T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 11-06-2011, n. 598 Nesso di causalità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

la società D. s.r.l., quale proprietaria dell’area denominata "ex Baratta", è insorta innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale avverso l’ordinanza n. 383 del 14 dicembre 2004, con la quale il Sindaco del Comune di Alessandria, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 e del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471, ha ingiunto al curatore del fallimento "Baratta s.r.l." di presentare al Comune e alla Regione Piemonte: a) entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza medesima ovvero dall’accesso al fondo il piano della caratterizzazione dell’intervento di bonifica e ripristino ambientale presso l’area su indicata; b) entro e non oltre un anno dalla scadenza del termine poc’anzi indicato il progetto definitivo di bonifica e ripristino ambientale;

Considerato che la ricorrente, oltre ad invocare l’annullamento del provvedimento impugnato, ha avanzato anche richiesta di risarcimento dei danni patiti a causa e in conseguenza dello stesso;

Considerato che nel corso del giudizio e a seguito delle indagini di caratterizzazione ambientale svolte dalla società ricorrente è emerso che alcuni dei valori che avevano portato il Comune ad adottare il provvedimento impugnato erano in realtà confrontabili con quelli del fondo naturale dell’area in cui è ubicato il sito e gli altri erano comunque inferiori ai limiti di legge, rendendo evidente, dunque, l’assenza dei presupposti necessari per la prosecuzione del procedimento e la progettazione/esecuzione degli interventi di bonifica o messa in sicurezza del sito medesimo;

Considerato che il Comune di Alessandria, con determinazione n. 232 in data 24 gennaio 2006, prendendo atto di tali risultati e del parere degli enti convocati in conferenza di servizi, ha dichiarato conclusa la procedura di bonifica attivata ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. n. 22 del 1997 e del D.M. n. 471 del 1999 presso il sito "ex Baratta" per insussistenza dei presupposti per la prosecuzione della procedura stessa, stante l’assenza di contaminazione delle matrici ambientali, come esplicitato, in particolare, nel parere dell’Arpa di Alessandria in data 29 novembre 2005, prot. n. 149343/SC07;

Considerato che, pur essendo venuto meno l’interesse della società ricorrente all’annullamento del provvedimento impugnato, permane, tuttavia, in capo alla stessa quello ad ottenere una decisione giurisdizionale in ordine all’istanza risarcitoria avanzata, per lo meno con riferimento ai danni asseritamente subiti medio tempore e causalmente connessi alla "responsabilità da posizione" su essa gravante ai sensi dell’art. 17, commi 10 e 11, del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, quale proprietario del sito inquinato, in conseguenza del provvedimento medesimo;

Considerato che la titolarità del procedimento che ha portato all’emissione del provvedimento contestato è del Comune e gli accertamenti tecnici eseguiti dall’Arpa confluiscono nel provvedimento in questione, conseguendone la non necessarietà della loro impugnazione e/o dell’evocazione in giudizio dell’Arpa;

Considerato che appaiono sussistenti i presupposti di legge per definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 74 del c.p.a.;

Ritenuto di dover dichiarare l’improcedibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. c), del c.p.a., con riferimento alla richiesta impugnatoria avanzata, atteso che l’adozione della determinazione n. 232 in data 24 gennaio 2006 ha di fatto provocato la sostanziale rimozione del provvedimento contestato, facendo conseguentemente venir meno l’interesse della ricorrente alla coltivazione del gravame;

Ritenuta, invece, la fondatezza della pretesa risarcitoria avanzata, in base alle seguenti considerazioni:

– a norma dell’art. 2043 del codice civile qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno, conseguendone che sono elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale: il fatto illecito, il nesso di causalità, l’ingiustizia (o antigiuridicità) del danno, la colpevolezza e il danno;

– nel caso di specie, sono circostanze pacifiche:

a) la sussistenza del fatto illecito, atteso che le indagini di caratterizzazione ambientale svolte dalla società ricorrente hanno evidenziato – confermando, in tal senso, la fondatezza "virtuale", con carattere assorbente, del II motivo di diritto (Violazione dell’art. 4, secondo comma, del D.M. 25 ottobre 1999, n. 471; eccesso di potere per carenza d’istruttoria; eccesso di potere per difetto di motivazione), cui la stessa aveva affidato la propria azione impugnatoria – l’assenza dei presupposti necessari per la prosecuzione del procedimento e la progettazione/esecuzione degli interventi di bonifica o messa in sicurezza del sito "ex Baratta", stante l’assenza di contaminazione delle matrici ambientali. I parametri cromo totale e nichel hanno dimostrato, infatti, che i valori riscontrati sono confrontabili con i valori del fondo naturale riconducibili alla litologia della zona, composta da sedimenti naturali depositati dal fiume Bormida e ricchi di tali elementi, come confermato in precedenti studi e monitoraggi ambientali condotti dall’Arpa. Il parametro idrocarburi pesanti C"12 e tetracloroetilene ha evidenziato, invece, concentrazioni inferiori ai limiti previsti dal D.M. n. 471 del 1999 per la specifica destinazione d’uso del sito medesimo;

