Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 01-03-2011) 09-06-2011, n. 23210 Risarcimento in forma specifica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 10.12.09, il tribunale di Asti ha confermato la sentenza 8.2.08 del giudice di pace di Canelli, con la quale L.M. M. è stata condanna alla pena di Euro 300 di multa, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese in favore della parte civile, perchè ritenuta responsabile del reato di diffamazione in danno di B.A. direttore dei lavori di costruzione di opere pubbliche, dati in appalto dal comune di Castagnole Lanze all’impresa SAB, rappresentata dall’imputata, mediante l’invio, via fax, di una missiva, contenente espressioni critiche, ritenute diffamatorie.

Il difensore ha presentato ricorso, basato sui seguenti rilievi, ribaditi nella memoria depositata il 23.2.2011. 1. violazione di legge in riferimento all’art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 533, 535 e 546, vizio di motivazione. Il primo giudice ha emesso condanna alla pena di Euro 300, senza specificare il tipo di pena, se ammenda o multa, e sulla relativa doglianza per l’omissione il giudice di appello ha ritenuto che questa omissione era irrilevante, in quanto il tipo di pena era chiaramente ricavabile dalle norme in materia. Secondo il ricorrente, la corte ha violato le norme richiamate e inoltre rimane la mancanza di motivazione sui criteri di determinazione della pena.

2. violazione di legge in riferimento all’art. 599 c.p., vizio di motivazione. I giudici di merito hanno ritenuto di non prendere in considerazione la controversia tra l’impresa e il comune (incentrata sulla diversità di opinione concernente la prevalenza, ai fini della determinazione delle liquidazioni parziali del compenso in corso d’opera, del capitolato di appalto speciale o del capitolato generale), dalla quale è nata la decisione della L. di inviare la missiva. Anche escludendo che sede naturale per risolvere la controversia sia il giudizio penale, non può aprioristicamente escludersi che aspetti della controversia possano avere rilevanza in questo giudizio, in quanto le disposizioni in materia di rapporto tra le norme dei capitolati possono fondare argomentazioni concernenti una fattispecie di comportamento arbitrario del pubblico ufficiale.

Secondo il ricorrente proprio queste norme mettono in evidenza il fatto ingiusto posto in essere dal direttore dei lavori, incaricato dal comune committente, nonchè l’atto arbitrario, rilevante ai fini del riconoscimento dell’esimente prevista dal D.Lgs.Lgt. 14 settembre 1944, n. 288, art. 4. Dall’esame della complessiva vicenda, emerge che le affermazioni della ricorrente costituiscono una critica ferma e dura , ma sempre continente e legittima, nei confronti di atti illegittimi – elencati nel ricorso – e comunque compiuti con modalità vessatorie ed espressive di iattanza. Inoltre la missiva è stata recapitata solo al B. e al geometra del comune di Castagnole Lanze, B.L. RUP (Responsabile Unico del Procedimento) senza alcuna volontà di diffondere il suo contenuto, che non è stato portato a conoscenza di una pluralità di persone.

3. vizio di motivazione sulla statuizioni civili. Sulla doglianza relativa all’eccessiva entità della liquidazione a titolo di provvisionale del danno morale, la motivazione della decisione del tribunale è contraddittoria e carente, in quanto fa riferimento al patema d’animo sofferto dal professionista, che non ne fa alcun cenno.

Inoltre, la legge prescrive ex art. 539 c.p.p., che il giudice penale pronunci un condanna generica e la remissione delle parti davanti al giudice civile, con la condanna al pagamento di una provvisionale, soltanto se le prove non consentano l’intera liquidazione del danno.

Posto che queste prove sussistono, i giudici hanno errato nel non pronunciarsi sulla domanda di totale risarcimento dei danni.

Inoltre, la cifra liquidata a titolo di provvisionale e di rimborso delle spese è ingiustificatamente eccessiva.

Il ricorso non merita accoglimento, in quanto le doglianze in esso formulate hanno già avuto adeguata risposta dal giudice di appello.

Quanto al primo motivo, correttamente il tribunale ha posto in rilievo come nessuna incertezza può essere riconosciuta nella determinazione della sanzione inflitta all’imputata, in quanto è di tutta evidenza che la specie di pena si identifica nella multa, desumibile. a) dal comparato esame della richiesta del P.M. – diretta alla condanna alla pena di Euro 400 di multa – e dalla decisione del giudice di prendere questa pena come base per la quantificazione della sanzione irrogata;

b) dal D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 52, che stabilisce che, per i reati di competenza del giudice di pace, in caso di originaria previsione di pena detentiva in alternativa a pena pecuniaria, si applica la pena pecuniaria della specie corrispondente, nella misura compresa tra Euro 258 e Euro 2.582. Nel reato in esame ,questa alternativa è inequivocabilmente fissata tra la reclusione fino a un anno e la multa fino a Euro 1.032. La misura della punizione pecuniaria, di poco superiore al minimo edittale, e l’ampia argomentazione sullo spessore trasgressivo della condotta dell’imputata, giustificano la sinteticità della formale esposizione dei crateri di determinazione del trattamento sanzionatorio.

