Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 08-03-2011) 09-06-2011, n. 23125 Vendita di prodotti industriali con segni mendaci

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a spese.
Svolgimento del processo

Il G.I.P. del Tribunale di Napoli, all’esito di giudizio abbreviato, con sentenza in data 31 luglio 2006, dichiarava A.A. responsabile del reato di associazione per delinquere e di molteplici reati di contrabbando doganale, di ricettazione e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi; B.P. responsabile dei reati di ricettazione e di commercio di prodotti con segni falsi; C.V. e S.D. responsabili del reato di associazione per delinquere e di reati di ricettazione e di commercio di prodotti con segni falsi.

Il G.I.P. disponeva, altresì, la confisca di quanto in sequestro.

La Corte di Appello di Napoli, con sentenza in data 26 febbraio 2008, accoglieva le richieste delle parti di pena concordata, disattendendo le richieste dei difensori di pronuncia in ordine ai motivi di impugnazione concernenti la disposta confisca dei beni sequestrati, ritenendola preclusa in base al principio devolutivo per effetto della rinuncia degli appellanti a tutti i motivi di impugnazione diversi da quelli concernenti la misura della pena, posto che tale rinuncia deve necessariamente avere ad oggetto tutti i motivi diversi da quelli sul cui accoglimento vi è accordo.

Propongono ricorso per cassazione i difensori degli imputati.

Il difensore di C. e S. deduce i seguenti motivi:

1) mancanza di motivazione, in quanto la difesa, all’udienza del 26 febbraio 2008, dichiarava di concordare la pena e, nel riportarsi agli accordi raggiunti con il P.G., insisteva nella restituzione dei beni oggetto del sequestro; pertanto, vi sarebbe stata una concorde volontà delle parti di mantenere in vita quella parte dell’appello contenente la richiesta di restituzione dei beni confiscati.

2) erronea applicazione della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, in quanto il valore dei beni confiscati sarebbe sproporzionato all’attività delittuosa addebitata e i ricorrenti avrebbero dimostrato il reddito legittimo dal quale proveniva l’acquisto e la veritiera appartenenza dei beni medesimi.

Il difensore di B. deduce erronea applicazione della L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, nonchè mancanza di motivazione, in quanto la rinuncia ai motivi di impugnazione non avrebbe riguardato la revoca della misura di sicurezza patrimoniale, per la quale non sarebbero sussistiti i presupposti, poichè il ricorrente avrebbe giustificato la provenienza e la disponibilità di tutti i beni sequestrati.

Il difensore di A. deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 133 e 62 bis c.p., in quanto il giudice di appello non avrebbe sufficientemente adeguato la pena al caso concreto e non avrebbe applicato le circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione. Ha depositato memoria la parte civile Bulgari s.p.a., chiedendo che venga dichiarata la inammissibilità di tutti i ricorsi.
Motivi della decisione

I motivi di ricorso di B.P., C.V. e S.D. sono fondati, in quanto la sentenza impugnata ha omesso la motivazione in merito all’applicazione della confisca.

Infatti, la rinuncia ai motivi di appello diversi da quelli concernenti la misura della pena ex art. 599 c.p.p. non esclude che il giudice di appello debba motivare in ordine all’intervenuto accordo fra le parti, ma la motivazione sommaria propria del rito speciale non può estendersi alla misura di sicurezza patrimoniale della confisca, la cui applicazione richiede una specifica motivazione in merito ai presupposti e alle condizioni di applicabilità.

I motivi di ricorso di A.A. sono, invece, inammissibili, in quanto si tratta di censure con le quali la parte pretende di riaprire l’esame su elementi, la cui valutazione è preclusa dalla sua stessa richiesta di pena dietro accordo. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di B.P., C.V. e S.D. limitatamente alla disposta confisca con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto; mentre deve essere dichiarato inammissibile il ricorso di A.A., con la conseguenza della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al versamento della somma, che si ritiene equa, di Euro 1500,00 a favore della cassa delle ammende..

In considerazione dell’accoglimento delle censure dei suddetti ricorrenti nulla deve essere disposto in ordine alle spese delle parti civili nel presente grado di giudizio e ciò vale anche con riguardo al ricorrente A., non potendosi ritenere che vi sia stata una "partecipazione non meramente formale, ma effettiva e feconda dell’interessato al processo dialettico" riguardante, peraltro, esclusivamente la misura della pena (Sez. U, 28 gennaio 2004, n. 5466).
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di B.P., C.V. e S.D. limitatamente alla disposta confisca con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli per nuovo giudizio sul punto; dichiara inammissibile il ricorso di A.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500,00 alla cassa delle ammende.

Nulla in ordine alle spese sostenute dalla parte civile in questo grado di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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