Cass. pen., sez. I 17-07-2008 (03-07-2008), n. 29940 Procedimento disciplinare nei confronti di detenuti – Previa contestazione dell’addebito al detenuto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Con l’ordinanza in epigrafe è stato respinto il reclamo del detenuto C.G. avverso la decisione del consiglio di disciplina, che gli aveva inflitto la sanzione dell’esclusione dalle attività in comune per cinque giorni. Il Magistrato di sorveglianza rileva che l’addebito è stato previamente contestato dal comandante del reparto di polizia penitenziaria, delegato dal direttore, e la contestazione è stata rinnovata "in limine" all’udienza dinanzi al consiglio sicchè, a prescindere dalla sollevata questione circa la delegabilità dell’atto del direttore, nessuna lesione dei diritti difensivi si era verificata, e non era ravvisabile alcuna ipotesi di invalidità.
L’interessato ha proposto ricorso per cassazione, denunciando la violazione della L. Ordinamento Penitenziario 26 luglio 1975, n. 354, art. 38 e art. 81 relativo reg. (D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230); la previa contestazione dell’addebito nelle forme previste dalla norma regolamentare – cioè da parte del direttore, organo "terzo", alla presenza del comandante del reparto nel cui ambito era stata accertata l’infrazione – aveva una indefettibile funzione di garanzia, la cui inosservanza comprometteva la difesa e non consentiva l’immediata discolpa e i previsti accertamenti preliminari sul fatto, che potevano portare alla decisione di non attivare l’azione disciplinare.
Il ricorso è infondato. La normativa regolamentare (D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81) prevede che l’infrazione accertata dal personale sia comunicata, con rapporto scritto, al direttore; questi, in presenza del caposervizio della custodia, "contesta l’addebito all’accusato… informandolo… del diritto ad esporre le proprie discolpe" e svolge accertamenti sul fatto; convoca quindi l’incolpato davanti a sè (se ritiene applicabili le minori sanzioni di propria competenza) o al consiglio di disciplina, ove l’interessato ha facoltà di essere sentito e difendersi di persona. Come già rilevato da questa Corte (Sez. 1, 16.10/21.11.2001, Camerino) tale complesso di formalità è finalizzato ad assicurare il rispetto del principio fondamentale stabilito dalla norma primaria (art. 38, comma 2, della legge: "nessuna sanzione può essere inflitta se non… dopo la contestazione dell’addebito all’interessato, il quale è ammesso ad esporre le proprie discolpe"). Ne segue che non ogni inosservanza delle previsioni regolamentari costituisce causa di invalidità della procedura, ma soltanto quella che si risolva nella mancanza di puntuale contestazione dell’addebito o in menomazione della facoltà di esporre all’organo decidente le proprie difese. Alcuni degli adempimenti regolamentari sono per loro natura meramente facoltativi (accertamenti preliminari del direttore, possibili e necessari soltanto se la prova del fatto non sia già evidente); l’inosservanza di altri costituisce – se non abbia in concreto inciso sul rituale contraddittorio – semplice irregolarità ininfluente sulla validità del provvedimento adottato. Quanto alla previa contestazione da parte del direttore concepita dalla norma regolamentare non come interrogatorio, ma come mera informazione di garanzia circa gli estremi dell’incolpazione e la facoltà di esporre di persona le proprie difese – la sua omissione, o delega al comandante della custodia, incide soltanto quando abbia pregiudicato la conoscenza del fatto addebitato o l’esplicazione dei diritti difensivi, e resta assorbita dalle comunicazioni date al proposito, "in limine", all’udienza fissata per la decisione. Nè può sostenersi che la preventiva informazione con le modalità previste dal regolamento valga ad assicurare un termine per predisporre la difesa; infatti la convocazione dinanzi al direttore o al consiglio di disciplina può avvenire in qualsiasi momento, anche "ad horas", ed i termini introdotti – innovando la previgente disciplina – dal D.P.R. n. 230 del 2000, art. 81 hanno funzione acceleratoria, e non dilatoria. Ne segue che correttamente il giudice "a quo" ha escluso l’invalidità del provvedimento sanzionatorio, essendo stato puntualmente contestato l’addebito prima dal delegato del direttore – con espressa informazione della facoltà di discolpa – poi all’udienza disciplinare.
Il ricorso va perciò respinto.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Prima Penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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