Quanto al secondo motivo, le decisioni dei giudici di merito hanno messo in luce l’assenza di qualsiasi giustificazione per il comportamento "autogiustizialista" della L., che, a fronte di un contrasto di opinione sulla disciplina applicabile in tema di liquidazioni parziali in corso d’opera, invece di seguire il legittimo, ma complesso, percorso del ricorso amministrativo o dell’azione dinanzi al giudice civile, ha preferito la scorciatoia della immediata sanzione, nei confronti del contraddittore, infliggendogli la qualifica di colpevole di violazioni sul piano deontologico, civile e penale e diffondendola nello scenario istituzionale e lavorativo del reo (al geometra Bi. e all’amministrazione del comune di Castagnole delle Lanze). La funzione punitiva del messaggio rende evidente e indiscutibile la consapevolezza e volontà della L., di comunicare il testo, oltre che al diretto destinatario, all’amministrazione comunale, attraverso l’ufficio del protocollo e i funzionari investiti delle necessarie competenze decisionali.

Questa procedura punitiva – realizzata con la lesione del credito professionale del B. – non può trovare nel nostro ordinamento nessuna giustificazione, in quanto è allo Stato che il cittadino deve rivolgersi, in via esclusiva, ove ritenga sia stata violata la legalità e ne sia derivata una lesione per i propri diritti. Questa giustizia fai-da-te è generalmente proibita e, nel caso in esame, i giudici di merito hanno evidenziato, con analitica valutazione dei dati di fatto e della connessa documentazione, che nessuna violazione di norme di legge, di norme contrattuali e di regole della civile convivenza sia emersa in modo da escludere l’antigiuridicità della condotta diffamatoria della L.. I giudici di merito hanno inquadrato la vicenda in un contesto storico(aggiudicazione di un appalto della impresa SAB, legalmente rappresentata dalla L.; nomina dell’architetto B. come direttore dei lavori; richiesta della L. di liquidazione di competenze correlate allo stato di avanzamento dei lavori; rifiuto del B. sulla base dell’insufficienza dei lavori svolti, secondo la disciplina del capitolato speciale), che, nella sua chiara configurazione giuridica ed economica, non lascia margini all’invocata causa di giustificazione della provocazione, nè prospetta ombre ed equivoci compatibili con l’invocata esimente sotto il profilo putativo.

La rigorosa applicazione delle norme del capitolato speciale, a garanzia dell’interesse della pubblica amministrazione, non è apparsa, inoltre, ai giudici offuscata da modalità e connotati persecutori,vessatori o comunque irriguardosi nei confronti della parte privata. La fermezza con cui è data prevalenza agli interessi pubblici non può essere interpretata come atto anomalo e sconveniente, legittimante la deviazione dalle regole.

La reiterazione delle censure già formulate nei confronti delle ragioni argomentative del giudice di appello – assolutamente fedeli alle risultanze probatorie e pienamente conformi a razionale interpretazione – determina l’inammissibilità del motivo, per assenza di specificità, in quanto il suo contenuto non assolve la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza impugnata, ma ripete la critica formulata nei confronti della decisione del giudice di primo grado.

Quanto alle doglianze sulle statuizioni civili, ugualmente esse sono da considerare infondate.

Ritenuta raggiunta la parziale dimostrazione dell’entità del danno non patrimoniale, il giudice di merito ha concesso una provvisionale, mediante un provvedimento di carattere delibativo e discrezionale, consistente nella assegnazione, a titolo di anticipo, di una somma di denaro, da computare nella futura liquidazione del danno, che avverrà in sede civile, nel cui ambito non ha autorità di giudicato. Di qui l’assenza di obbligo di dettagliata motivazione e la non impugnabilità in Cassazione (sez. 4, n. 34791 del 23.6.2010).

Quanto alla generica critica sulla somma liquidata a titolo di rimborso delle spese, sostenute dalla parte civile, non risulta che il calcolo del giudice di appello dia stato effettuato in violazione delle tariffe in vigore.

Il ricorso va quindi rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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