b) l’ingiustizia del danno e la sua riconducibilità alla (illegittima) attività provvedimentale del Comune di Alessandria, atteso che le spese che la società ricorrente ha allegato e documentato d’aver sostenuto per le consulenze tecniche ed i campionamenti necessari per dimostrare l’erroneità dell’istruttoria dell’Arpa posta a sostegno del provvedimento impugnato sono, all’evidenza, connesse a tale provvedimento e necessitate proprio dall’esigenza di evitare la concreta apposizione dell’onere reale di cui all’art. 17, comma 10, del D.Lgs. n. 22 del 1997 sull’area di sua proprietà e le eventuali azioni esecutive di cui al successivo comma 11 per il recupero delle spese sostenute dalla pubblica amministrazione per l’esecuzione d’ufficio degli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale: Al riguardo, osserva, infatti, il Collegio che, contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa del Comune, le azioni intraprese nel caso specifico dalla società D. s.r.l. non possono essere ritenute frutto di una scelta "spontanea" e riconducibili alla previsione di cui all’art. 9, comma 1, del D.M. n. 471 del 1999, ma, anzi, basate sulla diversa disposizione di cui all’art. 8, comma 4, del medesimo decreto e necessitate proprio dall’esigenza di evitare le pregiudizievoli conseguenze di cui ai commi 10 e 11 dell’art. 17 di cui innanzi s’è fatto cenno. In tal senso depone, infatti, non solo la disposizione di cui all’art. 8, comma 4, laddove, nello stabilire che "Se il responsabile dell’inquinamento non sia individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito inquinato né altro soggetto interessato, i necessari interventi di messa in sicurezza d’emergenza, di bonifica e ripristino ambientale o di messa in sicurezza permanente sono adottati dalla Regione o dal Comune ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17, commi 9, 10 e 11 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22", lascia chiaramente intendere che il proprietario del sito inquinato, ancorché incolpevole e seppur in subordine al responsabile dell’inquinamento, è comunque tenuto ad attivarsi, nel più breve tempo possibile, per evitare che all’esecuzione degli interventi necessari provveda la pubblica amministrazione competente, con le conseguenze note, ma in maniera ancora di più chiara depone anche la successiva disposizione di cui all’art. 9, comma 1, che per l’appunto limita la libera iniziativa individuale del proprietario di un sito o di altro soggetto interessato ai soli casi diversi da quelli già previsti e disciplinati dagli artt. 7 e 8 del decreto;

c) la colpevolezza dell’Amministrazione comunale, atteso che la società D., con ricorso proposto appena 13 giorni dopo la notifica del provvedimento in data 14 dicembre 2004, ne ha contestato la legittimità (per motivi rivelatisi poi fondati), circostanza che, anche in considerazione della produzione documentale effettuata e, in particolare, della perizia in data 20 dicembre 2004 dello Studio Aglietto s.r.l. (all. 4 – fascicolo documenti società ricorrente), predisposta per il ricorso contro il sequestro penale del sito "ex Baratta", avrebbe dovuto indurre l’Amministrazione per lo meno a confrontare rapidamente i valori rilevati con quelli del fondo naturale dell’area in cui è ubicato il sito, evitando, dunque, la redazione del piano di caratterizzazione e l’avvio delle relative indagini da parte della ricorrente;

d) il danno allegato dalla società D. s.r.l., seppur limitatamente a quella parte dello stesso idoneamente provato e direttamente riconducibile all’attività provvedimentale del Comune di Alessandria, unico soggetto evocato nel presente giudizio, e, nello specifico, alle sole spese sostenute medio tempore dalla ricorrente in conseguenza dell’emanazione (e notifica) dell’ordinanza n. 383/2004;

Ritenuto, conseguentemente, di accogliere, nei sensi e nei limiti innanzi evidenziati, la richiesta risarcitoria avanzata e, per l’effetto, di condannare il Comune di Alessandria al pagamento a favore della società ricorrente dell’importo di Euro 20.472,00, corrispondente alle spese sostenute per l’esecuzione di n. 3 carotaggi stratigrafici (fattura dott. Luigi Cavalli n. 76/2005 – Euro 3.480,60), per il prelievo di campioni (fattura Idrogeolab n. 1006/2005 – Euro 2.304,00) e per la redazione del piano della caratterizzazione (fattura Studio Aglietto n. 2/2005 – Euro 14.688,00), oltre gli interessi compensativi dalla data della loro effettuazione e fino alla liquidazione con la presente sentenza e quelli legali corrispettivi ex art. 1282 c.c. dal momento della notifica della sentenza e sino al saldo;

Ritenuto che, sussistano giusti motivi per compensare per metà le spese di lite e che la parte residua segua la soccombenza e vada liquidata come indicato in dispositivo;

Ritenuto, in ogni caso, che vada rifuso alla società ricorrente (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma VI bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato pari ad Euro 340,00 (trecentoquaranta/00).
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse con riferimento alla richiesta impugnatoria.

Lo accoglie, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, con riferimento alla richiesta risarcitoria e, per l’effetto, condanna il Comune di Alessandria al pagamento a favore della società ricorrente dell’importo di Euro 20.472,00, oltre gli interessi compensativi dalla data della loro effettuazione e fino alla liquidazione con la presente sentenza e quelli legali corrispettivi ex art. 1282 c.c. dal momento della notifica della sentenza e sino al saldo.

Compensa per metà le spese del giudizio e condanna il Comune di Alessandria a rifondere alla ricorrente la parte residua, per complessivi Euro 1.500,00.

Parte resistente provvederà, comunque, a rifondere alla ricorrente (all’atto del passaggio in giudicato della sentenza), ai sensi dell’art. 13, comma VI bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, come modificato dall’art. 21 della L. 4 agosto 2006, n. 248, il contributo unificato pari ad Euro 340,00 (trecentoquaranta/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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