T.A.R. Piemonte Torino Sez. II, Sent., 11-06-2011, n. 596 Cassa integrazione guadagni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 26 novembre 2003 (R.G. 1679/2003), proposto a seguito dell’inutile decorso del termine di novanta giorni dalla proposizione del ricorso gerarchico al Comitato Amministratore della Gestione delle Prestazioni Temporanee ai lavoratori dipendenti ai sensi dell’art. 9 della legge 20 maggio 1975, n. 164, la società A.A.B. s.p.a., in cui era stata incorporata la S.F. s.p.a., insorgeva innanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale avverso i provvedimenti in data 4 aprile 2003 (già impugnati in sede amministrativa), con cui l’INPS – sede di Torino Nord, a seguito delle delibere della Commissione provinciale per la Cassa Integrazione Guadagni ordinaria (CIGO), aveva revocato i precedenti provvedimenti di concessione dell’integrazione salariale richiesti dalla Società Ferrero per i lavoratori dello stabilimento sito in San Didero.

La ricorrente contestava la legittimità dei provvedimenti impugnati, invocandone l’annullamento, per i seguenti motivi di diritto:

1) Violazione dell’art. 1, punto 1, lett. b), della L. 20/5/1975, n. 164 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza ed erroneità della motivazione, nonché per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti di fatto e di diritto.

2) Violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 – Eccesso di potere per difetto di motivazione.

L’INPS si costituiva in giudizio per resistere al ricorso, contestandone, in via preliminare, l’ammissibilità per carenza d’interesse, attesa la mancata impugnazione da parte della ricorrente dei provvedimenti della Commissione provinciale competente a decidere sull’ammissione alla cassa. Concludeva, in ogni caso, per la reiezione del ricorso, attesa la sua ritenuta infondatezza.

Successivamente, avendo nel frattempo il Comitato Amministratore della Gestione delle Prestazioni Temporanee definito con provvedimento espresso di reiezione (deliberazione n. 336/2004) il procedimento di riesame avviato a seguito del ricorso amministrativo proposto dalla società Ferrero, la A.A.B. s.p.a., con separato ricorso giurisdizionale, depositato in data 25 gennaio 2005 (R.G. 153/2005), a valere, occorrendo, quale motivi aggiunti rispetto al primo giudizio instaurato, invocava innanzi a questo Tribunale anche l’annullamento di tale sopravvenuto provvedimento, deducendo le medesime doglianze già svolte con il precedente ricorso e, inoltre, lo "Eccesso di potere per contraddittorietà della motivazione".

Dopo la rinuncia da parte della società ricorrente all’istanza cautelare proposta con il ricorso R.G. 1679/2003 e un primo rinvio della trattazione del merito, entrambe le cause venivano chiamate alla pubblica udienza del 18 maggio 2011 e, quindi, trattenute per la decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio ritiene innanzitutto che sussistano evidenti ragioni di connessione, che consentono la riunione dei ricorsi in epigrafe, al fine della loro unitaria trattazione e definizione con un’unica pronuncia.

E’ contestata, infatti, la legittimità di alcuni atti facenti parte della medesima complessa sequenza procedimentale/giustiziale ovvero dei provvedimenti di revoca di quelli con cui era stata accordata alla società S.F. s.p.a. (ora A.A.B. s.p.a.) la concessione dell’integrazione salariale per i periodi dall’1/10 al 27/10/2001, dal 29/10 al 17/11/2001 e dal 17/12/2001 al 12/1/2002 per i lavoratori dello stabilimento sito in San Didero, nonché della deliberazione del Comitato Amministratore della Gestione delle Prestazioni Temporanee di reiezione del ricorso gerarchico, con cui la società aveva inteso contestare, in sede amministrativa, ai sensi dell’art. 9 della legge 20 maggio 1975, n. 164, la legittimità di tali revoche.

In via preliminare, va, tuttavia, scrutinata l’eccezione d’inammissibilità del ricorso sollevata dalla difesa dell’INPS, secondo la quale la mancata impugnazione delle deliberazioni (di revoca) della Commissione provinciale per la Cassa Integrazione Guadagni ordinaria (CIGO) condurrebbe a tale inevitabile epilogo, in quanto: a) i provvedimenti di revoca adottati dall’INPS – Sede di Torino Nord (impugnati con il ricorso R.G. 1679/2003) avrebbero carattere meramente confermativo di quelli adottati dalla Commissione provinciale per la cigo; b) le sole decisioni di tale Commissione sarebbero immediatamente lesive degli interessi della società ricorrente; c) la Commissione provinciale per la cigo non potrebbe, in ogni caso, ritenersi organo dell’INPS.

Essa è destituita di fondamento.

L’assunto interpretativo proposto dall’Istituto è smentito, infatti, dal chiaro tenore letterale delle disposizioni di cui alla legge 20 maggio 1975, n. 164, che scandiscono le fasi del procedimento amministrativo per il riconoscimento (o il diniego) dell’integrazione salariale per i lavoratori dipendenti da imprese industriali.

