Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-04-2011) 09-06-2011, n. 23141

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Torino, con sentenza in data 16 settembre 2010, in parziale riforma della condanna pronunciata dal Tribunale di Ivrea l’11 febbraio 2010 nei confronti di C.A., dichiarato colpevole del delitto continuato e aggravato di estorsione, escludeva l’aggravante del numero delle persone e riduceva la pena inflitta ad anni due mesi due e giorni ventisei di reclusione ed Euro 300 di multa.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:

1) errata applicazione della legge ed illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione alla mancata qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 393 c.p..

Il ricorrente afferma che l’imputato aveva ricevuto l’incarico di attivarsi per la vendita di un alloggio della persona offesa e il rifiuto di quest’ultima di corrispondergli una somma a titolo di corrispettivo o di rimborso spese doveva essere valutato come suscettibile di essere azionato in via giudiziaria.

2) insussistenza della ritenuta previsione di cui all’art. 81 c.p., in quanto la stessa sentenza avrebbe riconosciuto l’unicità dell’episodio di minacce.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. E’ manifestamente infondata la deduzione difensiva di illogicità e contraddittorietà della motivazione con riferimento alla mancata derubricazione del reato di estorsione in quello di cui all’art. 393 c.p.. Infatti, la motivazione sul punto della sentenza impugnata è ampia e analitica, concludendo nel senso della "natura totalmente pretestuosa delle pretese avanzate dall’imputato". D’altro canto, secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali per tutte: Sez. Un., 30/04/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944).

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento.

Il motivo di ricorso concernente la non configurabilità della continuazione non è consentito, poichè sul punto non è stato formulato uno specifico motivo di appello.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso, al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna, il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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