T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 10-06-2011, n. 1514 Competenza e giurisdizione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Comune ha disposto lo sgombero aree occupate dalla ricorrente a seguito della scadenza del contratto con il quale l’area era stata assegnata alla medesima.

Contro il suddetto atto il ricorrente ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

I) In competenza del dirigente che ha adottato l’atto.

II) Violazione di legge in quanto le norme citate nell’atto non varrebbero a fondare il potere dell’amministrazione di provvedere autoritativamente nei confronti della ricorrente.

III) Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica e per travisamento dei fatti.

La difesa comunale eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ed in subordine ne chiede la reiezione per infondatezza.

Alla camera di consiglio del 7 giugno 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione, previo avviso alle parti.

2. In primo luogo occorre respingere l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di notifica.

Dagli atti risulta che il ricorso è stato notificato all’amministrazione via fax ai fini della proposizione della richiesta di misure cautelari monocratiche ai sensi dell’art. 56 del Codice del processo amministrativo e che l’amministrazione si è costituita in giudizio.

In merito la norma stabilisce che se la parte si avvale della facoltà di cui al secondo periodo del comma 2 le misure cautelari perdono efficacia se il ricorso non viene notificato per via ordinaria entro cinque giorni dalla richiesta delle misure cautelari provvisorie.

Ne consegue che le misure cautelari disposte dal Presidente hanno perduto effetto.

In merito alla sorte del ricorso principale, non essendoci disposizioni particolari, si applica l’art. 44 del Codice secondo il quale la costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, nonché le irregolarità di cui al comma 2.

Il ricorso è però inammissibile per difetto di giurisdizione.

In merito occorre ricordare l’orientamento della Cassazione (Cassazione civile sez. II, 9 settembre 1997, n. 8743) secondo il quale l’appartenenza di un bene al patrimonio indisponibile dello Stato, dei comuni o delle province, a meno che non si tratti di beni riservati, per loro natura, a tale patrimonio, dipende soprattutto dalle caratteristiche oggettive e funzionali del bene e presuppone, quindi, oltre che l’acquisto in proprietà del bene da parte dell’ente pubblico (cosiddetto requisito soggettivo), una concreta destinazione dello stesso ad un pubblico servizio (cosiddetto, requisito oggettivo) che, proprio per l’esigenza di un reale legame con le oggettive caratteristiche del bene, non può dipendere da un mero progetto di utilizzazione della p.a. o da una risoluzione che, ancorchè espressa in un atto amministrativo, non incide, di per se’, sulle oggettive caratteristiche funzionali del bene. Pertanto, nei casi in cui il bene sia privo dei caratteri strutturali necessari per il servizio, occorre almeno che il provvedimento di destinazione sia seguito dalle opere di trasformazione che in qualche modo possano stabilire un reale collegamento di fatto, e non meramente intenzionale, del bene alla funzione pubblica, con la conseguenza che i terreni destinati a verde pubblico dal piano regolatore acquistano la condizione di beni del patrimonio indisponibile dell’ente pubblico solo dal momento in cui, essendo stati acquistati da questo in proprieta’, sono trasformati ed in concreto utilizzati secondo la propria destinazione, non essendo all’uopo sufficiente nè il piano regolatore generale, che ha solo funzione programmatoria e l’effetto di attribuire alla zona, o anche ai terreni in esso eventualmente indicati, una vocazione da realizzare attraverso gli strumenti urbanistici di secondo livello o ad essi equiparati, e la successiva attività di esecuzione di questi strumenti, nè il provvedimento di approvazione del piano di lottizzazione, che individua solo il terreno specificamente interessato dal progetto di destinazione pubblica, nè la convenzione di lottizzazione, che si inserisce nella fase organizzativa del processo di realizzazione del programma urbanistico e non nella fase della sua materiale esecuzione.

Nel caso in questione risulta che l’area in questione è stata acquisita dal Comune con atto notarile in data 14 dicembre 2009 ed è stata destinata al patrimonio indisponibile in previsione dell’acquisto con la deliberazione del Consiglio Comunale del 25/06/2009.

La destinazione dell’area è poi quella stabilita dal Consiglio comunale in data 11.12.2007 che ha previsto l’attuazione del progetto "Centroparco".

Prima della realizzazione di questo progetto l’amministrazione ha stipulato un contratto con la ricorrente in data 07/05/2010 per la realizzazione a titolo precario di attività sportive su una parte dell’area.

Risulta chiaro quindi che manca nel bene il requisito oggettivo della concreta destinazione dello stesso ad un pubblico servizio. In sostanza l’amministrazione ha ad oggi realizzato tutti gli atti per la destinazione formale del bene al patrimonio indisponibile, ma non ha ancora attuato tale destinazione, alla quale si oppone proprio la presenza della ricorrente sulle aree, con la conseguenza che gli atti emanati dall’amministrazione non possono considerarsi esercizio dei poteri pubblicistici di tutela dei beni patrimoniali indisponibili, previsti dall’art. 823 c. 2 c.c., bensì di poteri privatistici derivanti da un contratto di diritto privato con la ricorrente.

Tale ricostruzione è confermata dal fatto che il contratto stipulato dal Comune con la ricorrente ha lo stesso oggetto e contenuto dei precedenti contratti stipulati quando il bene era di proprietà di terzi.

Neppure vale il richiamo contenuto nell’atto all’art. 35 del DPR 380/01 in quanto quest’ultima norma prevede l’ordine di demolizione di costruzioni eseguite su beni del patrimonio o del demanio comunale realizzate abusivamente, laddove invece l’ordinanza di sgombero tace completamente sulla legittimità dei manufatti realizzati, limitandosi a richiamare la scadenza del contratto quale fonte dell’obbligo di sgombero.

In definitiva il ricorso va quindi dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione con indicazione del giudice ordinario quale giudice fornito di giurisdizione sulla controversia in questione.

Alla declinatoria di giurisdizione seguono la conseguenze previste dall’art. 11 del Codice del processo amministrativo.

Sussistono comunque giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione ed indica, quale giudice fornito di giurisdizione, il giudice ordinario.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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