Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-04-2011) 09-06-2011, n. 23257

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A.S. per il tramite del difensore avv. Antonio Cimino, ha proposto ricorso avverso il decreto di archiviazione emesso in data 7-8-2010 dal Giudice di Pace di Locri – nel procedimento a carico di C.N. per il reato di diffamazione -, lamentando violazione del contraddittorio in quanto non sarebbero state valutate le ragioni alla base dell’opposizione. C., di professione avvocato, aveva detto, in sede di interrogatorio, che la A. "voleva dapprima denunciare anche l’avv. Loccisano di controparte", ma che egli l’aveva sconsigliata. Comportamento, secondo il ricorrente, intenzionalmente offensivo dell’onore e del decoro della p.o..

Il PG, con requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza in quanto il giudice di pace, che ha adeguatamente motivato il provvedimento, ha mostrato di aver tenuto conto della doglianze dell’opponente.

Il 30-3-2011 il difensore di C. ha depositato memoria con cui chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile o rigettato.
Motivi della decisione

La censura di cui al ricorso è manifestamente infondata. Ad escludere il vizio di violazione del contraddittorio, è infatti sufficiente che dal provvedimento di archiviazione risulti, anche per implicito, che le doglianze sollevate con l’atto di opposizione sono state prese in considerazione. Ed è quanto emerge dal decreto impugnato, nel quale il giudice di pace ha puntualmente risposto al rilievo dell’opponente, secondo cui la frase sopra riportata era intenzionalmente offensiva dell’onore e del decoro della A., rilevando la mancanza di prova del dolo del reato, non senza evidenziare il contesto (l’interrogatorio reso dall’avv. C.) nel quale la frase, la cui portata offensiva è oggetto di mera asserzione da parte del ricorrente – che, per sostenerla, invoca la giurisprudenza che ravvisa l’intento diffamatorio anche nelle subdole allusioni, era stata pronunciata.

La manifesta infondatezza del ricorso ne giustifica la dichiarazione di inammissibilità, cui seguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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