antitaccheggio sui prodotti in esposizione e sulla presenza di barriere di rilevamento ad ogni varco di uscita. Il semplice occultamento della merce addosso alla persona o all’interno di una borsa sarebbe quindi una condotta assolutamente inidonea ad eludere la vigilanza del personale addetto, essendo destinata a far scattare l’allarme, come appunto è avvenuto nella fattispecie in oggetto.

3) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’ art. 624 c.p. e all’art. 530 c.p.p., comma 2. Difetto di motivazione in ordine al secondo motivo di appello. Secondo la difesa della F. la sentenza impugnata sarebbe motivata in maniera apodittica e generica laddove non aveva ritenuto che lo stato confusionale in cui si era travata la donna, che ben poteva spiegare la sua condotta, era stato determinato dalla notizia che aveva appreso dalla sorella che le aveva telefonato sul suo telefono cellulare e le aveva riferito in merito alle cattive condizioni della madre.

4)Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. a) e b) in relazione agli artt. 56, 132 e 133 c.p.. Motivazione carente e/o insufficiente in relazione alla determinazione della pena. Lamentava la difesa della ricorrente che la Corte di appello non aveva motivato in merito alla mancata riduzione ex art. 56 c.p., dal momento che la pena di mesi sei corrispondeva a quella minima per il furto semplice.

Il ricorso è infondato.

Correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che sussista l’aggravante di cui all’art. 625 c.p., n. 2, (consistente nell’avere usato violenza sulle cose e nell’essersi avvalsa di un mezzo fraudolento) nella condotta della F. che aveva tentato di impossessarsi di tre paia di pantaloni, dopo avere staccato da due dei predetti capi di abbigliamento i relativi sensori anti-taccheggio e dopo avere occultato gli stessi nella sua borsa e un terzo sotto i pantaloni che indossava. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti, (cfr. Cass., Sez. 4, Sent. n. 14780 del 14.02.2006, Rv.234030) in tema di furto, ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della violenza sulle cose ( art. 625 c.p., n. 2), non è necessario che la violenza venga esercitata direttamente sulla "res", oggetto dell’impossessamento, ben potendosi l’aggravante configurare anche quando la violenza venga posta in essere nei confronti dello strumento materiale apposto sulla cosa per garantire una più efficace difesa della stessa: ciò che si verifica in caso di manomissione della placca magnetica antitaccheggio inserita sulla merce offerta in vendita nei grandi magazzini, destinata ad attivare i segnalatori acustici ai varchi di uscita.

In tema di utilizzo di mezzo fraudolento, invece, ha ritenuto questa Corte (cfr. Cass., Sez. 5, Sent. n. 10997 del 13.12.2006, Rv. 236516) che, nel delitto di furto, sussista tale aggravante qualora il soggetto attivo si impossessi della merce sottratta dai banchi di un supermercato, occultandola sulla propria persona, in quanto tale condotta improntata ad astuzia e scaltrezza, è preordinata ad eludere gli accorgimenti a tutela dei beni e, nella specie, i controlli predisposti dagli addetti alla cassa del supermercato. Nè è condivisibile l’assunto della difesa secondo cui altri clienti potrebbero avere staccato le due placche antitaccheggio, in quanto tutta la condotta della F. appare diretta all’impossessamento della merce e ad eludere gli accorgimenti presenti nel negozio.

Palesemente infondato è poi il terzo motivo di ricorso in quanto ripropone questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mira ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità. Correttamente infatti la sentenza impugnata ha ritenuto che, quand’anche la F. fosse stata telefonicamente informata delle precarie condizioni di salute della madre, come dalla stessa affermato, lo stato confusionale per la notizia e la fretta di andare a soccorrerla sono poco compatibili con la condotta della donna, che ha inserito due paia di pantaloni nella sua borsa, dopo avere staccato la placca antitaccheggio e ha indossato i propri pantaloni senza togliere quelli ancora in prova.

Anche il quarto motivo di ricorso non è fondato, in quanto dalla lettura della sentenza impugnata si evince che la pena di mesi sei di reclusione (ridotta poi a mesi quattro per la scelta del rito) è stata ritenuta congrua all’esito delle diminuzioni effettuate sia per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, sia per essere il reato tentato.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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