Gli artt. 7, comma 1, e 8, comma 1, della legge su indicata, laddove stabiliscono rispettivamente che "per l’ammissione al trattamento d’integrazione salariale l’imprenditore presenta alla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale apposita domanda" e che "l’integrazione salariale è disposta dalla sede provinciale dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, competente per territorio, previa conforme deliberazione di una commissione provinciale", lasciano, invero, chiaramente intendere che il soggetto che è deputato a concludere il procedimento amministrativo in questione con l’adozione di un provvedimento espresso è da individuarsi nella sede provinciale dell’INPS territorialmente competente e non, invece, nella Commissione provinciale per la cassa integrazione guadagni, che risulta, invero, coinvolta nel procedimento in una fase che è da ritenersi ancora endoprocedimentale.

A tale Commissione compete, infatti, effettuare la sintesi, in termini valutativi, degli elementi istruttori acquisiti sino a quel momento dall’ufficio competente, nonché il ponderato bilanciamento degli interessi dell’imprenditore con quelli di cui è portatore l’Istituto, anche sulla scorta degli elementi conoscitivi in ordine alla specifica realtà aziendale e alle ragioni che hanno indotto l’imprenditore a ricorrere a tale strumento, che i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro riescono ad apportare al procedimento.

Ma la deliberazione con cui la Commissione dà forma alla propria volontà è un atto che, seppur temporalmente antecedente al provvedimento finale e presupposto ad esso nella sequenza procedimentale, è pur tuttavia ancora interno al procedimento e privo di autonoma e diretta portata lesiva.

Tale atto confluisce, infatti, nel provvedimento finale di competenza della sede provinciale dell’Istituto, il quale solo è in grado di incidere la sfera giuridica dei soggetti interessati, conseguendone l’inutilità di una autonoma impugnazione della deliberazione della Commissione e della evocazione in giudizio di tale organo, anche a prescindere da qualsivoglia accertamento sulla sua appartenenza o meno al plesso organizzativo dell’Inps.

L’eccezione formulata dalla difesa dell’INPS va, dunque, respinta.

Si può, quindi, passare all’esame del merito.

Con il primo motivo di gravame (Violazione dell’art. 1, punto 1, lett. b), della L. 20/5/1975, n. 164 – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, insufficienza ed erroneità della motivazione, nonché per travisamento dei fatti e difetto dei presupposti di fatto e di diritto), la ricorrente contesta la legittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto, tra l’altro, non darebbero adeguata contezza dell’iter logico seguito e, in ogni caso, le valutazioni compiute dalla Commissione provinciale (e fatte proprie dalla Sede di Torino Nord dell’INPS) non sarebbero sorrette da un’adeguata analisi della realtà fattuale.

Il motivo merita accoglimento, seppur limitatamente al dedotto eccesso di potere per insufficienza ed erroneità della motivazione.

Il Collegio, pur non ignorando un precedente della Sezione (T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 31 maggio 2005, n. 1906) che, confermando la legittimità del provvedimento in quella sede impugnato, aveva ritenuto che la presenza di ore di straordinario nei medesimi reparti contrasti, di per sé, con la richiesta di ricorso alla c.i.g.o., ritiene, nel caso ora all’esame, di potersi scostare da tale pronuncia, atteso che le argomentazioni svolte dalla società ricorrente e la produzione documentale dalla stessa effettuata hanno messo in luce l’inadeguatezza della motivazione posta a sostegno della decisione assunta dall’Istituto.

Invero, pur potendo condividersi – in linea di principio – che anche poche ore di straordinario possano porsi in contrasto con l’asserita necessità di ridimensionare l’attività produttiva, il Collegio ritiene, tuttavia, che le valutazioni al riguardo svolte dall’Istituto non possano prescindere dalla (motivata) considerazione della specifica realtà aziendale, delle concrete esigenze che hanno portato la società a fare ricorso all’integrazione salariale e soprattutto del numero delle ore straordinarie effettuate nei periodi e nei reparti interessati dalla sospensione dell’attività lavorativa e delle motivazioni specificamente addotte dall’azienda per giustificare il loro svolgimento.

Nel caso di specie, risulta documentato che la S.F. avesse un oggetto sociale particolarmente vario (attività industriali e commerciali nei campi della siderurgia, metallurgia,meccanica ed affini dei metalli e delle materie prime, nonché dell’edilizia e inoltre la produzione di energia elettrica), che lo stabilimento per cui aveva avanzato richiesta della cassa integrazione (San Didero) fungesse da acciaieria e da laminatoio e che occupasse, all’epoca, più di trecento dipendenti.

L’organizzazione aziendale era suddivisa, inoltre, in tre grandi aree:

– l’Area della Produzione, suddivisa a sua volta nel reparto Acciaieria e nel reparto Laminazione;

– l’Area della Manutenzione, anch’essa suddivisa nei due reparti dell’Acciaieria e della Laminazione;

– l’Area dei Servizi, ripartita, tra gli altri, nei servizi tecnici delle Aree della Produzione e della Manutenzione.

