Cass. civ. Sez. III, Sent., 14-10-2011, n. 21298 Surrogazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Axa Assicurazioni S.p.A. ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata il 23.6.2005. con la quale era stata respinta la propria richiesta di condanna, nei confronti della A.T.M. – Azienda Trasporti Milanesi S.p.A., proposta ai sensi dell’art. 1916 c.c., per la somma versata al proprio assicurato a titolo di indennizzo per il furto dell’autovettura subito in area di parcheggio gestita da detta A.T.M.. La società intimata ha resistito con controricorso, illustrato da memoria.

All’udienza del 9 marzo 2011, la causa è stata rinviata in attesa della decisione delle Sezioni Unite sulla questione; quindi, all’udienza del 28 giugno nuovamente rinviata per poter valutare la decisione delle Sezioni Unite.

2. Con l’unico motivo (violazione e falsa applicazione di norme di diritto), illustrato da memoria, la ricorrente ha dedotto che la Corte di merito ha errato nel non ritenere applicabile nella specie la normativa del codice civile in materia di deposito, con conseguente responsabilità ex recepto.

3. La censura è infondata.

3.1. Al fine di limitare la congestione del traffico cittadino e ridurre l’inquinamento atmosferico ed acustico, la L. n. 122 del 1989, art. 15, ha previsto che le grandi metropoli istituissero aree di sosta a pagamento senza obbligo di custodia, o aree di interscambio, così denominate in relazione alle zone in cui vengono solitamente realizzate (in periferia, all’ingresso in città, in prossimità dei capolinea delle linee metropolitane). La disposizione è stata ripresa dal D.Lgs. n. 285 del 1992. art. 7, comma 1, lett. f, che ha previsto in via generale per i comuni la possibilità, previa deliberazione della giunta, di stabilire aree destinate al parcheggio a pagamento, anche senza custodia del veicolo. Trattasi di normativa speciale, derogatoria rispetto a quella generale dettata dell’art. 1766 c.c., e segg., in materia di deposito, cui il Comune di Milano ha dato attuazione mediante delibera di giunta del 1993, con la quale sono state create alcune aree di interscambio, tra cui quella in questione, in cui è avvenuto il furto, e se ne è affidata la gestione all’ATM, prevedendosi altresì, al fine di incentivare la sosta e l’uso dei mezzi pubblici per l’ingresso in città, il pagamento di un prezzo esiguo, di gran lunga inferiore a quello delle aree di sosta private, con obbligo di custodia per il depositario.

3.2. La sentenza impugnata, pertanto, ha correttamente qualificato come contratto atipico di "parcheggio incustodito" quello intercorso tra derubato e ATM ed ha correttamente desunto da detta qualificazione l’inesistenza di un obbligo di custodia del veicolo a carico dell’azienda (v. Cass. n. 6169/09, in analoga fattispecie tra le medesime parti; nonchè sulla configurabilità del contratto atipico in questione, Cass. n. 22598/04). La corte di merito ha propriamente dato rilievo, anche nell’individuare l’interesse meritevole di tutela (art. 1322 c.c.) alla legge che consente all’ente locale di istituire aree di sosta a pagamento senza obbligo di custodia. Ne l’assunzione di un obbligo di custodia può derivare dalle modalità di accesso e di uscita dal parcheggio, dall’esistenza di dispositivi di controllo, dal fatto che l’area sia recintata, ovvero da ciò che in buona fede può pensare l’utente nell’immettersi in essa, trattandosi di circostanze del tutto irrilevanti ai lini dell’assunzione di tale obbligazione, ed essendo stata in ogni caso esclusa, mediante regolamento affisso all’ingresso dell’area e in più punti di essa, come pure accertato, richiamato anche nella scheda di accesso, quindi con mezzi più che idonei a porre sull’avviso l’utente dell’area, qualsiasi assunzione di responsabilità ex recepto. Trovando l’assenza di un obbligo di custodia la sua fonte direttamente nella legge, e non in una clausola contrattuale limitativa di responsabilità, il regolamento, con l’espressa avvertenza che l’azienda non avrebbe risposto del furto del veicolo e di quanto in esso contenuto, non aveva bisogno, contrariamente a quanto pure affermato in ricorso, di approvazione per iscritto ai sensi dell’art. 1341 c.c. (Cass. n. 6169/09. cit.).

3.3. Tali conclusioni hanno trovato piena conferma nella recente pronuncia della Sezioni Unite – che questo Collegio condivide e rispetto alla quale non sono emerse ragioni per discostarsi – secondo cui l’istituzione da parte dei Comuni, previa deliberazione della Giunta, di aree di sosta a pagamento ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 7, comma 1, lett. f), (C.d.S.), non comporta l’assunzione dell’obbligo del gestore di custodire i veicoli su di esse parcheggiati se l’avviso "parcheggio incustodito" è esposto in modo adeguatamente percepibile prima della conclusione del contratto (art. 1326 c.c., comma 1, e art. 1327 cod. civ.), perchè l’esclusione attiene all’oggetto dell’offerta al pubblico ex art. 1336 cod. civ. (senza che sia necessaria l’approvazione per iscritto della relativa clausola, ai sensi dell’art. 1341 cod. civ., comma 2, non potendo presumersene la vessatorietà), e l’univoca qualificazione contrattuale del servizio, reso per finalità di pubblico interesse, normativamente disciplinate, non consente, al fine di costituire l’obbligo di custodia, il ricorso al sussidiano criterio della buona fede ovvero al principio della tutela dell’affidamento incolpevole sulle modalità di offerta del servizio stesso (quali, ad esempio, l’adozione di recinzioni, di speciali modalità di accesso ed uscita, di dispositivi o di personale di controllo), potendo queste ascriversi all’organizzazione della sosta.

Ne consegue che il gestore concessionario del Comune di un parcheggio senza custodia non è responsabile del furto del veicolo in sosta nell’area all’uopo predisposta" (Cass. S U. 28 giugno 2011 n. 14319).

3.4. Del resto, va anche ribadito che l’individuazione della volontà negoziale – che si risolve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito – è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno sono diverse da quelle della parte, bensì allorchè esse sono insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica (Cass. 28.8.2001 n. 11289;

Cass. 12.3.1994 n. 2415; Cass. 2.2.1996 n. 914; Cass. 25.2.1998 n. 3142). Nella specie, non e stato censurato il procedimento argomentativo seguito dalla corte di merito, nè il ricorrente ha indicato quali criteri ermeneutici sarebbero stati violati nella ricostruzione della volontà negoziale.

3.5. Ne deriva il rigetto del ricorso. Ricorrono giusti motivi – tenuto conto del riferito contesto giurisprudenziale e della recente pronuncia delle Sezione Unite sulla dibattuta questione – per compensare le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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