Cass. pen., sez. VI 17-07-2008 (04-07-2008), n. 30027 (ord.) Condannato in regime di detenzione domiciliare – Questione di costituzionalità

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO
La ricorrente impugna la sentenza di cui in epigrafe, che ne ha confermato la penale responsabilità per il reato di evasione dagli arresti domiciliari di cui alla L. 354 del 1975, art. 385 c.p., e art. 47 ter c.p., commi 1 e 8.
Sul presupposto che essa si trovava in regime di detenzione domiciliare ordinaria in quanto madre di prole di età inferiore ai dieci anni seco convivente e violò l’orario di rientro nell’abitazione di soli 40 minuti, assume la irrilevanza penale del fatto, in forza dell’applicazione analogica in bonam partem del coordinato disposto della L. n. 354 del 1975, art. 47 quinquies, comma 1, e art. 47 sexies, comma 1,sollevando, in subordine, questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 Cost., del coordinato disposto di cui ai commi 1 e 8 del cit. art. 47 ter, per ingiustificato deteriore trattamento, rispetto alla situazione, del tutto analoga, di cui al coordinato disposto della L. 354 del 1975, art. 47 quinquies, comma 1, e art. 47 sexies, comma 1.
DIRITTO Va premesso che, a fronte dell’inequivoco tenore del comma 8 del cit art. 47 ter, non c’è spazio (come già incidentalmente rilevato dalla sentenza della Corte cost. n. 173 del 1997) per il ricorso all’invocata applicazione analogica della L. n. 354 del 1975, art. 47 sexies, comma 1.
Quanto alla sollevata questione di legittimità costituzionale, essa è sicuramente rilevante, in quanto dal suo accoglimento deriverebbe l’irrilevanza penale del fatto ascritto alla prevenuta.
In ordine al requisito della non manifesta infondatezza, va anzitutto sgombrato il campo dall’apparente precedente negativo costituito dalla sentenza di questa Corte n. 31995 del 2003. In essa, infatti, da un lato, venne in esame soprattutto il raffronto fra la L. n. 354 del 1975, art. 47 ter e l’art. 51 e, dall’altro, la fattispecie oggetto di esame non era quella della madre di prole di età inferiore ad anni dieci.
La questione sollevata è in realtà, ad avviso del Collegio, non manifestamente infondata.
Le previsioni di detenzione domiciliare di cui alla seconda parte della L. n. 354 del 1975, art. 47 ter, comma 1, lett. a) e al comma 1 dell’art. 47 quinquies citata legge riguardano, invero, entrambe la situazione della madre di prole di età inferiore ad anni dieci e tendono al comune fine di favorire un proficuo rapporto tra madre e figlio, al di fuori della restrizione carceraria.
Nel primo caso, si tratta della detenzione domiciliare cd.
"ordinaria", che si può applicare per l’espiazione di pena (anche residua) non superiore a quattro anni. Nel secondo caso la detenzione domiciliare è "speciale" e si può applicare per l’espiazione di pene superiori a quella di cui all’art. 47 ter, previa verifica dell’insussistenza del pericolo di commissione di ulteriori delitti e dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena.
Come si vede, la situazione di cui all’art. 47 quinquies si delinea come soggettivamente più "critica" rispetto a quella di cui all’art. 47 ter e, quindi, non appare meritevole di un più benevolo trattamento sanzionatorio in relazione alle condotte "trasgressive".
Non sembra conseguentemente conforme al principio di ragionevolezza la previsione di cui all’art. 47 sexies, comma 1, che – contrariamente a quanto disposto dal comma 8 dell’art. 47 ter per la condannata in detenzione domiciliare ordinaria (che richiama l’art. 385 c.p., per qualsiasi ipotesi di allontanamento dal domicilio) – esclude per la condannata in detenzione domiciliare speciale la rilevanza penale dell’allontanamento dal domicilio che non si protragga più di dodici ore.
Nè una ragione giustificativa di tale differenza può trovarsi nella previsione di cui all’art. 47 quinquies, comma 3, che, per la detenzione domiciliare speciale, demanda al tribunale di sorveglianza, oltre che di fissare, come per la detenzione domiciliare ordinaria, le modalità di attuazione, secondo quanto stabilito dall’art. 284 c.p.p., anche di precisare il periodo di tempo che la persona può trascorrere all’esterno del proprio domicilio. Da un lato, infatti, tale previsione sembra solo voler fissare un limite generale invalicabile per le eventuali autorizzazioni di cui all’art. 284 c.p.p., comma 3, dall’altro, il disposto di cui all’art. 47 sexies, comma 1 è del tutto sganciato da essa.
P.Q.M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale del coordinato disposto della L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47 ter, commi 1 e 8, nella parte in cui non limita la punibilità ai sensi dell’art. 385 c.p. al solo allontanamento dal domicilio che si protragga più di dodici ore;
sospende il giudizio, ordinando che, a cura della Cancelleria, siano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale;
ordina alla Cancelleria di notificare la presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e di darne comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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