Le istanze erano state avanzate, ai sensi dell’art. 1, punto 1, lett. b), della legge 20 maggio 1975, n. 164, a causa della grave crisi del mercato siderurgico che aveva comportato una seria contrazione degli ordini dei laminati mercantili e un forte aggravio dello stoccaggio dei prodotti finiti nei magazzini dello stabilimento e, limitatamente all’ultimo periodo, anche di quello del semiprodotto dell’acciaieria.

Dalla documentazione versata in atti si evince, altresì, che le richieste di integrazione salariale avanzate dalla società riguardavano per il periodo dal 1 ottobre al 27 ottobre 2001 i lavoratori dell’Area della manutenzione e dei servizi collegati ai laminati, per il periodo dal 29 ottobre al 18 novembre 2001 i lavoratori dell’Area produzione dei laminatoi e, infine, per il periodo dal 17 dicembre 2001 al 12 gennaio 2002 la produzione e i servizi tecnici e amministrativi dell’acciaieria e dei laminatoi.

Orbene, tale essendo il quadro fattuale di riferimento, non può negarsi, innanzitutto, una significativa autonomia tra i reparti dell’Acciaieria e quello dei Laminati, sia con riguardo alla produzione che alla manutenzione, conseguendone, all’evidenza, l’impossibilità di ritenere fungibili tra loro i lavoratori assegnati ai relativi (e diversi) reparti, contrariamente, dunque, a quanto al riguardo apoditticamente affermato dall’Istituto.

La motivazione addotta dall’INPS a sostegno delle decisioni assunte e qui gravate pare, tuttavia, inficiata dai vizi denunciati anche laddove dall’affermazione che "nei mesi in cui c’è stato ricorso alla cig, sia gli stessi lavoratori sospesi o ad orario ridotto, sia quelli non interessati dalla cig, hanno effettuato mensilmente nei due reparti (laminatoio ed acciaieria) un numero di ore di lavoro straordinario superiore a quello delle ore di cig" fa discendere l’insussistenza delle condizioni per concedere le integrazioni salariali, in quanto, oltre a non dare adeguata e sufficiente contezza dell’iter logicovalutativo seguito, non pare, allo stato, in grado di superare le risultanze documentali favorevoli alla ricorrente, da cui si evince che:

– nei periodi e nei reparti interessati dalla cigo vi è stata la sospensione integrale dell’attività produttiva;

– nei mesi in cui la società ha fatto ricorso alla cigo (dal 1/10/2001 al 12/1/2002) le ore straordinarie effettuate nei reparti interessati dalla cigo medesima sono di modesta entità (338,5 ore di straordinario a fronte di 6.508,30 ore di cigo) e, quindi, potenzialmente compatibili con l’esercizio di quelle mansioni residuali che, anche in caso di inattività, vanno comunque espletate al fine di assicurare i servizi e gli approvvigionamenti indispensabili per garantire la messa in sicurezza degli impianti in vista della ripresa produttiva, che rappresenta il necessario ed imprescindibile requisito per l’ammissione alla cigo.

Senza tralasciare, inoltre, di considerare che il ciclo continuo della produzione dell’azienda pare, in ogni caso, di per sé preclusivo alla possibilità di recuperare, attraverso le ore straordinarie, la produzione persa a prescindere da quale possa essere stato l’evento che ne abbia comportato la temporanea sospensione.

Tali circostanze, peraltro note alla Commissione provinciale per la CIG (cfr. nota a verbale n. 6, pt. 3, del 28 gennaio 2003 – allegato a memoria INPS), avrebbero dovuto indurre ad una maggiore riflessione e all’apprestamento di un miglior corredo motivazionale, allo stato, invece, mancante, atteso che la "contrazione di mercato" non necessariamente comporta la sospensione totale dell’attività produttiva dell’intera azienda e, conseguentemente, l’impossibilità di svolgere eventuali e limitate ore di lavoro straordinario.

Nemmeno con la produzione documentale effettuata nel corso del presente giudizio l’Inps è stato, però, in grado di dare contezza delle valutazioni effettuate al fine di ritenere incompatibile l’integrazione salariale originariamente accordata alla S.F. con le (poche) ore di lavoro straordinario effettuate.

In definitiva, in accoglimento del motivo in esame ed assorbiti gli ulteriori dedotti, i ricorsi vanno accolti e, per l’effetto, annullati i provvedimenti con gli stessi impugnati.

Va, invece, respinta, in quanto generica e totalmente sfornita di elementi di riscontro la domanda risarcitoria avanzata.

Sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare interamente le spese e le competenze di giudizio tra le parti, avuto riguardo alla particolarità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Sezione II, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti con gli stessi impugnati.

Compensa le spese e le competenze del giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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