Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 15-04-2011) 09-06-2011, n. 23276 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.U. è stato ritenuto responsabile dal Tribunale di Crotone, con sentenza emessa in data 15.11.2005, del reato di cui agli artt. 81, 110 e 609 bis in relazione all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 2 in danno della minore F.R.C. (detta L.) e, concesse le attenuanti generiche, è stato condannato alla pena di anni quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute dalle costituite parti civili, nonchè al risarcimento dei danni in loro favore da liquidarsi in separata sede. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza emessa in data 5.12.2006, confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Crotone e condannava l’imputato al pagamento delle spese processuali del grado.

La Corte di Cassazione, con sentenza del 9.07.2008, annullava con rinvio la sopra indicata sentenza della Corte di appello in quanto riteneva fondato il motivo relativo alla omessa comunicazione all’imputato della data di rinvio dell’udienza, non essendo intervenuta la dichiarazione di contumacia dello stesso. La Corte d’appello di Catanzaro, con sentenza del 23.06.2010, decidendo in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, confermava la sentenza del Tribunale di Crotone del 15.11.2 005 appellata da G.U. che condannava al pagamento delle ulteriori spese processuali del presente grado.

Avverso la predetta sentenza il G., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione e concludeva chiedendo di volerla annullare, con ogni consequenziale provvedimento.
Motivi della decisione

Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

1) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c);

violazione degli artt. 157, 159, 161, 169, 179 e 727 c.p.p. e art. 601 c.p.p..

Secondo la difesa del ricorrente erroneamente la Corte, dopo avere rilevato che il G. aveva dichiarato domicilio e non era stato reperito nello stesso, aveva mandato la Cancelleria per la rinnovazione del decreto di citazione all’imputato a mezzo di notifica al difensore, ai sensi dell’art. 161 c.p.p.. Secondo il ricorrente invece il decreto di citazione a giudizio in appello, una volta verificata l’impossibilità di notificarlo presso la sua abitazione, andava notificato ai sensi dell’art. 157 c.p.p., comma 8 mediante deposito presso la casa comunale dove l’imputato aveva la sua abitazione. Inoltre, essendo conosciuto il suo recapito in Tunisia, la notifica andava effettuata ai sensi dell’art. 169 c.p.p. sulla base delle disposizioni che regolano le notificazioni all’imputato all’estero oppure tramite rogatoria ai sensi dell’art. 727 c.p.p..

2) mancata assunzione di una prova decisiva a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) e mancata motivazione sul punto- violazione dell’art. 603 c.p.p..

Rilevava la difesa del ricorrente che la Corte di appello aveva erroneamente rigettato la sua richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale ex art. 603 c.p.p. avente ad oggetto, da un lato, l’escussione della persona offesa, dei genitori della stessa e delle assistenti sociali,che avrebbero potuto fornire informazioni su vicende in grado di influire sulla valutazione di attendibilità della persona offesa, dall’altro l’effettuazione di una CTU medica sulla persona del G., che soffre della sindrome di Klinefelter, patologia che determinerebbe una sua incapacità sessuale.

3) mancata e/o manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Secondo la difesa del ricorrente la motivazione della sentenza impugnata sarebbe assolutamente contraddittoria in quanto la stessa, per superare le dettagliate argomentazioni della difesa sulla inattendibilità e sull’autodeterminazione nella sfera sessuale della minore persona offesa, aveva sostanzialmente riproposto in maniera apodittica le stesse argomentazioni del Tribunale di Crotone, disattendendo integralmente le censure evidenziate nei motivi di appello e le risultanze processuali. Secondo il ricorrente sussisterebbero discrasie tra quanto dichiarato dalla minore F.R.C. in sede di sommarie informazioni e quanto invece dichiarato dalla stessa in sede di incidente probatorio. Dalle dichiarazioni dei testi escussi (il minore C.E., l’amica della persona offesa M.D.) si evincerebbe la consapevolezza, l’autodeterminazione e la preordinazione della minore persona offesa a gestire liberamente la sua sfera sessuale, nonchè la circostanza che la giovane in varie occasioni non avrebbe detto il vero. Lamentava pertanto il ricorrente che in tale contesto la Corte territoriale avrebbe dovuto accertare con particolare attenzione la presenza o meno del "consenso" da parte della minore all’atto sessuale, specialmente in considerazione del fatto che il giudice di primo grado non aveva ritenuto configurabile l’aggravante di cui all’art. 609 ter c.p..

Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è infondato.

Correttamente infatti la Corte territoriale, dopo avere dato atto dell’omessa notifica del decreto di citazione all’imputato in quanto lo stesso non era stato reperito presso il domicilio dichiarato, siccome attualmente dimorante in (OMISSIS), aveva, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., mandato la Cancelleria per la rinnovazione del decreto di citazione all’imputato a mezzo notifica al difensore.

Deve essere accolto invece nei limiti indicati il secondo motivo di ricorso.

La difesa dell’imputato infatti, già in sede di appello, aveva richiesto la rinnovazione del dibattimento avente ad oggetto una CTU medica sulla persona dell’appellante, dal momento che egli soffre della sindrome di Klinefelter, che determina una incapacità sessuale. Il difensore produceva altresì certificazione medica e illustrava gli effetti di tale sindrome. Sul punto la sentenza impugnata si è limitata a rilevare che la richiesta di perizia non era meritevole di accoglimento in quanto dalla documentazione in atti non poteva desumersi l’incidenza delle patologie lamentate sulla capacità di compiere un atto sessuale da parte dell’ odierno ricorrente. Nessun elemento in tal senso, secondo i giudici di appello, si potrebbe desumere dalla certificazione relativa alla sindrome di Klinefelter che, secondo la difesa, determinerebbe l’incapacità sessuale del G.. Con tali affermazioni pertanto i giudici della Corte territoriale si sono sostituiti ad uno specialista in materia che, solo, ha le cognizioni scientifiche per stabilire se l’imputato, che soffre della sindrome di cui sopra, abbia la capacità di compiere l’atto descritto nel capo di imputazione.

Correttamente invece la Corte territoriale ha rigettato la richiesta di rinnovazione del dibattimento avente ad oggetto gli altri incombenti istruttori sopra indicati, non ritenendoli rilevanti.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, altra sezione, dovendosi ritenere assorbito il terzo motivo di ricorso.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, altra sezione.

Dispone che la Cancelleria provveda agli incombenti D.Lgs. n. 196 del 2003, ex art. 52.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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