Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 13-10-2011, n. 21033 Indennità o rendita

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Pa.St. conveniva in giudizio, dinanzi al giudice del lavoro, le Ferrovie dello Stato, alle cui dipendenze aveva lavorato dal 18 agosto 1968 al 1 gennaio 1990 per il riconoscimento di una rendita per malattia professionale. La parte convenuta si costituiva e, nel resistere all’avversa pretesa, deduceva il proprio difetto di legittimazione passiva sul presupposto che la gestione dell’assicurazione obbligatoria dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato etra stata trasferita all’INAIL. L’adito giudice rigettava la domanda, ritenendo prescritto il diritto. La decisione veniva confermata, anche nella motivazione, dalla Corte d’Appello di Bari.

Questa Corte con sentenza n. 18202 del 2006, accogliendo il primo motivo del ricorso proposto dallo St. in relazione alla decorrenza del termine di prescrizione, annullava la sentenza della Corte di Bari e rinviava alla Corte di appello di Lecce in base al principio secondo il quale, ai fini della individuazione della decorrenza della prescrizione, occorreva tener conto anche che l’assicurato avesse coscienza del fatto che la lesione permanente residuata avrebbe potuto dargli diritto all’attribuzione di una rendita.

La Corte di appello di Lecce, adita in sede di rinvio dallo St., rigettava l’appello di quest’ultimo ritenendo il difetto di legittimazione della Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. Avverso questa sentenza gli eredi St. ricorrono in cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso la società intimata che deposita memoria illustrativa.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo i ricorrenti, deducendo violazione degli artt. 324, 394 e 436 c.p.c., formulano, dopo aver precisato la ratio decidendi posta a base della sentenza di appello emessa in sede di rinvio, il seguente quesito: "la mancata proposizione nel giudizio di Cassazione di una vicenda per la quale la sentenza impugnata ha omesso di pronunciarsi non può consentire di richiedere nel giudizio di rinvio un rimedio a tale omissione; ossia se le domande rigettate o non delibate nelle fasi di merito o non oggetto di gravame in via incidentale, debbono considerarsi coperte da giudicato e, quindi, non più riproponibili, con riferimento agli artt. 324, 394 e 436 c.p.c.".

Preliminarmente va disattesa l’eccezione, sollevata da parte resistente, d’inammissibilità della censura per violazione dell’art. 366 bis c.p.c..

Invero il quesito risulta formulato secondo le prescrizioni del richiamato art. 366 bis c.p.c. così come interpretato da questa Corte.

Vi è, infatti, indicazione, e dell’errore di diritto della sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (Cass. S.U. 9 luglio – 2C08 n. 18759), e del diverso principio al quale il giudice di appello si sarebbe dovuto attenere (Cass. S.U. 28 settembre 2007 n. 20360).

Nel merito la censura è fondata.

Occorre precisare che come, si evince anche dalla stessa sentenza della Corte di Appello di Lecce, il giudice di primo grado non emise alcuna statuizione in ordine alla allora sollevata eccezione di difetto di legittimazione passiva, limitandosi a ritenere prescritto il diritto azionato dello St..

La Corte di Appello di Bari, su impugnazione dello St. e resistenza della controparte che non ripropose l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, confermò la sentenza di primo grado in punto di prescrizione.

Questa Corte, su ricorso dello St. e controricorso della società, che nulla dedusse in ordine al proprio difetto di legittimazione passiva, cassò la sentenza della Corte di appello di Bari e rinviò alla Corte di Appello di Lecce perchè, tenendo conto che, ai fini della decorrenza della prescrizione, occorreva far riferimento anche alla circostanza che l’assicurato avesse coscienza del fatto che la lesione permanente residuata avrebbe potuto dargli diritto all’attribuzione di una rendita, accertasse il relativo dias a quo.

Riassunta dallo St. la causa dinanzi alla Corte di appello di Lecce, questa, con la sentenza oggi all’esame di questa Corte, ha rigettato l’appello dell’attuale ricorrente ritenendo fondata l’eccezione di legittimazione passiva riproposta, in sede di rinvio, dalla società appellata.

Da questo breve excursus dello svolgersi del processo emerge con evidenza che a fronte della decisione nel merito del giudice di primo grado, il quale implicitamente aveva, quindi, respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla società convenuta,tale eccezione non è stata riproposta dalla società nel giudizio di appello instaurato dinanzi alla Corte territoriale di Bari con conseguente formarsi del giudicato sulla questione pregiudiziale relativa alla legittimazione passiva.

Infatti la mancata impugnazione del capo della sentenza che ha implicitamente deciso sulla questione pregiudiziale della legittimazione passiva, come ribadito di recente dalle Sezioni Unite di questa Corte (sent. 26 novembre 2011 n. 1764) costituisce sintomo di un comportamento incompatibile con la volontà di far valere in sede di impugnazione la questione pregiudiziale (che da luogo ad un capo autonomo della sentenza e non costituisce un mero passaggio interno della decisione di merito, come si desume dall’art. 279 c.p.c., comma 2, nn. 2 e 4), in tal modo verificandosi il fenomeno dell’acquiescenza per incompatibilità, con le conseguenti preclusioni sancite dall’art. 324 c.p.c. e dell’art. 329 c.p.c., comma 2, in coerenza con i principi dell’economia processuale e della durata ragionevole del processo, di cui all’art. 111 Cost.

Non è pertanto corretta in diritto la sentenza impugnata che, in sede di rinvio, ha deciso la causa in relazione alla questione pregiudiziale della legittimazione passiva non tenendo conto che su tale questione si era formato il giudicato implicito a seguito della mancata impugnazione della parte interessata del relativo capo.

In accoglimento del ricorso, pertanto,la sentenza della Corte di appello di Lecce va cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte designata in dispositivo, che si adeguerà al principio sopra enunciato.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di leqittimità, alla Corte di Appello di Lecce in diversa composizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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