Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-10-2011, n. 21314 Garanzia per i vizi della cosa venduta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto di citazione in data 20.3.91 l’Azienda Municipale Trasporti ( AMT) di Catania conveniva in giudizio avanti al locale tribunale, l’IMEA – Industria Meridionale Autobus spa, deducendo di avere da essa acquistato, nell’anno 1887, n. 4 autobus e di avere constato fin dai primi mesi del loro utilizzo, che gli stessi manifestatano gravi difetti agli organi di spinta e di frizione, per cui si erano resi necessari n. 2 interventi in garanzia per la sostituzione dei relativi pezzi; tuttavia a causa della persistenza dei lamenti vizi, l’attrice AMT aveva deciso di sospendere l’utilizzo dei quattro autobus, mantenendone solo uno in servizio, informando di ciò la soc. IMEA; ma, stante la perdurante indisponibilità di quest’ultima a risolvere il problema, la società attrice era stata costretta a rivolgersi al giudice chiedendo la risoluzione del contratto a norma dell’art. 1492 c.c. oltre al risarcimento dei danni ex art. 1494 c.c. che indicava nella somma complessiva di L. 2.221.542.625. Si costituiva in giudizio l’IMEA spa esponendo di essere solo l’assemblatrice degli automezzi acquistati e chiedendo di essere autorizzata a chiamare in causa la soc. SICCA spa, costruttrice delle parti assemblate. Si costituiva la chiamata in garanzia Orlandi SICCA spa contestando la domanda attrice in quanto priva di fondamento;

eccepiva inoltre che l’attrice AMT era decaduta dall’azione proposta, che era comunque prescritta.

Nel corso di causa venivano espletate due CTU; quindi l’adito tribunale di Catania, con sentenza del 17-30 maggio del 2001, rigettava tutte le domande proposte dall’attrice, compensando le spese del giudizio. Avverso la sentenza proponeva appello l’ATM censurando gli errori del primo giudice nella dichiarazione d’inammissibilità dell’azione di risoluzione del contratto ex art. 1492 c.c. e nel rigetto delle domande proposte siccome sfornite di prova. Si costituiva l’IMEA contestando l’appello e proponendo impugnazione incidentale in punto compensazione delle spese processuali. Si costituiva anche la SICCA spa eccependo l’inammissibilità dell’appello per l’assoluta genericità dei motivi e proponendo appello incidentale sulle questioni pregiudiziali respinte dal primo giudice (decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia) ed sul capo relativo alle spese processuali. L’adita Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 830/05 depos. in data 1.9.2005, rigettava l’appello principale ed in parziale accoglimento di quello incidentale condannava l’appellante al pagamento delle spese di CTU ed alle spese del giudizio d’appello. La corte etnea ribadiva l’inammissibilità dell’azione di risoluzione ex art. 1492 c.c. pronunciata da primo giudice, in quanto l’acquirente aveva continuato ad utilizzare continuativamente, per circa tre anni, gli autobus forniti dall’IMEA, manifestando in tal modo chiaramente la volontà si accettare la cosa nonostante fosse affetta da vizi e di rinunziare dunque all’esperimento dell’azione di risoluzione. Avverso la predetta pronuncia ricorre per cassazione l’AMT l’Azienda Municipale Trasporti sulla base di 2 mezzi; entrambe le intimate resistono con controricorso; la spa SICCA formula ricorso incidentale condizionato, a cui la ricorrente replica con controricorso e depositando memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione

Preliminarmente occorre riunire i ricorsi.

Con il 1 motivo del ricorso principale l’Azienda Municipale Trasporti denuncia la violazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 1492 c.c.;

deduce che il CTU avrebbe erroneamente interpretato i "fogli di lavorazione" degli automezzi in riparazione ritenendo che essi fossero normalmente utilizzati dall’azienda e regolarmente adibiti al servizio; in realtà, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice, la loro utilizzazione era avvenuta in modo saltuario " al solo scopo di accertare i difetti ed i vizi temuti". D’altra parte – sottolinea l’esponente – era praticamente impossibile in una città fortemente trafficata e con carenza di servizio pubblico quale è la città di Catania, non utilizzare anche, per come è stato fatto a "singhiozzo", dei mezzi che, non appena riparati, sarebbero stati indispensabili alla circolazione cittadina". In conclusione l’AMT non aveva affatto manifestato alcuna volontà di accettare i mezzi comprati e solo la difficoltà di riscontare il difetto esistente l’aveva poi indotta a chiedere la risoluzione del contratto.

La doglianza non è fondata.

Secondo questa Corte regolatrice, la regola dettata dall’art. 1492 c.c., comma 2 che esclude la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto di compravendita nei casi di alienazione o trasformazione della "res vendita" affetta da vizi redibitori, deve essere ricondotta non tanto alla impossibilità obiettiva di ripristinare la situazione delle parti anteriore al contratto quanto alla volontà dell’acquirente, manifestata attraverso l’uso della cosa, di accettarla nonostante i vizi in quanto l’utilizzazione di essa si presenti come inequivocabilmente indicativa della predetta volontà, con apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito e che non può essere compiuto per la prima volta in sede di legittimità" (Cass. n. 22416 del 29/11/2004). Ciò posto, nella fattispecie la censura in esame si risolve evidentemente in una questione di fatto, inammissibile,in questa sede, avendo la corte distrettuale ampiamente motivato la propria decisione, sulla base di una corretta quanto condivisibile interpretazione delle emergenze istruttorie, da cui era emerso in specie come l’azienda, per un periodo di tempo molto lungo (per circa tre anni) aveva abitualmente e normalmente utilizzato i veicoli che assumeva difettosi, in tal modo rendendo più che plausibile l’idea che avesse finito con l’accettare i vizi dei veicoli in questione.

Con il 2 motivo del ricorso, l’esponente denuncia la violazione dell’art. 92 c.p.c.: a suo avviso la soccombenza reciproca avrebbe giustificato la compensazione delle spese processuali; infatti la Corte siciliana aveva rigettate anche le eccezioni proposte con l’appello incidentale dalla SICCA spa e dalla IMEAs.p.a.

La doglianza è infondata. E’ noto infatti che la compensazione delle spese processuali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità (Cass. n. 14964 del 2.2.2007).

Conclusivamente dev’essere rigettato il ricorso principale e dichiarato assorbito il ricorso incidentale condizionato (violazione art. 342 c.p.c. con riferimento all’eccezione d’inammissibilità dell’appello per carenza di specificità dei motivi rigettata dalla Corte di merito). Le spese processuali, per il principio della soccombenza sono poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale dichiara assorbito il ricorso incidentale e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in Euro 9.200,00, di cui Euro 9.000,00 per onorario, oltre accessori di legge, per ciascuna delle controricorrenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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