Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 09-06-2011, n. 23127

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Roma, con sentenza in data 22 gennaio 2010, confermava la condanna pronunciata il 28 ottobre 2008 dal Tribunale di Roma alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 300 di multa nei confronti di N.C., dichiarata colpevole del delitto di truffa, perchè, con artifizi e raggiri consistiti nel predisporre false deleghe al ritiro di somme dal conto corrente della persona offesa, A.M., detenuta, inducendo in errore il personale della Banca di Roma, si procurava l’ingiusto profitto di Euro 5.800.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputata, deducendo i seguenti motivi:

1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità ai sensi dell’art. 195 c.p.p..

Il ricorrente lamenta che i giudici di merito abbiano ritenuto attendibile e credibile l’atto di querela e le sommarie informazioni rese dalla persona offesa successivamente deceduta, non valutando che quanto riportato non costituiva fatto direttamente appreso dal querelante, ma frutto di una ricostruzione compiuta dal suo difensore di fiducia mai escusso a dibattimento.

2) mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla sussistenza degli elementi del reato contestato, in quanto i giudici di merito avrebbero dato piena attendibilità alle dichiarazioni della persona offesa, individuo pregiudicato e non costituitosi parte civile, sostenendo la falsificazione della delega senza nessun riscontro scientifico.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili. Manifestamente infondata è la dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni della persona offesa, poichè dalla sentenza impugnata risulta che tali dichiarazioni sono state rese dall’ A. dopo che, rimesso in libertà, aveva constatato che la N. aveva ritirato tutti i suoi risparmi con deleghe dallo stesso disconosciute. L’accertamento della falsità delle deleghe si basa non solo sul disconoscimento della persona offesa, ma anche sulla evidente alterazione constatata dai giudici di merito.

Il motivo di ricorso sul punto, pertanto, è anch’esso manifestamente infondato nella parte in cui deduce mancanza e illogicità della motivazione, non consentito nella parte in cui pretende che questo giudice di legittimità rivaluti le emergenze processuali.

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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