Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-03-2011) 09-06-2011, n. 23252

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nei confronti di F.E. venivano emessi decreti di sequestro probatorio in data 6.10.2010, aventi a oggetto carte di credito, documenti di imbarco, agende, materiale informatico vario e altra documentazione, in relazione alle ipotesi criminose ex artt. 453, 458 e 648 c.p..

Il primo provvedimento era stato eseguito di iniziativa della pg (e poi convalidato dal PM) presso l’aeroporto di (OMISSIS), il secondo era stato eseguito, all’esito di perquisizione disposta dal PM, presso la abitazione del F..

Avverso detti decreti proponeva richiesta di riesame l’interessato e il TdR, rilevato che il termine entro il quale la decisione avrebbe dovuto essere assunta era invano spirato, dichiarava la inefficacia dei predetti provvedimenti.

Il materiale in questione veniva quindi restituito al difensore del F., ma, immediatamente dopo, veniva risequestrato in esecuzione di nuovo provvedimento del PM. Avverso tale nuovo provvedimento ablativo veniva proposta nuova istanza di riesame e il TdR di Varese, con il provvedimento di cui in epigrafe confermava il disposto sequestro.

Ricorre per cassazione il F. e deduce:

1) violazione dell’art. 103 c.p.p., in quanto il sequestro è stato eseguito nei confronti del difensore. Nessun rilievo può avere il fatto che il provvedimento ablativo sia stato eseguito negli uffici della GdF e non nello studio dell’avvocato, in quanto ciò che rileva non è il dato spaziale, ma la disponibilità della res da parte del difensore dell’imputato/indagato. Nè può ragionevolmente negarsi che il predetto materiale sia funzionale all’esercizio del diritto di difesa.

2) violazione degli artt. 121 e 125 c.p.p., art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c) per mancata specificazione materiale degli elementi di indagine. Sul punto la motivazione è meramente apparente. Nessuna allegazione degli elementi minimi è stata effettuata e il provvedimento sembra obbedire a mere finalità esplorative. I reati addebitati al F. sono solo enunziati con l’indicazione dell’articolo del codice. Le fattispecie evocate postulano un atto di falsificazione che non viene indicato. La ricettazione postula un delitto pregresso, del quale manca la specificazione;

3) omessa e carente motivazione in ordine alla pertinenzialità e la finalità probatoria dei beni sequestrati, nonchè violazione dell’art. 253 c.p.p..

Non è dato comprendere quale rapporto avrebbero con i reati ipotizzati le cose sequestrate (es. dati informatici fissati su CD), nè la mera indicazione degli stessi come "corpo del reato", dopo i noti arresti giurisprudenziali delle SS.UU., può valere come motivazione implicita in ordine alla loro pertinenzialità. Il TdR, per altro, afferma anche che il sequestro è funzionale all’impedimento di condotte illecite, dimenticando che trattasi di sequestro probatorio e non preventivo.

4) omessa motivazione in ordine alla dedotta esuberanza del sequestro, atteso che, con il ricorso, si era eccepito che l’atto ablativo aveva avuto un’estensione del tutto sproporzionata con riferimento alle dichiarate finalità probatorie. Sul punto il TdR non ha fornito risposta.
Motivi della decisione

La prima censura è manifestamente infondata.

Come lo stesso ricorrente, ricorda il divieto di sequestro presso il difensore soffre la limitazione relativa al sequestro del corpo di reato.

Ebbene "corpo di reato" sono qualificate le cose prima sequestrate, poi dissequestrate e restituite al difensore -che ovviamente non le riceveva per sè, ma per il suo assistito- quindi nuovamente sequestrate (è ovvio che la restituzione avvenne solo formalmente).

Se dunque il "materiale" sequestrato è da qualificarsi, secondo l’ipotesi di accusa, "corpo di reato", del provvedimento ablativo non può dolersi nè il difensore, nè chiunque altro, trattandosi di cose sottoposte (in ipotesi) a confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., comma 2, n. 2.

Il fatto è, tuttavia, che la qualificazione delle res in sequestro come corpo di reato è (o almeno appare) puramente assertiva.

Invero, se non viene chiarito, con un ragionevole livello di specificazione, in cosa sia consistita la condotta addebitata all’indagato, risulta impossibile comprendere per qual motivo determinati oggetti o documenti dovrebbero essere considerati, appunto, corpo di reato.

E’ noto, per altro, che le SS.UU. di questa Corte, come ricordato dal ricorrente, hanno affermato (sent. n. 5876 del 2004, rie. PC Ferrazzi in proc. Bevilacqua, RV 226711) che, anche per le cose che costituiscono corpo di reato, il decreto di sequestro – a fini di prova – deve essere sorretto, a pena di nullità, da idonea motivazione in ordine al presupposto della finalità perseguita, in concreto, per l’accertamento dei fatti (per altro, con pronunzie successive, le Sezioni "semplici" sembrano voler ridimensionare la portata di tale enunciato, cfr. ASN 201008662-RV 246850), ma, nel caso in esame, dovrebbe essere quantomeno chiarito: 1) quali sono i documenti che si ritengono falsificati e quali sono gli elementi che orientano in tal senso, 2) quale sia il contenuto dei supporti informatici dei quali il F. fu trovato in possesso e quale attinenza con i fatti per i quali si procede detto contenuto, eventualmente, abbia, 3) quale sia il delitto presupposto della contestata ipotesi ex art. 648 c.p., fornendosi, per il delitto presupposto, utili (se pur minime e anche generiche) indicazioni spaziali, temporali e circostanziali, che valgano a metterlo in relazione col contestato delitto di ricettazione. Per le ragioni sopra specificate, le censure sub 2) e 3) devono ritenersi fondate (quella sub 4 resta assorbita) e, conseguentemente, il provvedimento impugnato va annullato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Varese.
P.Q.M.

Annulla la ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Varese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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