Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-02-2011) 09-06-2011, n. 23181 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Venezia, Sezione del Riesame, con ordinanza in data 8 giugno 2010, ha accolto il ricorso di S.G., B.C.M. e S.G., che avevano proposto istanza di riesame avverso il provvedimento 25 maggio 2010 con cui il G.I.P. del Tribunale di Venezia aveva disposto il sequestro preventivo dell’impianto per la miscelazione di materiali da costruzione denominato Robomescolatore modello Piccini RBM 1000, installato in (OMISSIS) nell’area cortiliva della società Sparissi, nonchè del piazzale di lavorazione di pertinenza della medesima società.

B.C.M. e S.G. erano indagati: a) per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), art. 110 c.p., perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., su area cortiliva di proprietà della medesima società identificata al fg. 26 mapp. 1859 e classificata secondo il P.R.G. come sottozona B1 "residenziale di completamento", realizzavano, in violazione della predetta destinazione urbanistica che vieta gli insediamenti produttivi ed in assenza di permesso di costruire, una nuova costruzione costituita da un basamento di cemento di m 4 x 4 sul quale posizionavano un silos alto circa 12 m, provvisto di tettoia e delle attrezzature necessarie per la miscelazione di polveri per la realizzazione di materiale per l’edilizia (in (OMISSIS), accertato il (OMISSIS), commesso nel (OMISSIS)); b) per il reato di cui all’art. 279, comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 269 e all’art. 272 e art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., in assenza delle relativa autorizzazione installavano ed esercitavano un impianto per lo stoccaggio e la miscelazione di materiali da costruzione denominato robomescolatore modello Piccini RBM 1000 (in (OMISSIS), accertato il (OMISSIS), permanenza in atto dal gennaio 2008); c) per il reato di cui all’art. 674 c.p. e art. 81 cpv. c.p., art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, utilizzando continuativamente un impianto per lo stoccaggio e la miscelazione di materiali da costruzione denominato robomescolatore modello Piccini RBM 1000 – esercitato in assenza- della prescritta autorizzazione alle immissioni in atmosfera e installato in assenza di permesso di costruire in area classificata secondo il P.R.G. come sottozona B1 "residenziale di completamento" e pertanto in violazione della predetta destinazione urbanistica che vieta gli insediamenti produttivi – nonchè movimentando sul piazzale di pertinenza della ditta materiali edili con scarico e carico di sabbia, cemento e altri materiali anche in polvere, facendo ricorso a mezzi di cantiere e nastri trasportatori, provocavano emissioni di polveri di sabbia e cemento nell’atmosfera in misura superiore alla normale tollerabilità e comunque atti a recare disturbo e molestia alle persone dimoranti nelle abitazioni limitrofe (in (OMISSIS), da (OMISSIS), permanenza in atto); d) per il reato p.e.p. dall’art. 659 c.p.., comma 1 e 2, artt. 81 cpv. e 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, movimentando sul piazzale di pertinenza della ditta materiali edili con scarico e carico di sabbia, cemento e altri materiali anche in polvere, nonchè facendo ricorso a mezzi di cantiere e nastri trasportatori, provocavano emissioni di rumori in misura superiore ai limiti di legge e alla normale tollerabilità e comunque atti a recare disturbo e molestia alle persone dimoranti nelle abitazioni limitrofe (in (OMISSIS), permanenza in atto); e) per il reato di cui all’art. 137, comma 1, in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 124, commi 1 e 7, e art. 125, art. 110 c.p. perchè in concorso e previo concerto fra loro, in qualità tutti di soci e amministratori della società Sparissi s.r.l., effettuavano senza la prescritta autorizzazione scarichi di acque reflue industriali derivanti dal dilavamento del piazzale ove vengono svolte le operazioni di lavorazione facendole defluire nelle proprietà adiacenti (in (OMISSIS), permanenza in atto).

Osservava il tribunale che all’udienza del 4 gennaio 2010 S. G. aveva prodotto documentazione da cui risultava che il materiale presente sul piazzale era costituito da elementi edili prefabbricati, caratterizzati per propria natura da inerzia nei confronti del test di cessione per eventuali dilavamenti di sostanze nell’acqua piovana, e da materiale inerte, caratterizzato anch’esso da mancato rilascio di sostanze inquinanti per dilavamento, per cui le acque sversate in fognatura erano solamente quelle di dilavamento del piazzale e dei tetti dei fabbricati, non assimilabili a reflui industriali.

Quanto agli altri reati ipotizzati, dai rilievi ARPAV di cui alla missiva 19 aprile 2010 risultava che il funzionamento dell’impianto di miscelazione inerti (il Robomescolatore) non causava livelli di immissione sonora eccedente i limiti di legge, e che un modesto superamento dei limiti avveniva solamente per le operazioni di movimentazione merci.

