Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-04-2011) 09-06-2011, n. 23224 Incapacità di intendere e di volere

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Antonella.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 13.4.10, il giudice di pace di Augusta ha assolto A. S. dal reato di lesioni in danno di Am.Se., il cui esame è stato impossibile per sopravvenuta incapacità di intendere e di volere, per insufficienza dimostrativa degli elementi probatori acquisiti.

La procura presso il tribunale di Siracusa ha presentato ricorso per i seguenti motivi:

1. violazione di legge in riferimento agli artt. 581 e 582 c.p. e all’art. 521 c.p.p.: il giudice ha ritenuto provata la condotta dell’ A., descritta nel capo di imputazione (ossia l’avere schiaffeggiato la persona offesa), per cui avrebbe dovuto condannare l’imputato per il reato di percosse e la modifica della qualificazione giuridica del fatto non avrebbe violato l’art. 521 c.p.p., nè sotto il profilo oggettivo-strutturale, ossia sul piano della possibile sovrapponibilità del fatto storico contestato e di quello ritenuto in sentenza; nè sotto l’aspetto teleologico, considerata l’identità del bene giuridico tutelato dalla due norme.

2. vizio di motivazione nella parte in cui ha escluso il nesso causale tra la condotta contestata e le lesioni subite dalla persona offesa (trauma confusivo emitorace con infrazione della 10^ costola).

Il percorso argomentativo del giudice si basa sull’unica testimonianza di C.R. che ha assistito ai fatti, il quale ha narrato che A., giunto nel salottino antistante l’ufficio del direttore della banca, dove si trovava la donna, l’ha schiaffeggiata.

Secondo il giudice, la stessa sarebbe caduta non perchè scaraventata violentemente dall’imputato (come sostenuto nella querela, acquisita ex art. 512 c.p.p.), ma perchè, aggrappandosi ai polsi dell’imputato, sarebbe caduta per terra da sola.

Secondo il ricorrente, l’assunto non risulta supportato da alcuna argomentazione in grado di rappresentare il percorso argomentativo attraverso cui il giudice è giunto a questa conclusione.

Il ricorso merita accoglimento, sotto i due profili segnalati dalla Procura della Repubblica. Quanto alla complessiva ricostruzione dei fatti, il giudice, sulla base delle dichiarazioni, del teste C., ha escluso il rapporto di causalità tra la condotta violenta dell’ A. e la caduta della donna, che ne ha cagionato le lesioni. Correttamente il ricorrente rileva che la sentenza, non da spiegazione su come questa testimonianza meriti una credibilità superiore a quanto narrato esposte dalla persona offesa, le cui dichiarazioni accusatorie, secondo un consolidato orientamento interpretativo, non sono gravate da alcuna presunzione di inattendibilità: si tratta di una fonte conoscitiva che non presenta una affidabilità ridotta, bisognevole di conferme esterne. Non risulta che il giudice, abbia sottoposto le versioni dei fatti offerta da C. e da Am.Se. al generale controllo sulle capacità percettive e mnemoniche delle due fonti conoscitive, nè risulta una verifica sulla corrispondenza al vero della rispettiva rievocazione dei fatti, desunta dalla linearità logica della sua esposizione e dall’assenza di risultanze processuali incompatibili, di pari o prevalente spessore di credibilità.

Questo controllo comparativo manca, unitamente alla esposizione del suo esito. E’ da escludere che questa omissione possa essere giustificata e sanata dall’implicito riconoscimento, da parte del giudice, di una presunta gerarchia di credibilità esistente tra le dichiarazioni sottoposte al suo giudizio, gerarchia non rinvenibile nella norma ex art. 192 c.p.p., nè desumibile da una sua corretta interpretazione.

Questo immotivato approdo all’assoluzione dell’imputato è stato realizzato, come rilevato dalla Procura della Repubblica, attraverso un altro ingiustificato silenzio, concernente la causa della caduta e delle lesioni della donna, presentate così come effetto dell’imponderabile. Risulta comunque provato in maniera certa e non contestata che il S., schiaffeggiando l’ A.S., ha quanto meno esercitato una violenza, che evidentemente e indiscutibilmente ha impresso sul volto della donna una sensazione fisica di dolore, configurante l’ipotesi di percosse ex art. 581 c.p. Il giudice, una volta ritenuto motivatamente escluso l’originario nesso causale con le suddette lesioni, non poteva sottrarsi al dovere di adeguare la qualificazione giuridica del fatto, ex art. 521 c.p.p., comma 1, e decidere di conseguenza.

La sentenza va quindi annullata con rinvio al giudice di pace di Augusta per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice di pace di Augusta per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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