Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-03-2011) 09-06-2011, n. 23255 falsità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 5.10.2010 il GIP presso il Tribunale di Roma dichiarava non doversi procedere a carico di H.C. e N.C., imputati del reato di cui agli arti 110 e 479 c.p., art. 61 c.p., n. 2 ritenuto estinto per prescrizione – ad essi ascritto – acc. in (OMISSIS);

Così contestato: "perchè in concorso tra loro il primo in qualità di operatore e il secondo di aiuto che materialmente compilò la scheda operatoria – atto pubblico – relativa all’intervento chirurgico di tracheotomia posterolaterale sinistra cui sottoponevano D.G.F., affermavano in detto atto falsamente "il mediastino posteriore risulta sede di verosimile infiltrazione neoplastica" e omettevano di indicare l’avvenuta rimozione della garza/tampone dall’ H. colposamente dimenticata in sede,nel corso dell’intervento di esofagectomia totale cui aveva sottoposto il D.G. il (OMISSIS), al fine di conseguire l’impunità per il configurabile reato di omicidio colposo,in quanto il decesso del D.G. avveniva il (OMISSIS), come descritto in rubrica.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il PG. presso la Corte di Appello di Roma, deducendo la violazione di legge penale, in riferimento agli artt. 479 e 476 c.p..

A riguardo evidenziava che il GUP aveva ritenuto estinto il reato rilevando che nella contestazione il PM non avesse fatto esplicito richiamo all’art. 476 c.p., comma 2 ed alla natura di atto pubblico con fede privilegiata della "scheda operatoria" ospedaliera, in ordine alla quale si sarebbe verificato il falso.

Il Requirente evidenziava di non condividere tale valutazione, rilevando che spetta al Giudice la qualificazione giuridica del fatto (essendo sufficiente, a tal fine, ai fini della tutela del diritto di difesa, che l’imputato sia stato posto nelle condizioni di difendersi da una accusa enunciata in fatto) e sull’argomento richiamava giurisprudenza di legittimità inerente alla applicazione dell’ipotesi aggravata ex art. 476 c.p., comma 2. Richiamava, in particolare, per la fattispecie oggetto di esame, sentenza di questa Corte – Sez. 5, del 16.4.2009 – n. 31858.

Per tali motivi, rilevando che il termine di prescrizione per tale reato non risultava decorso,chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.
Motivi della decisione

La Corte rileva il fondamento del ricorso.

Invero nella sentenza di cui si tratta il Giudice procedente ha violato il criterio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte, ritenendo preclusa la configurabilità dell’ipotesi normativa enunciata dall’art. 476 c.p.. Nella specie, si richiama, ai fini della applicazione della norma, il principio stabilito da questa Corte, con sentenza n. 31588, richiamata dal PG ricorrente, secondo il quale deve aversi riguardo alla contestazione in fatto, onde spetta al Giudice procedere alla corretta qualificazione della condotta oggetto di contestazione, che nella sentenza impugnata risulta riconducibile a quella indicata dall’art. 476 c.p..

Deve a riguardo menzionarsi l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità inerente alla falsità della "cartella clinica" alla quale deve essere assimilata la scheda operatoria, nella quale restano attestate le attività svolte dai sanitari nelle rispettive competenze durante l’intervento chirurgico.

In tal senso può ritenersi che la "scheda operatoria", al pari della "cartella clinica" redatta da un medico ospedaliero "è caratterizzata dalla produttività di effetti incidenti su situazioni giuridiche soggettive di rilevanza pubblicistica", nonchè dalla attestazione tipica della funzione del sanitario ospedaliero che assume funzione di pubblico ufficiale (v. sull’argomento Sez. 5, 27-1- 1998, n. 1098, Noce e altro – nonchè Sez. 5, 23 marzo 2004, n. 13989, Castaldo – RV228024).

Si ritiene pertanto assimilabile alla cartella clinica la scheda operatoria, nel suo valore documentale, trattandosi di atto che attesta le fasi e modalità di svolgimento dell’attività chirurgica e ne attesta lo svolgimento secondo le competenze dei sanitari ivi impegnati nell’ambito della struttura ospedaliera ed ai fini ad essa pertinenti. La sentenza risulta pertanto viziata dalla erronea applicazione della legge penale. Conseguentemente la Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal PG deve annullare l’impugnata sentenza, con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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