Solo una completa istruttoria tecnica – proseguiva il tribunale – consentirà di accertare se l’attività della S.r.l. Sparissi, che si svolge in loco dal 1953, sia o meno conforme alla normativa in vigore, ma i reati di cui al provvedimento di sequestro rimangono allo stato attuale una mera ipotesi.

2. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia ha proposto ricorso per cassazione.

La difesa degli indagati ha depositato memoria.
Motivi della decisione

1. Con il ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia si duole da una parte del fatto che con la decisione impugnata il Tribunale del riesame di Venezia, esorbitando dai limiti propri del giudizio cautelare reale – secondo cui al giudice del riesame è preclusa la ponderazione del merito dell’accusa e quindi della fondatezza dell’accusa nella fase delle indagini preliminari, non essendo in tale ambito prevista l’esistenza di un grave quadro indiziario – ed omettendo di pronunciarsi solo sull’astratta configurabilità dei reati ipotizzati sub a) e b), ha svolto una impropria istruttoria di merito basata esclusivamente su elementi forniti dalla difesa peraltro palesemente contrastanti con l’intero compendio probatorio acquisito in atti.

Censura poi l’ordinanza impugnata per non aver adeguatamente considerato le risultanze degli atti di indagini da cui emergerebbero gli elementi di fatto delle condotte contestate con riferimento sia all’abuso edilizio che ai agli scarichi di acque reflue industriali.

2. Va innanzi tutto rilevato che il ricorso è tempestivo, essendo infondata l’eccezione proposta dalla difesa degli indagati, che nella memoria presentata per l’udienza camerale ha dedotto il superamento del termine di dieci giorni.

L’ordinanza impugnata è stata emessa dal Tribunale di Venezia il 16 giugno 2010, depositata il 22 giugno 2010 e comunicata il 23 giugno 2010. Il ricorso del P.M. risulta sottoscritto in data 5 luglio 2010 e depositato in data 6 luglio 2010, pertanto nel termine di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a).

Tale è infatti il termine per impugnare le ordinanze emesse dal tribunale all’esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali e non già quello di dieci giorni previsto dall’art. 311 c.p.p., comma 1, che si riferisce esclusivamente alla materia delle misure cautelari personali e non viene richiamata dal successivo art. 325;

disposizione questa che fa riferimento solo al terzo e quarto comma dell’art. 311 c.p.p., sicchè il termine è quello di quindici giorni, previsto in via generale dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a), per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio. Principio questo affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 20 aprile 1994 – 24 giugno 1994, n. 5) che appunto hanno precisato – e qui va ribadito – che il termine per proporre ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325 c.p.p., comma 1 avverso le ordinanze emesse dal tribunale all’esito di appello o di riesame proposti avverso provvedimenti in materia di misure cautelari reali è quello ordinario di quindici giorni previsto dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a) per le decisioni adottate in camera di consiglio; termine che, secondo il disposto del cit. art. 585 c.p.p., comma 2, lett. a), inizia a decorrere dal momento della comunicazione o notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza (conf. Cass., sez. 1, 5 giugno 1997 – 24 giugno 1997, n. 3962).

3. Il ricorso è non di meno inammissibile.

Deve infatti considerarsi che da una parte che il tribunale per il riesame può operare la valutazione di merito degli atti di indagine al fine di riscontrare l’astratta configurabilità dell’elemento materiale del reato in riferimento al quale è stata chiesta o adottata la misura cautelare del sequestro preventivo.

D’altra parte – come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., sez. un., 29 maggio 2008 – 26 giugno 2008, n. 25932) – il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (conf., Cass., sez. 5, 13 ottobre 2009 – 11 novembre 2009, n. 43068; sez. 4, 6 febbraio 2009 – 26 febbraio 2009, n. 8804).

Solo la totale mancanza di motivazione ovvero la motivazione soltanto apparente, che è sostanzialmente equiparabile alla mancanza di motivazione, integrano l’ipotesi di violazione di legge ( art. 125 c.p.p. e art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) deducibile avverso l’ordinanza pronunciata in sede di riesame o di appello in tema di sequestro preventivo (Cass., sez. 4, 21 gennaio 2004 – 10 febbraio 2004, n. 5302; sez. 6, 18 ottobre 1999-16 novembre 1999, n. 3265).

Ne consegue che non possono essere dedotti con il predetto mezzo di impugnazione vizi della motivazione, non rientrando nel concetto di violazione di legge, come indicato nell’art. 111 Cost. e art. 606 c.p.p., lett. b) e c), anche la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste come motivo di ricorso dall’art. 606 c.p.p., lett. e), (Cass., sez. 6, 4 aprile 2003 – 4 giugno 2003, n. 24250; sez. 5, 12 febbraio 1999 – 22 novembre 1999, n. 736; sez. 2, 4 giugno 1997-19 giugno 1997, n. 3803).

Nella specie il P.M. ricorrente si duole nella sostanza dell’inadeguata valutazione degli elementi di fatto allo stato risultanti dagli atti di indagine, piuttosto che di alcuna specifica violazione di legge.

Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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