Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 09-06-2011, n. 23126

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 9 marzo 2010, confermava la condanna pronunciata il 29 settembre 2008 dal Tribunale di Cremona nei confronti di T.E. e S.T. per il reato, commesso in concorso, di rapina aggravata ai danni di un ufficio postale, e di I.F. per il reato di concorso in rapina aggravata ai danni di un’agenzia bancaria di (OMISSIS).

Per quanto concerne gli imputati T. e S., la condanna si basava sulla intercettazione delle utenze in loro uso che provavano la loro presenza contemporanea sul luogo e nell’ora della rapina e l’allontanamento contemporaneo da quella località e il rientro con tragitti diversi a (OMISSIS); inoltre, la perquisizione domiciliare presso l’abitazione del S., dopo che il T. era stato notato entrare nell’abitazione stessa con un borsone e uscirne poco dopo senza il borsone, aveva portato al rinvenimento della somma in contanti di L. 50.102.000 e di un revolver a tamburo con sei cartucce. La Corte di Appello, sulla base della documentazione sanitaria in atti, riteneva che il S. avesse piena capacità cognitiva e valutativa al momento della rapina. La stessa Corte osservava, in risposta ad eccezione della difesa di T., che la contestazione della recidiva nel corso dell’udienza era stata effettuata prima della chiusura del dibattimento e nessun termine a difesa era previsto dalla legge.

Per quanto concerne I., i giudici di merito basavano la pronuncia di condanna sul contenuto di una telefonata intercettata nel corso della quale l’imputato, parlando con il cugino, tre giorni prima della rapina, preannunciava la sua partenza da (OMISSIS) con destinazione Genova; dal tenore della telefonata, segnatamente dal linguaggio prudente e dalla manifestata volontà di non incontrare lo zio, ricavavano la motivazione illecita del viaggio. Inoltre, il giorno successivo alla rapina l’imputato veniva controllato al porto di (OMISSIS) e trovato in possesso della somma di L. 10.790.000, suddivisa in banconote di vari tagli sostanzialmente corrispondenti a quelli oggetto della rapina.

Propongono ricorso per cassazione i difensori degli imputati.

Il difensore di T. deduce i seguenti motivi:

1) violazione e/o erronea applicazione della legge processuale penale, nonchè mancanza di motivazione. Il ricorrente afferma che la doglianza difensiva in merito alla contestata recidiva non riguardava i termini a difesa, ma la tardività della contestazione medesima, che aveva limitato il diritto di difesa dell’imputato, che non era più nelle condizioni di effettuare le scelte processuali e difensive che riteneva più idonee.

2) violazione e/o erronea applicazione della legge penale, nonchè mancanza o illogicità manifesta della motivazione.

Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata si baserebbe su induzioni soggettive e non avrebbe tenuto conto delle doglianze difensive, rilevando, in particolare, che il rinvenimento di un’arma simile a quella utilizzata nel corso della rapina non è un elemento che abbia i caratteri della certezza; che la somma di denaro sequestrata era stata restituita al S. e non rileverebbe la circostanza rilevata dal giudice di appello che ciò sarebbe avvenuto in altro procedimento; che, infine, il rapinatore non aveva inflessioni dialettali, come risulterebbe dalle testimonianze assunte, mentre l’imputato avrebbe una parlata con marcato accento meridionale.

3) violazione e/o erronea applicazione della legge penale, nonchè illogicità manifesta della motivazione, in quanto le attenuanti generiche sarebbero state negate con formule stereotipe. Il difensore di S. deduce i seguenti motivi:

1) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in quanto non vi sarebbe la prova certa che l’imputato abbia effettivamente partecipato alla rapina.

Il ricorrente osserva che non è stato provato che il giorno della rapina il telefono cellulare che aveva attivato la cella vicina al luogo del delitto fosse in uso al S.; che non risulta che il S. fosse conosciuto con il soprannome (OMISSIS), che era colui che, in base alle conversazioni telefoniche intercettate si doveva incontrare con il T.; che la somma di denaro sequestrata presso l’abitazione del S. è stata dissequestrata nell’ambito del procedimento nel quale lo stesso è stato condannato per detenzione di armi.

2) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con riferimento agli artt. 88 e 89 c.p., in quanto la Corte di Appello si sarebbe limitata ad analizzare una minima parte della documentazione medica relativa allo stato di salute del S., in particolare non tenendo conto della relazione del consulente di parte.

3) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), con riferimento all’art. 62 bis c.p., in quanto avrebbero dovuto essere riconosciute la circostanze attenuanti generiche, in considerazione della circostanza che il S. è tossicodipendente, affetto da varie patologie psichiatriche e il fatto non appare di particolare gravità.

Il difensore di I. deduce i seguenti motivi:

1) erronea applicazione della legge, nonchè mancanza ed illogicità manifesta della motivazione. Il ricorrente lamenta la disconosciuta attendibilità dei testi a difesa, un riferimento non comprensibile al monitoraggio degli spostamenti dell’imputato, la mancanza di valenza indiziante del contenuto della conversazione intercettata, la ritenuta inverosimiglianza delle giustificazioni addotte dall’imputato in ordine all’uso della nave per recarsi a (OMISSIS) da (OMISSIS), la illogica affermazione che l’imputato avrebbe avuto con sè una somma simile a quella oggetto della rapina, illogicità derivante dalla considerazione che la somma stessa avrebbe dovuto essere divisa con i complici; infine, il ricorrente rileva discrasie sulla corporatura dell’ I. rispetto a quella descritta dal personale della banca. 2) vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all’art. 133 c.p., in quanto il comportamento processuale dell’imputato, preso in considerazione dal giudice di appello per negare la riduzione della pena, non dovrebbe avere rilievo considerato il diritto dell’imputato stesso a protestarsi innocente.
Motivi della decisione

I motivi dei ricorsi sono manifestamente infondati ovvero non consentiti nel giudizio di legittimità e devono essere dichiarati inammissibili.

Il motivo di ricorso con il quale T. deduce la tardività della contestazione della recidiva è manifestamente infondato, in quanto non trova riscontro in alcuna norma del codice di rito, che, anzi, con riferimento alla contestazione della recidiva nel corso dell’istruzione dibattimentale esclude anche la possibilità di chiedere un termine a difesa ( art. 519 c.p.p.), proprio per le caratteristiche della circostanza, medesima, che può essere rilevata dalle parti attraverso il semplice esame del certificato del casellario giudiziale. Il motivo di ricorso di T. concernente la responsabilità è manifestamente infondato per la parte in cui contesta l’esistenza di un apparato giustificativo della decisione, che invece esiste; non consentito per la parte in cui pretende di valutare, o rivalutare, le emergenze processuali al fine di trarre proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Secondo il costante insegnamento di questa Suprema Corte esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.

I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione ampia ed esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, come sintetizzato nella parte espositiva della presenta sentenza.

Anche il motivo di ricorso concernente le attenuanti generiche è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che non sussistessero circostanze valorizzabili ai fini della concessione e, d’altra parte, nessuna indicazione in tal senso è stata fatta dal ricorrente, il cui motivo di ricorso, quindi, è privo anche del carattere della specificità.

Il motivo di ricorso di S. concernente la responsabilità è manifestamente infondato e non consentito per le ragioni già esposte con riferimento ad analogo motivo di ricorso di T..

Il motivo di censura dello stesso S. concernente il suo stato di salute è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata ha preso specificamente in considerazione la produzione documentale della difesa, ritenendola confermativa del quadro clinico descritto dal perito del Tribunale.

Anche il motivo di ricorso concernente le attenuanti generiche è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata non solo ha ritenuto che non sussistessero circostanze valorizzatali ai fini della concessione, ma ha posto in rilievo la gravità del fatto commesso con l’uso di un’arma, oltre la personalità dell’imputato gravato da numerosi precedenti penali.

Il motivo di ricorso di I. concernente la responsabilità è manifestamente infondato e non consentito per le ragioni già esposte con riferimento ad analogo motivo di ricorso di T..

Il motivo di ricorso dello stesso I. concernente la misura della pena è manifestamente infondato, in quanto la sentenza impugnata ha motivatamente adeguato il trattamento sanzionatorio alla gravità del fatto e alla personalità dell’imputato, a cui carico sussistono numerosi e gravi precedenti penali, anche di natura specifica. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al versamento ciascuno della somma, che si ritiene equa, di Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro 1000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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