T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 10-06-2011, n. 490 Bellezze naturali e tutela paesaggistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato l’8.7.2000, tempestivamente depositato, il sig. G.M. premette in punto di fatto: di aver presentato in data 3.12.1996, al comune di intimato, un progetto per la realizzazione di una cantina interrata, sottostante il cortile della propria abitazione; che a seguito del relativo procedimento istruttorio, il Sindaco del Comune di Ponza rilasciava, ai sensi dell’art. 7 della L. 1497/39, autorizzazione per la realizzazione di detta opera.

Con successiva nota 10.2.2000, prot. 848, il Responsabile del servizio Tecnico comunale trasmetteva, ai sensi dell’art. 1 della L. 431/85, alla Sopraintendenza per i Beni Ambientali la documentazione relativa alla rilasciata autorizzazione per il prescritto nulla osta.

In risposta a tale richiesta, la Sopraintendenza del Lazio esprimeva parere contrario all’intervento, sul rilievo che:…" il muro di contenimento, elemento tipico del paesaggio ponzese, perderebbe la funzione originaria per assumere un immagine architettonica avulsa dal proprio contesto".

Soggiunge il deducente di aver prodotto in data 12.5.1999 una nuova istanza autorizzatoria a cui l’amministrazione comunale, sulla scorta del parere della Commissione Edilizia Integrata, assentiva la realizzazione delle opere di cui al progetto…"a condizione che venga ripristinato il muro di facciata con elementi architettonici tipici dell’ex muro di contenimento con pietre locali a facciata vista"

Con l’atto in questa sede impugnato la Soprintendenza ha peraltro ritenuto di non procedere all’esame della determinazione comunale n. 14/2000, tenuto conto che:…" trattasi di richiesta analoga al progetto di cui alla delibera comunale n. 3/98".

A sostegno del ricorso sono stati dedotti vizi di eccesso di potere e di violazione di legge per difetto di motivazione, oltre che il vizio d’incompetenza.

L’amministrazione statale si è costituita in giudizio resistendo all’impugnativa.

Con ordinanza n. 642/00, emessa nella camera di consiglio del 27.7.2000, il collegio respingeva la domanda incidentale proposta.

All’udienza del 12.5.2011 la causa è stata trattenuta a sentenza.
Motivi della decisione

Come emerge da quanto suesposto in fatto il ricorrente lamenta sotto più profili l’illegittimità dell’atto in questa sede impugnato sia con riferimento al difetto di motivazione, avendo l’Amministrazione sostenuto in maniera alquanto generica l’asserita…"analogia di progetto di cui determinazione comunale già oggetto di annullamento", sia all’irragionevolezza di una procedura decisionale allegatamente incompleta.

Ad avviso del ricorrente il ricorso alla motivazione per relationem – al fine di giustificare il contestato rifiuto – gli avrebbe interdetto la piena cognizione partecipativa al contenuto del diniego, tanto più che il deducente aveva proposto un progetto dal contenuto essenzialmente diverso rispetto a quello oggetto del precedente annullamento.

Detto ordine d’idee non può essere condiviso.

Osserva al riguardo il Collegio che, nella specie, fa anzitutto difetto la prova del progetto allegatamente rinnovato di contenuto effettivamente diverso da quello in precedenza annullato.

In altri termini, il contestato difetto di motivazione si sarebbe potuto delineare se l’istante avesse prodotto oltre che il progetto di cui alla prima domanda autorizzatoria del 1996 (all. 6,7,8,9,10 e 11) anche quello nuovo che assume di aver presentato "avendo a riferimento il precedente D.M. di annullamento" (cfr ultimo periodo del 2° motivo di ricorso).

Come la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare: nel processo amministrativo vigono contemporaneamente due principi diversi, applicabili ciascuno a determinati fatti da provare: per i fatti che sono nella disponibilità del ricorrente grava su questi l’ onere della prova piena e concludente; per i fatti che sono viceversa nella disponibilità dell’amministrazione vige la regola del "principio di prova " da parte del ricorrente, suscettibile peraltro di dare impulso – se necessario – ai poteri istruttori del giudice amministrativo (Consiglio Stato, sez. IV, 07 luglio 2008, n. 3381).

Analogamente: nel processo amministrativo vige, oggi, il principio generale dell’onere della prova stabilito dall’art. 64 C.P.A., secondo cui chi avanza una pretesa deve fornire la prova del fatto che la costituisce.

Per le suesposte considerazioni la doglianza deve essere disattesa.

Analogamente deve essere respinta l’ulteriore censura, con cui il ricorrente lamenta il difetto di competenza dell’autorità che ha sottoscritto il provvedimento in luogo, ossia per il Soprintendente.

In proposito, in disparte la questione della piena validità di un provvedimento sottoscritto da un supplente, è sufficiente osservare che la firma in calce all’atto amministrativo è necessaria in quanto consente di verificare se l’agente che lo ha sottoscritto sia dotato della competenza ad emettere quel determinato tipo di atti o provvedimenti (e, ancora prima, se l’emissione di quella data categoria di atti rientri nella sfera di attribuzione dell’organo o dell’ente).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che l’atto impugnato è riconducibile al Soprintendente, come peraltro confermato dal timbro recante l’impronta del suo nome e cognome in calce al provvedimento stesso, ancorché detto atto sia stato sottoscritto dal supplente.

In conclusione il ricorso deve essere respinto

Sussistono peraltro giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe propostolo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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